«Non è possibile qualificare come contratto “a valle”, agli effetti della repressione dell’intesa anti-concorrenziale, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor, a prescindere dall’accertamento — decisivo — dell’adesione dell’impresa bancaria all’intesa per la manipolazione del prezzo.»
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Torino, Giudice Enrico Astuni, con la sentenza del 29 gennaio 2024.
IL FATTO
La banca convenuta concedeva all’attrice e ad altro coobbligato in solido, un mutuo fondiario di € 445.000,00, garantito fino a concorrenza di € 667.500,00 da ipoteca su beni immobili di proprietà dell’attrice.
A seguito dell’inadempimento del mutuo, la Banca sottoponeva a pignoramento, avanti al Tribunale di Lucca, gli immobili concessi in ipoteca dall’attrice. L’esecuzione si concludeva con la distribuzione del ricavato della vendita forzata, in data 20.2.2020, che lasciava parzialmente insoddisfatto il credito ipotecario della Banca, con un residuo di € 34.929,49 oltre interessi.
A processo esecutivo chiuso, l’attrice agiva avanti al Tribunale di Torino, contestando la nullità del mutuo sotto plurimi aspetti. La Banca si costituiva chiedendo il rigetto delle domande.
TESI DEL CLIENTE
L’attrice deduce la nullità e/o inapplicabilità del tasso Euribor nel periodo 2005-2008 in ragione dell’accertata intesa, tra alcune banche europee, per la concertazione delle segnalazioni, allo scopo di manipolare le risultanze del tasso Euribor, come da Decisioni della Commissione Europea del 4 dicembre 2013.
In tesi, non sarebbe rilevante che la Banca odierna convenuta non abbia preso parte all’intesa per la manipolazione del tasso, poiché ad essere colpito dalla nullità è l’Euribor a poco rilevando dunque la responsabilità dell’alterazione del detto tasso: per tale profilo, sono state irrogate le dovute sanzioni.
La linea difensiva dell’attrice si fonda su una pronuncia della Cassazione (13.12.2023 n. 34889) – che il Tribunale di Torino nella sentenza in commento disattende- la quale ha affermato il principio di diritto che “le intese vietate ai sensi dell’art. 2 della I. n. 287 del 1990 (cd. legge antitrust) non sono soltanto quelle trasfuse in contratti o negozi giuridici in senso tecnico, ma anche quelle veicolate da comportamenti o condotte “non negoziali” che, con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, restringano o falsino, in qualsiasi forma e in modo consistente, la concorrenza all’interno del mercato; ne conseguono, da un lato, la riconducibilità alla citata nozione normativa dell’accordo manipolativo del tasso Euribor accertato dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013 e, dall’altro, la nullità dei contratti “a valle” che si richiamino per relationem al tasso manipolato, assurgendo la predetta decisione a prova privilegiata di un’intesa illecita, alla quale è irrilevante che non abbia preso parte l’istituto bancario contraente“.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Torino non condivide le conclusioni di parte attrice e si discosta dalla summenzionata sentenza della Suprema Corte, chiarendo in primo luogo che la responsabilità per la violazione della concorrenza, secondo il diritto UE, non si propaga a qualunque impresa si trovi sul mercato influenzato dall’intesa restrittiva.
Tale conclusione è supportata da plurimi elementi legislativi.
In primis, la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 3 del 19 gennaio 2017- con il quale è stata trasfusa la dir. 2014/104/UE- il quale attribuisce la legittimazione passiva per il “danno causato da una violazione del diritto della concorrenza” (art. 1 dlgs. 3/2017) esclusivamente all’autore della violazione, i.e. “l’impresa o l’associazione di imprese che ha commesso la violazione del diritto della concorrenza” (art. 2 comma 1, lett. a).
Nella medesima direzione prosegue l’art. 8 del suddetto decreto, secondo cui il diritto al risarcimento del danno derivante da una violazione del diritto della concorrenza si prescrive in cinque anni. Il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e prima che l’attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza di tutti i seguenti elementi: […] c) dell’identità dell’autore della violazione“.
