ISSN 2385-1376
Testo massima
La nozione di consumatore, abilitato al piano, non ha riguardo in sé e per sé ad una persona priva, dal lato attivo, di relazioni d’impresa o professionali, invero compatibili se pregresse ovvero attuali, purché non abbiano dato vita ad obbligazioni residue, potendo il soggetto anche svolgere l’attività di professionista o imprenditore, invero solo esigendo l’art. 6, co. 2, lett. b) una specifica qualità della sua insolvenza finale, in essa cioè non potendo comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività ovvero comunque esse non dovendo più risultare attuali essendo consumatore solo il debitore che, persona fisica ha contratto obbligazioni – non soddisfatte al momento della proposta di piano – per far fronte ad esigenze personali o familiari o attinenti agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria, salvo gli eventuali debiti di cui all’art. 7 co. 1 terzo periodo (id est: tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, imposta sul valore aggiunto e ritenute operate e non versate) che sono da pagare in quanto tali, sulla base della verifica di effettività solutoria commessa al giudice nella sede di cui all’art. 12 bis co. 3 l. n. 3 del 2012.
Questo è il principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, Pres. Ceccherini – Cons. Rel. Ferro, con la sentenza n. 1869 del 01.02.2016.
Nel caso di specie accadeva che il debitore impugnava il decreto che rigettava il proprio reclamo avverso il decreto di non sospensione emesso dal giudice (monocratico) del sovraindebitamento che confermava la estraneità del ricorrente alla nozione di consumatore di cui all’art. 6 co. 21 l. n.3/2012 in ragione della natura delle obbligazioni contratte.
A sostegno delle proprie ragioni poste a fondamento dell’appello, il debitore sosteneva di possedere la qualità di consumatore a pieno titolo, affermando che la sua posizione debitoria non derivasse da attività professionale.
Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha tuttavia enunciato il principio di diritto circa la nozione di consumatore abilitato al piano di cui all’art. 6 co. 21 l. n. 3/2012 chiarendo che possono rientrarvi anche imprenditori e professionisti a condizione che, al momento della presentazione del piano, non abbiano assunto obbligazioni nell’esercizio della propria attività imprenditoriale e/o professionale residuali ed attuali. Unica eccezione a tale limite è costituita dai debiti di cui all’art. 7, co. 1, terzo periodo (tributi costituenti risorse proprie dell’UE, imposta sul valore aggiunto e ritenute operate e non versate) i quali devono essere pagati in quanto tali.
Come noto, a norma dell’art. 6, comma 2, lett. a) il sovraindebitato è colui che si trova in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempiere regolarmente”.
Ebbene, la legge n. 3 del 2012 concede al debitore di fare ricorso ad un piano del consumatore per la ristrutturazione della propria posizione debitoria. Tale piano si offre come modello di composizione della crisi solo a favore del sovraindebitato, persona fisica, che formula una proposta unilaterale di ristrutturazione dei debiti (non derivanti da attività di impresa e/o professionale) rivolta al tribunale, al quale compete poi approvarla attraverso l’omologazione. Da tale procedura sono esclusi i debitori imprenditori /professionisti che abbiano contratto obbligazioni nell’ambito della propria impresa o professione, ai quali, però, sono fatte salve le procedure di cui agli artt. 10 e 14 ter l. n. 3 del 2012 ovvero accordo di ristrutturazione con i creditori e liquidazione.
Orbene, secondo quanto rilevato dalla Suprema Corte, la compatibilità della situazione del debitore imprenditore e/o professionista con quella del sovraindebitato è confermata, ragionando in senso negativo, dal citato art. 6 co.2 lett. b) ove si fa riferimento al debitore persona fisica e sono menzionati espressamente i debiti nascenti da attività d’impresa o da professione, apparendo sufficiente che essi non sussistano più; in quanto ciò che rileva non è tanto la loro insorgenza quale fatto storico in sé, piuttosto occorre che essi non siano sopravvissuti al momento della prospettazione della predetta qualità personale in funzione ristrutturativa del passivo ai sensi della legge n. 3 del 2012, ovverosia con la proposta di un piano del consumatore che lascia sullo sfondo i rapporti d’impresa o pendenti con i terzi e impieghi i suoi beni e i suoi redditi solo per ristrutturare il resto dei suoi debiti.
Ulteriori riferimenti normativi, che avallano tale prospettazione ma che, al tempo stesso, ne rappresentano una limitazione, sono dati dall’art.7 comma 1 terzo periodo, per il quale “in ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.”; dunque tali debiti devono essere corrisposti in quanto tale; mentre nel secondo comma il detto articolo vieta l’accesso alle procedure “quando il debitore, anche consumatore: a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo“, nonché l’art.9, in tema di Disposizioni generali e nella Sezione prima delle Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, si riferisce, al comma 3, al “debitore che svolge attività d’impresa“, imponendogli l’onere di depositare le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, con copia conforme all’originale.
Alla luce delle considerazioni sopraesposte, anche il professionista o l’imprenditore che si sia indebitato per attività altrui ovverosia attività che non siano state assunte per il comune interesse d’impresa o anche all’attività professionale, oppure che le abbia contratte ma le stesse non siano più attuali, rientra nella nozione di consumatore quale debitore persona fisica in stato di sovraindebitamento e potrà, quindi, avvalersi del piano del consumatore.
Nel caso in esame, La Cassazione ha rilevato che il ricorrente non poteva assumere tale qualifica atteso che la sua posizione debitoria derivava da obbligazioni basate su poste debitorie per IVA e tributi scaturenti dalla sua attività professionale, oltre a ritenere generiche le contestazioni sollevate.
Alla luce di ciò, La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto.
Testo del provvedimento
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