ISSN 2385-1376
Testo massima
Il ricorso per sovraindebitamento non può essere omologato quando si ravvisi un atto di frode compiuto dal debitore in data antecedente alla presentazione del ricorso.
Costituisce atto di frode, compiuto dal debitore, il trust diretto a sottrarre alla garanzia generica dei creditori i beni oggetto dell’atto di conferimento.
IL SOVRAINDEBITAMENTO
La procedura prevista e disciplinata dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3, così come da ultimo modificata dall’art. 18del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. Decreto Crescita bis) convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221, è aperta al debitore, anche consumatore, non soggetto a procedure concorsuali, che versi in stato di sovraindebitamento.
Ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a), L. cit. per sovraindebitamento si intende “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempiere regolarmente“.
La procedura è così, schematicamente, strutturata:
1. fase stragiudiziale, per la formazione della proposta da parte del debitore con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi ovvero di un professionista nominato ex art. 15, comma 9, L. n. 3/2012 (artt. 7 e 8 L. cit.);
2. fase giudiziale, per il deposito avanti al Giudice della proposta con i relativi documenti (art. 9);
3. fase stragiudiziale, per la formazione delle maggioranze e la dichiarazione di voto dei creditori (art. 11);
4. fase giudiziale, per la verifica di eventuali atti in frode ai creditori e l’omologa del Giudice (artt. 10 e 12);
5. fase stragiudiziale, per l’esecuzione dell’accordo sotto il controllo del Professionista nominato (artt. 13 e 14).
LA
DECISIONE
Nel caso in esame, il Tribunale di Reggio Emilia è chiamato verificare se l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto dal debitore ai propri creditori potesse essere omologato.
Il Giudice osserva, in primis, che l’art. 10, terzo comma, della legge n° 3 del 2012, prevede che «all’udienza» (fissata ai sensi dell’articolo 10 per la discussione dell’accordo) «il giudice, accertata la presenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone la revoca del decreto di cui al comma 1
».
Si precisa come detta disposizione implichi un obbligo del Tribunale, ogni volta che si ravvisi il compimento di un atto in frode ai creditori, o anche solo la presenza di una iniziativa in tal senso, di revocare il decreto e rigettare la domanda di omologazione dell’accordo, indipendentemente dal raggiungimento della maggioranza o dalla convenienza dell’accordo proposto.
Il Tribunale di Reggio Emilia, pertanto, procede a valutare se nel caso in esame, l’atto con cui il debitore, prima della presentazione del ricorso per sovraindebitamento, abbia costituito un trust, possa essere ravvisato quale atto in frode ai creditori.
L’atto in questione era un scrittura privata autenticata con la quale il debitore, celibe e senza prole, costituiva un trust al fine di«provvedere ai suoi eredi in modo tale che essi non risentano di alcuna vicenda personale o economica che possa in futuro riguardare l’esponente».
Per tutelare questa esigenza, egli designava trustee il proprio fratello e guardiano l’avvocato, presumibilmente legato da mandato professionale nei confronti dello stesso disponente o del trustee, nonché indicando come beneficiari i propri figli viventi al termine del trust o, in mancanza, i propri discendenti. In ulteriore subordine, la propria madre, il proprio fratello, gli eredi testamentari, gli eredi legittimi.
Orbene, il Tribunale ha ritenuto il trust caratterizzato da intenti elusivi del disposto dell’articolo 2740 del codice civile per le seguenti ragioni:
1. in primo luogo perché il trust veniva istituito quando la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte dal proponente ed il suo patrimonio prontamente liquidabile era già palese;
2. in secondo luogo, perché le finalità del trust apparivano, al momento della costituzione, ed appaiono ancora oggi, totalmente fantasiose ed irrealizzabili (prole inesistente, non coniugato né stabilmente convivente);
3. in terzo luogo, perché veniva designato trustee il fratello del disponente, legato al disponente da vincoli di parentela e sprovvisto di profili professionali coerenti con la complessità dell’attività gestoria;
4. in quarto luogo, poiché il ruolo di guardiano veniva assunto dall’avvocato presumibilmente legato da mandato professionale nei con-fronti dello stesso disponente o del trustee;
5. in quinto luogo, poiché l’atto istitutivo del trust, pur essendo stato redatto nella stessa data del rogito di dotazione prendeva la forma della scrittura privata autenticata dal notaio, precauzione notoriamente utilizzata dai notai in presenza di atti giuridici di dubbia validità o efficacia.
Il Tribunale ha desunto da tali elementi la sussistenza di un atto diretto ad ottenere la segregazione dei cespiti descritti nel rogito di conferimento, in modo da mantenere la stessa destinazione che essi avevano prima dell’istituzione del trust, ritenendo di poter qualificare tale trust come trust sham, precisando trattarsi di un trust meramente apparente, ovvero di un trust diretto a sottrarre alla garanzia generica dei creditori i beni oggetto dell’atto di conferimento.
Sulla base di tali presupposti, il Tribunale ha concluso affermando come l’articolo 15, primo comma, lettera e) della legge n° 364/1989 e l’inderogabilità dell’articolo 2740 codice civile impediscano il riconoscimento del trust costituito dal debitore attesa la volontà di sottrarre alla garanzia generica dei creditori i beni oggetto dell’atto di conferimento.
In conclusione, sussistendo un atto di frode compiuto in data antecedente alla presentazione del ricorso per sovraindebitamento, il Giudice ha ritenuto di non poter omologare l’accordo proposto ai creditori.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 426/2015