Inoltre, la giurisprudenza della Corte di giustizia UE conceda l’azione di risarcimento del danno anche a favore dì chi ha subito nella propria contrattazione una ricaduta negativa, in termini di prezzo, della manipolazione della concorrenza (c.d. umbrella effect). Situazione questa rispondente all’allegazione dell’attrice: la concertazione di talune imprese bancarie avrebbe influito sul risultato giornaliero di Euribor e ciò avrebbe comportato per l’attrice un maggior onere per interessi rispetto al giusto. È tuttavia da osservare che l’apertura della legittimazione attiva ai terzi danneggiati, senza aver intrattenuto vincoli contrattuali con le imprese aderenti all’intesa, non estende al contempo la legittimazione passiva all’impresa rimasta estranea, ma si sostanzia nell’attribuzione al danneggiato dalla politica di prezzo di un’azione extracontrattuale nei confronti delle imprese aderenti.
Si legge infatti nel leachng case (CGUE, 5.6.2014, c-557/2012, Kone) che pur in tal caso “la vittima di un prezzo di protezione («umbrella pricing») può ottenere il risarcimento del danno subito ad opera degli aderenti ad un’intesa, ancorché non abbia intrattenuto vincoli contrattuali con loro, laddove risulti accertato che, alla luce delle circostanze di specie e, segnatamente, delle peculiarità del mercato interessato, detta intesa fosse tale da poter incidere sull’applicazione di un prezzo di protezione da terzi agenti autonomamente e che tali circostanze e peculiarità non potessero essere ignorate dai membri dell’intesa medesima” (punto 34).
Il Tribunale di Torino passa poi a esaminarsi l’ulteriore profilo della tenuta del tasso Euribor come indice di mercato in presenza di una concertazione tesa alla manipolazione del tasso.
Secondo la non condivisa Cass. 13.12.2023 n. 34889 “la nullità parziale, per la parte concernente il parametro Euribor degli anni 2005-2008, del finanziamento concesso da un’impresa estranea all’intesa, perché “raggiunto dal divieto di cui alla L. n 287 del 1990, art. 2 é qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (Cass. 12/12/2017, n. 29810)”.
Il Tribunale torinese richiama, sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. sez. un. 4.22005 n. 2207 seguita da Cass. sez. un. 30.12.2021 n. 41994) per le quali “il cosiddetto contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti” e che “”la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. E ciò quale che sia lo strumento che conclude tale percorso illecito. A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile“. In altri termini stante il “collegamento funzionale” con la volontà anti-competitiva a monte – ai contratti a valle non può attribuirsi un rilievo giuridico diverso rispetto all’intesa che li precede: nulla essendo quest’ultima, la nullità non può che inficiare anche l’atto consequenziale” (in motivazione Cass. n. 41994/2021).
Succintamente, il contratto si trova “a valle” perché serve a dare esecuzione all’intesa anti-concorrenziale e a realizzare gli scopi illeciti delle imprese aderenti ed è, per tale strumentalità a un fine illecito, colpito da nullità ex art. 1418 comma 1 ex. e art. 2 legge n. 287/90.
Lo scopo illecito consiste qui, in modo evidente, nel miglioramento da parte delle Banche aderenti alla concertazione dei propri flussi reddituali. Tuttavia, secondo il Tribunale Torinese, è un pregiudizio quello di considerare che esista un uniforme interesse del ceto bancario a mantenere alto il tasso Euribor. A tal fine, basti considerare che una “banca può avere un interesse per un fixing EURIBOR elevato (quando riceve un importo calcolato in base all’EURIBOR), basso (quando deve pagare un importo calcolato in base all’EURIBOR) o forfettario (quando non ha una posizione significativa in nessuna delle due direzioni)” (decisione Commissione, doc. 2 ah., punto (5) della motivazione).
