L’art. 504 del codice di procedura civile prevede la “cessazione della vendita forzata”, allorquando il prezzo già ricavato dalla vendita di alcuni lotti raggiunga complessivamente l’importo delle spese di esecuzione e quello dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Si tratta di una disposizione speciale che, unitamente a quelle relative alla riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.) e al cumulo dei mezzi di espropriazione (art. 483 c.p.c.), persegue la finalità di evitare eccessi nell’uso del procedimento di espropriazione forzata.
La dottrina ha avuto modo di chiarire come tale istituto si differenzi dagli altri due appena citati, in quanto – sebbene siano tutti diretti a scongiurare eccessi nell’espropriazione forzata – esso presuppone che i beni, preventivamente stimati, siano già stati in parte liquidati. Inoltre, la sua funzione si distingue da quella di cui agli artt. 483 e 496 del codice di procedura civile – che individuano rimedi utilizzabili nelle prime fasi dell’espropriazione e consentono al debitore di reagire ad un’azione esecutiva soltanto potenzialmente eccessiva – in quanto regola tutti quei casi in cui l’eccesso di espropriazione è effettivo ed attuale, per effetto di circostanze sopravvenute (es. riduzione complessiva dell’esposizione debitoria o liquidazione di alcuni beni oltre le previsioni di stima) palesandosi concretamente solo dopo la conclusione di uno o più “cicli” di vendita.
Il Giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, a norma dell’art. 487 codice di procedura civile, a dichiarare la cessazione della vendita forzata senza necessità che vi sia una particolare richiesta da parte del debitore. Tuttavia, nulla osta a che il debitore possa rivolgere al giudice dell’esecuzione un’apposita istanza con cui chiedere l’adozione del provvedimento di cessazione della vendita prima ovviamente del suo svolgimento. Quando la vendita è delegata, come accade ormai nella maggior parte dei casi, il provvedimento è adottabile in via provvisoria dal professionista incaricato, con la necessità di successiva ratifica da parte del giudice, come previsto dall’art. 163 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile.
Una volta adottato il provvedimento, ed all’esito della effettiva ed integrale soddisfazione di tutti i creditori concorrenti con la distribuzione del ricavato, la procedura potrà essere dichiarata estinta con riferimento ai lotti residui e si potrà dar corso alla cancellazione (parziale) della trascrizione del pignoramento. Peraltro, qualora in sede di distribuzione uno dei creditori sia rimasto insoddisfatto, il giudice può modificare e/o revocare la propria ordinanza, finché non abbia avuto esecuzione, disponendo la prosecuzione del procedimento di vendita forzata dei beni residui ancora assoggetti alla procedura esecutiva. L’ordinanza è sempre impugnabile con l’ordinario rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 del codice di procedura civile e pertanto, prima di procedere alla cancellazione, occorre attendere l’infruttuoso decorso del termine per tale opposizione.
FOCUS
La norma in esame trova applicazione allorquando dalla vendita forzata, svolta in diverse fasi o in più lotti, si ricavi un importo tale da soddisfare interamente i creditori. Si tratta, tuttavia, di un’ipotesi che raramente trova un’applicazione pratica, atteso che nella prassi il ricavato dall’espropriazione forzata si rivela quasi sempre insufficiente per la soddisfazione di tutti i creditori concorrenti.
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