Al giudice viene richiesta una valutazione sulla “generale diligenza” del consumatore nell’aver assunto, prima, e nell’aver gestito, poi, le obbligazioni rimaste insoddisfatte. Il controllo avviene, pertanto, sotto un duplice profilo:
– il primo, di tipo “genetico”, sanziona, in particolare, le ipotesi in cui il consumatore abbia assunto obbligazioni non proporzionate alla propria capacità reddituale o patrimoniale;
– il secondo, di tipo “evolutivo”, valuta la colpa nella determinazione del sovraindebitamento e sanziona, in particolare, le ipotesi in cui il debitore, pur avendo assunto obbligazioni proporzionate alla propria capacità di produzione di reddito, si sia comportato poi in maniera tale (ad esempio, diminuendo con colpa la sua capacità di produzione di reddito) da frustrare le proprie capacità di restituzione.
Il debito contratto dal debitore sovraindebitato per essere compatibile con il reddito non deve comportare il pagamento di una rata essere superiore ad un terzo della retribuzione mensile; in tale caso la situazione reddituale può considerarsi ragionevole nella prospettiva futura di adempimento.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Cassino, Pres. Pignata – Rel. Grillo, con l’ordinanza n. 14868 del 1 luglio 2020.
Una banca ha proposto reclamo avverso il provvedimento di omologa del piano del consumatore promosso dai reclamati nell’ambito della procedura di sovraindebitamento.
In particolare, la reclamante ha assunto l’erroneità del provvedimento impugnato in relazione ai seguenti aspetti:
1) erroneo richiamo all’art. 124 bis TUB e comunque adempimento della banca agli obblighi che discendono da tale norma;
2) non meritevolezza del sovraindebitamento;
3) inammissibile esclusione dal piano del ricavato della vendita del bene immobile ipotecato con altro istituto di credito;
4) inammissibilità della proposta per mancata devoluzione all’esecuzione del piano della quota parte di TFR attualmente disponibile;
5) convenienza della ipotesi di liquidazione;
6) eccessiva durata del piano;
7) violazione dell’art. 2918 c.c..
I reclamati, instaurato il contraddittorio, si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto del reclamo, con conferma del decreto di omologa.
Il Collegio ha rappresentato che il primo giudice correttamente ha ritenuto sussistente il requisito della meritevolezza in capo ai reclamati, necessario per determinare l’omologa del piano. In particolare, al giudice viene richiesta una valutazione sulla “generale diligenza” del consumatore nell’aver assunto, prima, e nell’aver gestito, poi, le obbligazioni rimaste insoddisfatte. Il controllo avviene, pertanto, sotto un duplice profilo:
– il primo, di tipo “genetico”, sanziona, in particolare, le ipotesi in cui il consumatore abbia assunto obbligazioni non proporzionate alla propria capacità reddituale o patrimoniale;
– il secondo, di tipo “evolutivo”, valuta la colpa nella determinazione del sovraindebitamento e sanziona, in particolare, le ipotesi in cui il debitore, pur avendo assunto obbligazioni proporzionate alla propria capacità di produzione di reddito, si sia comportato poi in maniera tale (ad esempio, diminuendo con colpa la sua capacità di produzione di reddito) da frustrare le proprie capacità di restituzione.
Nel caso di specie, la suddetta meritevolezza sussiste nella fase genetica, dal momento che i debiti contratti per i mutui (integranti la maggior parte dell’esposizione debitoria) al momento della stipula, erano compatibili con il reddito dei reclamati, risultando inferiore a un terzo della somma dei due stipendi mensili, come rilevato dal giudice di prime cure, mentre gli altri debiti sono di importo modesto e pertanto tali da incidere meno sull’esposizione complessiva.
La meritevolezza sussiste, altresì, nella fase evolutiva, non avendo gli odierni reclamati posto in essere condotte tali da determinare colposamente il proprio indebitamento.
Inoltre, il Giudicante ha ritenuto priva di pregio la tesi sostenuta dalla banca, secondo cui il credito derivante da cessione del quinto sarebbe opponibile alla procedura di sovraindebitamento. Tale tesi si basa su una interpretazione estensiva dell’art. 2918 c.c., secondo cui il piano del consumatore sarebbe inopponibile alla cessione del quinto dello stipendio della ricorrente in favore del soggetto finanziatore.
Tuttavia, il credito ceduto dalla lavoratrice ricorrente alla finanziaria è un credito futuro, che sorge relativamente ai ratei di stipendio soltanto nel momento in cui egli matura il diritto a percepire lo stipendio mensile e, per ciò che concerne il TFR, soltanto nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Tribunale ha rigettato il reclamo, condannando parte reclamante alla refusione delle spese di lite in favore parte reclamata.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO: NON SI PUÒ IMPORRE IL VERSAMENTO DI UN FONDO SPESE A PENA DI INAMMISSIBILITÀ
IL GIUDICE PUÒ SOLO DISPORRE ACCONTI SUL COMPENSO FINALE SPETTANTE ALL’ORGANISMO DI COMPOSIZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. I civ., Pres. Didone – Rel.Vella | 19.12.2019 | n.34105
SOVRAINDEBITAMENTO: NON CENSURABILE IN CASSAZIONE IL DECRETO DI RIGETTO DEL RECLAMO PER INAMMISSIBILITÀ DEL PIANO
IL RIGETTO NON PRECLUDE AL DEBITORE DI RIPRESENTARE UNA DIVERSA ISTANZA DI “RISTRUTTURAZIONE”
Ordinanza | Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. Didone – Rel. Vella | 19.12.2019 | n.34104
CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO: INCOSTITUZIONALE LA NORMA CHE LIMITA LA FALCIDIABILITÀ DELL’IVA
ILLEGITTIMA LA DISCRASIA CON LA DISCIPLINA DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Sentenza | Corte costituzionale, Pres. dott. Giorgio Lattanzi | 29.11.2019 | n.245
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