Due sono pertanto le primarie differenze tra il caso all’odierno esame e i precedenti riguardanti lo schema di fideiussione omnibus raccomandato dall’ABI alla generalità delle banche aderenti e da queste volontariamente adottato: (1) manca l’intervento di un ente esponenziale degli interessi dell’intero ceto bancario; (2) manca altresì una posizione collettiva comune all’intero ceto bancario nei confronti della clientela.
Pertanto, non è possibile qualificare come contratto “a valle”, agli effetti della repressione dell’intesa anti-concorrenziale, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor, a prescindere dall’accertamento — decisivo — dell’adesione dell’impresa bancaria all’intesa per la manipolazione del prezzo.
Il Tribunale torinese chiarisce, inoltre, che “Euribor indica anzitutto, convenzionalmente, il rendimento di un impiego non garantito in Euro a breve termine risk free. Tale deve infatti ritenersi il prestito a un soggetto solvibile, o che deve presumersi tale, quale una primaria banca europea”.
Dato questo punto di riferimento, ogni altro prodotto bancario o finanziario in Euro, di pari durata, offerto che sia da una banca, altro intermediario o diverso emittente, definisce il proprio costo, e implicitamente la propria rischiosità, per differenza (spread) rispetto al tasso interbancario. Il tasso finito praticato non è dunque determinato dal solo Euribor, ma da indice + spread. Appare quindi inesatto affermare che Euribor sia frutto di un accordo di cartello, per fissare direttamente o indirettamente i prezzi.
CONCLUSIONE
In conclusione, le domande dell’attrice devono integralmente respingersi. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano d’ufficio sui valori medi della tariffa pertinente.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
TASSO EURIBOR: È UN CRITERIO DI CALCOLO CERTO, OGGETTIVO E INTRINSECAMENTE AFFIDABILE
IN CASO DI MANIPOLAZIONE, IL CLIENTE PUÒ INVOCARE SOLO UNA TUTELA RISARCITORIA, EX ART. 33, L. N. 287 DEL 1990, O DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO
Sentenza | Tribunale di Sassari, Giudice Stefania Deiana | 20.06.2023 | n.637
MANIPOLAZIONE EURIBOR: DANNO RISARCIBILE SOLO SE È PROVATO LO SCOSTAMENTO ARTIFICIOSO
LA CLAUSOLA CONTRATTUALE CHE RINVIA A EURIBOR NON PUÒ ESSERE NULLA COME CONSEGUENZA “A VALLE” DELL’INTESA RESTRITTIVA A MONTE
Sentenza | Tribunale di Torino, Giudice Enrico Astuni | 22.09.2020 | n.3225
MANIPOLAZIONE EURIBOR: ESCLUSA IN DIFETTO DI PROVA DELL’INTESA RESTRITTIVA
LA NULLITÀ DI CUI ALLA NORMATIVA ANTITRUST NON PUÒ ESSERE FATTA VALERE DAI TERZI CHE SUBISCONO SOLO CONSEGUENZE INDIRETTE
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Irene Colladet | 19.12.2018 | n.1873
MANIPOLAZIONE DEL TASSO EURIBOR: IL SISTEMA DI RILEVAZIONE È DI TIPO OGGETTIVO
ONERE DELL’ATTORE PROVARE IL COLLEGAMENTO TRA LE PRESUNTE INTESE ANTICONCORRENZIALI ED IL CONTRATTO CONTESTATO
Sentenza | Tribunale di Piacenza, Giudice Evelina Iaquinti | 13.12.2018 | n.821
MANIPOLAZIONE EURIBOR: ESCLUSA OVE NON PROVATA L’INTESA ANTICONCORRENZIALE
LA FISSAZIONE GIORNALIERA DEL TASSO AVVIENE SULLA BASE DI DATI CHE SI ASSUMONO COME OGGETTIVI
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Vittorio Carlomagno | 19.09.2018 | n.17550
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