Il regolamento delle spese in appello va effettuato in considerazione dell’esito complessivo del giudizio: e cioè la liquidazione delle spese processuali nel procedimento di appello va effettua tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio e non già separando l’esito del giudizio di impugnazione dai risultati totali del giudizio.
Questo è il principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione, sez. I civ., Pres De Chiara – Rel. Di Marzio, con l’ordinanza n. 383 del 13.01.2021.
La vicenda ha riguardato una Banca che ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Milano, provvedendo in parziale riforma della sentenza resa tra le parti dal locale Tribunale, ha determinato in Euro 959.996,96, la somma dovuta da un notaio e dal suo assicuratore, a una banca, a titolo di risarcimento del danno a seguito dell’erogazione di un mutuo garantito da ipoteca su un immobile che avrebbe dovuto essere libero da pesi, come attestato dal notaio nella propria relazione, e sul quale invece gravavano due iscrizioni ipotecarie.
La compagnia assicurativa e il notaio hanno resistito con distinti controricorsi.
In particolare, la ricorrente, ha agito in giudizio, a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione di rimborso del mutuo, nei confronti del notaio che aveva rogato l’atto, dietro iscrizione di ipoteca, nonché nei confronti del suo assicuratore, lamentando che il professionista, nella relazione notarile predisposta in vista del rogito, avesse indicato il bene ipotecato come libero, mentre esso era già gravato da due ipoteche. In tal senso, poiché la mutuataria era stata medio tempore ammessa al concordato preventivo, il credito della banca, sostanzialmente degradato al chirografo, era rimasto in gran parte insoddisfatto. In conseguenza di ciò, l’istituto di credito ha chiesto condanna dei convenuti al risarcimento del danno parametrato al differenziale tra la somma mutuata e non restituita e quella destinata ad essere percepita in sede di concordato preventivo, oltre accessori.
Accolta la domanda in primo grado, essa è stata riformata nel quantum dalla Corte d’appello, la quale ha osservato che il bene gravato da ipoteca, come accertato mediante consulenza tecnica d’ufficio, aveva un valore di gran lunga inferiore all’importo mutuato, con la conseguenza che, ove pure il notaio avesse riscontrato la presenza delle due precedenti iscrizioni ipotecarie, la Banca sarebbe rimasta in ogni caso insoddisfatta, attesa la situazione di incapienza determinatasi.
A fronte di ciò la ricorrente ha svolto una lunga ed articolata censura, essenzialmente incentrata su due punti:
a) sull’assunto che, se avesse saputo dell’esistenza delle due precedenti iscrizioni ipotecarie sul bene offerto in garanzia, essa banca non avrebbe stipulato il contratto di mutuo, con l’ulteriore conseguenza che il danno patito doveva essere rapportato per l’appunto all’entità della somma mutuata e quindi perduta, in ossequio al principio della restitutio in integrum del pregiudizio patito;
b) sull’erroneità della quantificazione del valore dell’immobile risultante dalla consulenza tecnica d’ufficio, che, peraltro, neppure era stata richiesta, essendo inoltre contrario ai principi generali ritenere che la quantificazione debba prendere le mosse non dal danno subito dal danneggiato ma da altri parametri.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile in quanto il motivo è estraneo all’ambito della violazione di legge, giacché, lungi dal mettere in discussione il significato e la portata applicativa dell’art. 1223 c.c., contesta il governo che della previsione normativa il giudice ha fatto in relazione alla ricognizione del caso concreto, avuto riguardo al valore dell’immobile concesso in garanzia ipotecaria.
Gli ermellini, sul punto, hanno evidenziato che, in tema di responsabilità contrattuale, l’accertamento tanto del nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno, quanto della prevedibilità del danno medesimo costituisce un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione adeguata e immune da errori.
In relazione al secondo motivo, la Suprema Corte ha, poi, evidenziato che il Giudice d’appello ha condannato la Banca a rimborsare all’assicuratore le spese del grado, osservando che essa era “del tutto soccombente in questo grado nei confronti dell’appellante principale… come pure dovrà definitivamente sostenere le spese per la CTU svolta in questo procedimento”.
Sul punto, tuttavia, è da rammentare che il regolamento delle spese in appello va effettuato in considerazione dell’esito complessivo del giudizio: e cioè la liquidazione delle spese processuali nel procedimento di appello va effettua tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio e non già separando l’esito del giudizio di impugnazione dai risultati totali del giudizio.
Pertanto, tenuto conto dell’esito del giudizio di appello, la Corte di legittimità ha reputato sussistenti i presupposti per la compensazione della metà delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, dovendo la rimanente metà essere posta a carico degli originari convenuti, risultati infine complessivamente soccombenti.
Alla luce di ciò il Giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile il primo motivo ed ha accolto il secondo, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e condannando i controricorrenti al rimborso, in favore della Banca, della metà delle spese sostenute per il giudizio di appello, nonché delle spese di CTU e delle spese sostenute per il giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SPESE PROCESSUALI: LA PRONUNCIA DI INAMMISSIBILITÀ DELL’APPELLO NON LEGITTIMA LA COMPENSAZIONE
IRRILEVANTE LA CIRCOSTANZA CHE LA LITE VENGA DEFINITA PER UNA QUESTIONE DI RITO
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ. -2, Pres. Lombardo – Rel. Fortunato | 24.06.2020 | n.12484
SPESE PROCESSUALI: IL GIUDICE PUÒ DISCOSTARSI DAI VALORI MEDI FISSATI DAL D.M. 55/2014
DEVE DARNE, PERÒ, APPOSITA E SPECIFICA MOTIVAZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, III Sez. Civ. Pres. Amendola – Rel. Dell’utri | 23.04.2020 | N.8146
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