ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel caso in cui la società sia stata cancellata dal registro delle imprese sono gli ex soci, da considerarsi quali successori a titolo universale della società estinta, a dover essere convocati all’udienza prefallimentare; tale per cui la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata senza la previa instaurazione del contraddittorio nei confronti degli ex soci deve considerarsi nulla.
Ad affermare tale principio è proprio la Corte di Appello di Napoli la quale ha accolto un reclamo proposto dai soci di un società dichiarata fallita per mancata convocazione in camera di consiglio al procedimento prefallimentare.
Secondo la Corte di merito, infatti, non può ritenersi corretta la convocazione del liquidatore in luogo degli ex soci atteso che, a seguito dell’iscrizione della cancellazione della società quest’ultima deve ritenersi estinta ex art.2945 cc e si genera un fenomeno similare a quello della successione a titolo universale, con la conseguenza che i soci della società cancellata dal registro delle imprese dovranno essere convocati all’udienza ex art. 15 l. fall.
Tale decisione cui è giunta la Corte contrasta con l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione (Cass. Civile 05/11/2010 n. 22457) secondo la quale: “nell’intervallo temporale previsto dall’art.10 L.Fall. la società deve sempre considerarsi titolare dei rapporti originati nel periodo precedente alla sua cancellazione e dei beni ancora presenti nel suo patrimonio, pur venendo meno l’autonomia patrimoniale perfetta” di guisa che il soggetto che rappresenta l’ente e che quindi deve essere convocato nel procedimento prefallimentare è l’ultimo rappresentante legale ossia il liquidatore.
Alla luce di tale ultimo orientamento si può affermare com l’effetto estintivo collegato all’iscrizione della cancellazione della società genera un difficile coordinamento tra l’art. 10 legge fallimentare con l’art.2495 cc, tale per cui la società estinta sarà rappresentata dal suo ultimo amministratore oppure dagli ultimi soci ?
Nell’incertezza e nella consapevolezza di vari orientamenti contrastanti e nella ineluttabile decorrenza dell’anno, limite temporale invalicabile, sarà necessario procedere alla notifica a tutti i soggetti (ultimo legale rappresentante e ultimi soci).
Per tali notifiche si potranno utilizzare gli indirizzi noti risultanti dalla visura camerale ed in caso di irreperibilità tentando come estrema ratio – la notificazione presso la ultima sede legale della società cancellata.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
PRIMA SEZIONE CIVILE
riunita in camera di consiglio, pronuncia la seguente
SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale
1. Il suindicato reclamo e` stato proposto entro i trenta giorni successivi al deposito in cancelleria della sentenza impugnata e dunque e` certamente tempestivo.
2. Il ricorso che lo contiene ed il pedissequo decreto di fissazione per la data odierna dell’udienza di comparizione delle parti emesso dal Presidente di questa Corte il 19 ottobre 2011 risultano poi tempestivamente notificati dal reclamante all’unico creditori ricorrente per il fallimento ed al Curatore del fallimento in data 28 ottobre/9 novembre 2011.
3. Con il reclamo in esame il D. M., gia` liquidatore della D. S. S.r.l., cancellata dal registro delle imprese per la chiusura della sua liquidazione il 22 ottobre 2010, sostiene:
1) di non essere stato posto in grado di spiegare le sue difese nel procedimento prefallimentare a causa della nullita` della notificazione, a lui diretta in quanto legale rappresentante e liquidatore della D. S. S.r.l., del ricorso di fallimento nei confronti di questa societa` proposto dalla B. di S. S.p.A. e del conseguente decreto di convocazione innanzi al Tribunale di Torre Annunziata;
2) che competente a dichiarare il fallimento della societa` di cui egli era liquidatore era il Tribunale di Cagliari, e non gia` quello di Torre Annunziata, avendo detta societa` trasferito la sua sede legale da Cagliari a Torre del Greco con deliberazione assembleare del 30 settembre 2010,iscritti nel registro delle imprese il 18 ottobre 2010;3) che comunque la predetta societa` non possedeva i requisiti per la sua sottoposizione a fallimento ai sensi dell’art. 1 l.fall.
4. L’esame delle doglianze del reclamante puo` pero` essere omesso, dovendo rilevarsi d’ufficio un piu` radicale vizio di nullita` della sentenza impugnata.
