In tema di spese processuali, il Giudice è tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014 il quale non prevale sul D.M. n. 140 del 2012 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, in quanto il D.M. n. 140 del 2012 è rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente, mentre il D.M. n. 55 del 2014 detta i criteri che il giudice deve applicare nel regolare le spese di causa.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Petitti, Rel. Grasso, con l’ordinanza n. 21487 del 31 agosto 2018.
Nell’ambito di un giudizio di risarcimento del danno, per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione, la Corte d’Appello di Perugia, con decreto condannava il Ministero della Giustizia a pagare in favore degli appellanti e per ciascuno di loro, la somma di Euro 1.166,00, a titolo d’equo indennizzo, nonché le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 405,00, oltre Euro 8,00 per esborsi, oltre accessori, spese tutte distratte in favore dei difensori antistatari.
Avverso il predetto decreto gli istanti proponevano ricorso per Cassazione con un UNICO MOTIVO, ovvero violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 2.233 c.c., nonché del D.M. n. 55 del 2014, per avere liquidato il rimborso spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio.
La Corte ha ritenuto che il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4), deve considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa“.
Gli Ermellini hanno affermato che il Giudice è tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché non è il D.M. n. 140, a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente, bensì il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il Giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.
Per le suddette ragioni la Corte ha accolto il ricorso disponendo la cancellazione della decisione impugnata e, decidendo nel merito, ha liquidato le spese giudiziali, in conformità dei parametri di legge.
Con tale decisione la Corte da continuità all’orientamento già espresso con l’ordinanza n. 1018 del 17.01.2018.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
ONORARI AVVOCATO – LIQUIDAZIONE IN BASE ALLA DOMANDA – VALORE DICHIARATO DALL’ATTORE
LA LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI DELL’AVVOCATO DEVE ESSERE EFFETTUATA IN BASE ALL’ART. 6 DELLE TARIFFE PROFESSIONALI SOLO IN CASO DI DETERMINAZIONE PRESUNTIVA DEL VALORE DELLA CAUSA
Sentenza | Cassazione civile, Sezione seconda | 10.09.2014 | n.19098
COMPENSI PROFESSIONALI: NEI GIUDIZI DIVISORI SI DETERMINA IN BASE ALLA QUOTA
Invece, il valore si determina in base alla massa da dividere se la controversia riguarda la sua entità
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Seconda | 24.09.2014 | n.20126
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