ISSN 2385-1376
Testo massima
La valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all’esito finale della lite anche in caso di giudizio seguito ad opposizione a decreto ingiuntivo, per cui al creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sia pure in parte quantunque minima), rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, (se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo), non può tuttavia qualificarsi soccombente ed essere condannato alle spese del grado di appello, ove la pronuncia che questo conclude, sebbene impropriamente rigettando il gravame avverso l’integrale accoglimento dell’opposizione, comunque escluda dalla restituzione le somme qualificate appunto come effettivamente dovute.
Questi i principi affermati dalla Cassazione civile, Sezione Terza, Pres. Carleo Rel. De Stefano, con la sentenza del 12 maggio 2015, n. 9587.
Nel caso di specie, una società conseguiva dal presidente del Tribunale di Salerno un decreto ingiuntivo, sulla base delle impegnative trasmesse per la liquidazione, nei confronti di un USL.
L’ingiunta si opponeva, deducendo di aver già pagato quanto dovuto e contestando la spettanza delle ulteriori somme oggetto del monitorio, sotto il profilo della violazione della normativa vigente in materia e degli accordi intercorsi tra le parti.
La sezione stralcio del Tribunale di Salerno accoglieva integralmente l’opposizione e condannava l’opposta alla totale restituzione a controparte di quanto percepito “indebitamente” in dipendenza del monitorio, nonché alle spese di lite.
La società proponeva appello, che veniva rigettato dall’adita Corte di Appello di Salerno, che pur confermando la revoca integrale del monitorio opposto, riconosceva come effettivamente dovute alcune somme, condannando tuttavia l’appellante – prima che alle spese di lite – a restituire a controparte la differenza tra tali somme e quanto percepito in dipendenza della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.
La società ricorreva per Cassazione lamentando, tra l’altro, la qualificazione di soccombenza ai suoi danni operata dal giudice di appello, nonostante almeno in parte – benché ingiustificatamente ridotta – fosse stato riconosciuto doversi ad essa originaria ingiungente comunque una somma di danaro.
Ebbene, la Suprema Corte, ha rilevato che l’appellante, che si è vista riconoscere come dovuta una parte – sia pure modesta – delle somme reclamate, non può considerarsi, in base ad una considerazione complessiva dell’esito della lite (unica a rilevare, per giurisprudenza costante; da ultimo, v. Cass. 20 marzo 2014, n. 6522; Cass., ord. 18 marzo 2014, n. 6259; Cass. 30 agosto 2010, n. 18837), come soccombente.
La conclusione non può mutare in caso di giudizio iniziato mediante decreto ingiuntivo (Cass. 9 agosto 2007, n. 17469), attesa la sua nota struttura di ordinario giudizio di cognizione a contraddittorio eventuale e differito sulla pretesa azionata ab origine con il ricorso per decreto.
Testo del provvedimento
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