In due recenti pronunzie, (Cass. 5 novembre 2010, n. 22547; Cass. 31 maggio 2011, n. 12018), la Suprema Corte ha affermato che, nel caso in cui sia chiesto il fallimento di una societa` di capitali cancellata dal registro delle imprese e percio` , giusto quanto disposto dall’art. 2495 c.c. (come modificato dal D.Lgs. 17 gennaio 2003,n. 6), senz’altro estintasi come soggetto giuridico, il soggetto che deve essere convocato nel procedimento prefallimentare come controparte del ricorrente va individuato nel liquidatore della societa` cancellata; conclusione, questa, che la prima di tali pronunce in sostanza fonda sull’impossibilita` di immaginare una diversa soluzione da quella della ”persistenza degli organi societari ai soli fini della dichiarazione di fallimento” della societa` cancellata, sia pur nei limiti temporali di cui all’art. 10 l.fall., mentre la seconda motiva esclusivamente con l’interesse dell’ultimo liquidatore ”ad essere sentito in sede prefallimentare per le conseguenze, anche penali, che puo` avere nei suoi confronti la dichiarazione di fallimento”.
Sennonche´, questa Corte non riesce a comprendere come sia concepibile che un organismo ormai estinto per il mondo giuridico, come deve ritenersi sia il caso della societa` di capitali cancellata dal registro delle imprese a seguito della chiusura della sua liquidazione, possa stare in giudizio o comunque avere propri rappresentanti organici, volontari o legali, che lo rappresentino in giudizio, cos?` come in qualsiasi rapporto giuridico.
Sicche´ delle due l’una: o si ammette che la societa` di capitali cancellata dal registro delle imprese non si estingue totalmente, ma rimane in vita, anche se ai soli fini dell’eventuale dichiarazione del suo fallimento, oppure si deve riconoscere che essa non puo` stare in giudizio ne´ in persona del suo ultimo liquidatore o comunque del suo ultimo rappresentante legale ne´ in persona di altro soggetto giuridico.
La prima alternativa pare pero` impraticabile di fronte alla chiara ed ampia formula di apertura ed alla genesi storica dell’art. 2495, comma 2, c.c. – evidente reazione del legislatore al consolidato orientamento giurisprudenziale che in sostanza collegava l’estinzione delle societa` di capitali cancellate dal registro delle imprese all’estinzione di ogni situazione giuridica soggettiva di cui esse fossero titolari, dal lato attivo o da quello passivo – ed alle sue conseguenze pratico-giuridiche.
Ad accoglierla dovrebbe invero a rigore ammettersi la sopravvivenza della societa` cancellata dal registro delle imprese, con la correlata persistenza della sua capacita` di essere titolare di diritti ed obblighi, sia pur ai limitati fini dell’eventuale dichiarazione del suo fallimento, non solo per tutto l’anno successivo alla sua cancellazione dal registro, ma per un periodo di tempo indefinibile a priori (quale sarebbe almeno quello necessario per la chiusura della procedura fallimentare eventualmente aperta nei suoi confronti e la definizione dei giudizi di impugnazione avverso l’eventuale dichiarazione del suo fallimento), con la conseguenza che, per tutto tale periodo, dovrebbe riconoscersi, ad esempio, che la medesima societa` possa, mediante una decisione dei soci assunta nelle forme previste a seconda del tipo o dello statuto societario, sostituire l’ultimo liquidatore della societa` ovvero debba sostituirlo nel caso in cui quest’ultimo muoia o perda la capacita` di rivestire tale carica e debba pagargli un compenso.
Il che pare francamente in netto ed irriducibile contrasto con la voluntas legis.
D’altronde, viene naturale confrontare la situazione della societa` cancellata dal registro delle imprese con quella dell’imprenditore individuale defunto, il quale certamente non puo` introdurre un giudizio ne´ essere chiamato a parteciparvi (e puo` continuare ad essere parte in senso sostanziale di un giudizio gia` iniziato da lui o nei suoi confronti quand’egli era ancora in vita solo per un’eccezionale fictio iuris).
Deve pertanto innanzitutto concludersi che (almeno) la societa` di capitali (o cooperativa) cancellata dal registro delle imprese a seguito della chiusura della sua liquidazione della quale sia richiesto il fallimento, in quanto soggetto ormai giuridicamente inesistente, non puo` essere parte del procedimento prefallimentare, cos?` come non puo` chiedere la dichiarazione del suo fallimento, e non puo` avere propri rappresentanti, organici, volontari o legali.
Potrebbe allora ritenersi che il procedimento volto alla verifica delle condizioni per l’eventuale dichiarazione del suo fallimento possa svolgersi con la partecipazione del solo ricorrente, cos?` come, prima della riforma della legge fallimentare di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, si riteneva possibile nel caso dell’istanza di fallimento di un imprenditore individuale defunto (v.: Cass. 7 febbraio 2006, n. 2594; Cass. 9 marzo 2000, n. 2674; Cass. 15 maggio 1993, n. 5869).
Questa soluzione era pero`, prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, apparsa ragionevole perche´ all’epoca la dichiarazione di fallimento seguiva ad un procedimento sommario in cui soltanto per effetto dell’intervento della Corte costituzionale e soltanto in misura minima era garantito un pieno contraddittorio, che invece poteva dispiegarsi pienamente nel successivo giudizio di opposizione, che infatti anche gli eredi dell’imprenditore individuale defunto dichiarato fallito erano legittimati a promuovere.
