Provvedimento segnalato dallo Studio legale Corvino
In tema di sospensione della procedura esecutiva, l’accertamento della sussistenza dei “gravi motivi”, richiesto dalla norma in parola ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione della procedura esecutiva – di matrice intrinsecamente cautelare – si traduce nel riscontro dei requisiti del fumus boni iuris, da intendersi quale verosimile fondatezza dell’opposizione spiegata dal debitore, sebbene delibata sulla base di una valutazione a cognizione sommaria, e del periculum in mora, da intendersi quale danno grave ed irreparabile derivante dalla esecuzione del titolo che, di per sé, è destinata ad invadere la sfera patrimoniale dell’esecutato.
Più nel dettaglio, si osserva che il diritto del creditore a soddisfare (in sede esecutiva) coattivamente il proprio credito, in caso di inadempimento del debitore, gode di una tutela assoluta e la sua realizzazione può essere sospesa solo sulla base di elementi o questioni di diritto che fanno ritenere verosimile il venir meno della pretesa azionata, essendo preclusa al giudice dell’esecuzione una valutazione di bilanciamento degli interessi che prescinda dal fumus dei vizi rilevati (ex multis, Tribunale Bologna, 07/04/2006).
Pertanto, l’accertamento della sussistenza dei gravi motivi indicati dall’art. 624 c.p.c. richiede, essenzialmente, l’esercizio di un’analisi prognostica circa la fondatezza del diritto invocato dall’istante, con esclusivo riferimento al fumus di fondatezza dell’opposizione, e non anche al periculum in mora, di per sé insito nello stesso svolgimento del processo esecutivo (v. Tribunale Milano, sez. III, 10/09/2020); in particolare, va considerato che non è rilevante il riscontro di un più o meno grave pregiudizio che l’esecuzione possa arrecare all’esecutato affinché l’organo giudicante operi la scelta in merito al sospendere o meno la procedura. In altri termini, qualora fosse ragionevolmente ipotizzabile il futuro rigetto dell’opposizione, il pregiudizio del debitore sarebbe secundum jus e, quindi, giuridicamente irrilevante. Tale assunto trova, tra l’altro, un’indiretta conferma testuale nell’art. 615, comma 1, c.p.c., il quale – al pari dell’art. 624 c.p.c. – non subordina la sospensione ivi prevista al riscontro di un pregiudizio irreparabile.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Salerno, Giudice Sara Serretiello, con ordinanza del 7 novembre 2022.
La ricorrente proponeva opposizione all’esecuzione, chiedendone la sospensione sulla base dei seguenti motivi: A) indicazione di un TAEG/ISC difforme da quello applicato ed assoluta incertezza del credito; B) applicazione di un piano di ammortamento alla “francese” che genera, nel caso di specie, un fenomeno di capitalizzazione di interessi su interessi (anatocismo); C) in subordine, le clausole del contratto determinative degli interessi sono nulle perché in violazione dei principi di correttezza, buona fede e per la carenza di trasparenza contrattuale, sono altresì indeterminabili nell’oggetto, con diritto al risarcimento del danno da parte della ricorrente.
Il Tribunale di Salerno, in applicazione del principio di diritto già menzionato, ha affermato che, sulla base di una valutazione sommaria, vi era una scarsa fondatezza delle ragioni addotte dalla parte opponente per ottenere la sospensione della procedura esecutiva.
Il Giudice ha, infatti, chiarito che “la questione sottoposta all’attenzione del Giudice, infatti, non afferisce all’esistenza del credito precettato ma, principalmente, al suo quantum, da accertarsi in sede di merito. Viene, difatti, inizialmente lamentato il fatto che nel contratto di mutuo sottoscritto con la banca resistente sia stato dichiarato un indicatore sintetico di costo inferiore rispetto a quello effettivamente applicato, con conseguente indeterminatezza del contratto e violazione da parte della convenuta degli obblighi di trasparenza e di correttezza e nullità parziale della clausola relativa alla determinazione degli interessi”.
Il Tribunale ha specificato che “l’ISC non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi” e che, quanto al piano di ammortamento alla francese, esso “non determina alcun effetto anatocistico, in quanto gli interessi vengono calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata”.
Pertanto, secondo il Tribunale “risulta evidente che la spiegata opposizione, all’esito della valutazione sommaria che questa sede impone, non può trovare accoglimento e, per l’effetto, non può indurre Questo G.E. a sospendere l’esecuzione che ci occupa; le contestazioni mosse dall’opponente non sono in grado di paralizzare l’esecuzione: difatti, l’istanza di sospensione non può trovare accoglimento nella misura in cui (la medesima) si limita, in buona sostanza, a contestare il quantum debeatur, ma non anche l’an e, in ogni caso, non deduce alcun fatto estintivo successivo alla formazione del titolo idoneo a paralizzarne l’efficacia esecutiva”.
Per questi motivi, l’istanza di sospensione della procedura è stata rigettata e parte opponente condannata al pagamento delle spese processuali.
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