Costituisce abuso del processo qualsiasi iniziativa processuale intesa a conseguire un ingiusto vantaggio distorcendo i fini naturali del processo civile.
In sede esecutiva, costituisce abuso del processo la moltiplicazione delle iniziative esecutive che, senza frutto per il creditore, hanno l’unico effetto di far lievitare i costi della procedura.
Tale condotta è processualmente illecita, anche sul piano deontologico ai sensi dell’art. 66 del codice deontologico forense che stabilisce che “l’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita”.
Questi i principi espressi dalla Cassazione con ordinanza n.15077 del 31.05.2021.
IL FATTO PROCESSUALE
Il creditore munito di altrettanti titoli esecutivi, nel 2016 iniziò cinque diverse esecuzioni nella forma del pignoramento presso terzi ed ottenne cinque diverse ordinanze di assegnazione: quattro di queste furono pronunciate nell’arco di soli 14 giorni, tra il 6 ed il 22 giugno 2016; la quinta pochi mesi dopo, il 10.10.2016.
Munito di queste cinque ordinanze di assegnazione del credito pignorato, il CREDITORE sulla base di esse chiese cinque decreti ingiuntivi al Giudice di pace il quale, con scelta inspiegabile per questa Corte, ritenne di concederli.
I decreti ingiuntivi vennero depositati tra il 28.10.2016 e il 12.1.2017, e quindi nell’arco di circa due mesi.
In virtù di detti titoli il CREDITORE propose cinque procedure di pignoramento presso terzi, notificati in un arco ristrettissimo di tempo (due pignoramenti diversi vennero notificati addirittura lo stesso giorno, il 6.4.2017; altri due a distanza di un sol giorno: il 14 ed il 15 febbraio 2017).
Il giudice dell’esecuzione riunì le cinque esecuzioni e con provvedimento del 12 aprile 2017 assegnò al creditore le somme precettate, più €.855,00 a titolo di onorari e €.98,75 a titolo di spese.
IL CASO DECISO
Avverso tale provvedimento il creditore ha proposto opposizione sul presupposto che il giudice dell’esecuzione aveva errato in quanto illegittimamente aveva liquidato gli onorari per una unica procedura, senza tenere conto che avrebbe dovuto invece liquidare gli onorari relativi a cinque diverse procedure, per le attività svolte prima della riunione.
Tale opposizione è stata rigettata con sentenza, avverso la quale il creditore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione da parte del Tribunale degli artt. 88, 91, 92 e 95 c.p.c.; nonchè “del D.M. n. 55 del 2014”.
La Corte ha respinto il ricorso rilevando che quando il giudice dell’esecuzione liquida le spese sostenute dal creditore non sta pronunciando una decisione di condanna, ma sta semplicemente verificando l’importo del credito osservando che il Tribunale ha rilevato ineccepibilmente l’illegittimità del comportamento del creditore, che infatti:
-) ha triplicato le spese di procedura (ha eseguito un pignoramento presso terzi; ha ottenuto l’ordinanza di assegnazione; ha chiesto un decreto ingiuntivo sulla base dell’ordinanza di assegnazione, e poi ha messo in esecuzione il decreto ingiuntivo, e questo in cinque casi diversi e concentrati nel tempo);
-) ha pignorato cinque volte successivamente il medesimo credito nei confronti del medesimo debitor debitoris;
-) al momento del primo pignoramento presso terzi (4.1.2017) egli era già in possesso di quattro dei cinque titoli esecutivi successivamente messi in esecuzione, sicchè nulla gli impediva un pignoramento unico e contestuale).
Alla luce di tale percorso argomentativo, la Corte ha rigettato il ricorso.
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