Sicche´ pare incongrua ora che il procedimento per la dichiarazione di fallimento, pur conservando forme camerali, e` stato disciplinato dal nuovo art. 15 l.fall. in modo tale da trasformarlo in un giudizio a cognizione piena, con la conseguente abolizione del giudizio di opposizione innanzi al medesimo tribunale che aveva pronunziato la sentenza dichiarativa di fallimento previsto dal vecchio art. 18 l.fall.
Risulta pertanto ragionevole ritenere che il procedimento per la dichiarazione del fallimento di un imprenditore individuale defunto debba svolgersi nei confronti degli eredi di quest’ultimo, non gia` quali rappresentanti, bens?` in quanto successori a titolo universale del de cuius e dunque in proprio o, in mancanza, del curatore dell’eredita`giacente e, parallelamente, che il procedimento per la dichiarazione del fallimento di una societa` di capitali estinta debba svolgersi nei confronti dei soci di quest’ultima.
Pur potendo sembrare ardito definirli successori a titolo universale della societa` estinta, i soci delle societa` di capitali estinte invero rispondono dei debiti sociali, anche se fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, giusto quanto disposto dall’art. 2495, comma 2, c.c., cos?` come gli eredi con beneficio d’inventario rispondono dei debiti del de cuius nei limiti di quanto abbiano da costui ricevuto, giusto quanto disposto dall’art. 490, comma 2, n. 2, c.c.
Inoltre, secondo la tesi che pare preferibile (per la qualev. anche Cass. 3 novembre 2011, n. 22863), i soci delle societa` di capitali estinte succedono a queste nella titolarita`delle attivita` sociali eventualmente residuate alla liquidazione, come appunto se ne fossero i successori a titolo universale.
Il liquidatore di una societa` di capitali estinta invece – oltre a non poter piu` essere considerato, per le ragioni in precedenza esposte, il legale rappresentante di tale societa` – risponde, sempre ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c., soltanto dei debiti sociali che non siano stati pagati per sua colpa, sicche´ il fondamento di tale sua responsabilita` non puo` rinvenirsi in un fenomeno di carattere, sia pur lato sensu, successorio, bens?` nel suo venir meno ai suoi obblighi e dunque in un comportamento illecito.
Sicche´, sebbene sia certamente tra i soggetti potenzialmente interessati ad evitare la dichiarazione del fallimento della societa` estinta, poste le conseguenze, anche penali, che potrebbero derivargliene, e gli si debba pertanto riconoscere la legittimazione ad intervenire volontariamente nel procedimento volto alla verifica dei presupposti di tale dichiarazione ed a proporre le impugnazioni previste dalla legge, non puo` essere considerato in alcun modo il successore di detta societa`.
La sentenza nella specie impugnata da C. D. M. deve pertanto ritenersi nulla in quanto pronunziata senza la previa instaurazione del contraddittorio nei confronti di coloro che, insieme al medesimo reclamante, risultano essere stati gli ultimi soci della D. S. S.r.l., cioe` A. ed A. D. M.
5. Alla dichiarazione della sua nullita` non consegue pero` la rimessione del procedimento al giudice di primo grado, poiche´ e` ormai decorso piu` di un anno dalla data in cui la predetta societa` venne cancellata dal registro delle imprese a seguito della chiusura della sua liquidazione.
6. Il contrasto della presente decisione con l’orientamento della Corte di cassazione in ordine alla questione in precedenza esaminata induce a ritenere sussistenti i presupposti per l’integrale compensazione delle spese del giudizio di reclamo tra le parti che vi si sono costituite, considerato anche che, se la predetta questione fosse stata risolta in senso conforme alla giurisprudenza di legittimita`: il primo motivo di doglianza proposto dal D. M. sarebbe stato rigettato, non avendo il reclamante fornito prove sufficienti a concludere che egli, il 28 luglio 2011, non conviveva nemmeno temporaneamente con la madre, posto che a dare tale dimostrazione non basta il fatto che all’epoca egli risiedeva anagraficamente altrove; il secondo motivo di reclamo, pur se fosse stato accolto, non avrebbe inciso sulla validita` della sentenza impugnata, stante quanto disposto dall’art. 9 bis l.fall.; il terzo motivo di reclamo sarebbe stato rigettato per non aver il reclamante fornito alcuna prova che la societa` fallita non possedeva i requisiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma dell’art. 1 l.fall. (
)
PQM
..la sentenza deve ritenersi nulla; ed essendo ormai decorso, al momento della sentenza della Corte d’Appello, più di un anno dalla data della cancellazione, non si può far luogo ad una rimessione del procedimento al Giudice di primo grado ai sensi dell’art.354 cpc
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Numero Protocolo Interno : 72/2012