La banca, ove paghi a persona diversa dal legittimato, non è liberata dalla propria obbligazione, finché non ripeta il pagamento al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario per l’incasso), e tanto a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione di chi abbia presentato il titolo, derivando la responsabilità della banca, che paghi al giratario senza osservare la clausola di non trasferibilità, dalla violazione dell’obbligazione ex lege, posta a suo carico dal menzionato art.43 r.d. 21 dicembre 1933.
La responsabilità della banca per inosservanza del disposto dell’art.43 r.d. 21 dicembre 1933, n.1736, non richiede che colui a cui favore risulta emesso l’assegno non trasferibile ne sia stato prenditore, ovvero ne abbia avuto il possesso, necessario e sufficiente essendo solo che, per effetto della violazione dell’obbligo di osservare la clausola di non trasferibilità nel pagamento al giratario per l’incasso, il beneficiario del titolo non lo abbia incassato.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6817/2006 proposto da:
VERDE
RICORRENTE
CONTRO
BANCA SPA
CONTRORICORRENTE
E CONTRO
SCUOLA
INTIMATI
avverso la sentenza n. 3690/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, 3′ Sezione Civile, emessa il 20/12/2005, depositata il 23/12/2005;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.
Con ricorso del 26 maggio 1997 VERDE. propose OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO della procedura di liquidazione coatta amministrativa di SIM SPA, chiedendo l’ammissione tra i chirografari del suo credito di L. 264.982.284, oltre interessi.
Espose di avere stipulato con la predetta società un contratto di investimento a norma della Legge n.1 del 1991, avente ad oggetto la negoziazione, la raccolta ordini e il collocamento di valori mobiliari e di avere a tal fine fornito alla controparte la provvista necessaria all’espletamento del mandato, provvista che era stata versata su un conto di gestione aperto presso la BANCA SPA.
La Liquidazione coatta, costituitasi in giudizio, sostenne che i rapporti con l’istante erano stati chiusi il 30 luglio 1993, data in cui la VERDE aveva cominciato ad operare con lo studio DE CAIO, venendo liquidata del saldo creditore ammontante a L. 264.982.284, a mezzo di assegno bancario regolarmente incassato, tanto vero che sul retro dello stesso spiccavano la firma della beneficiarla e la sottoscrizione “per conoscenza e garanzia” di D.A.F..
A tale procedimento, rubricato col numero 7266/1997, venne poi riunito quello n.3170/1998, originato dalla citazione proposta da VERDE nei confronti della BANCA SPA.
Con tale atto l’attrice, premesso che la somma di L.264.982.284, risultante a suo credito su un conto di gestione a lei intestato, le era stata restituita a mezzo di un assegno negoziato presso un’Agenzia della BANCA SPA e recante la sua firma apocrifa di quietanza, aveva chiesto la declaratoria della responsabilità dell’Istituto di credito per avere pagato il titolo a persona diversa dalla beneficiarla, con conseguente condanna della convenuta al risarcimento dei danni in misura pari alla somma dallo stesso portata.
Alla domanda aveva resistito l’Istituto di credito che aveva chiamato in causa D.A.F. in quanto unico responsabile dei fatti lamentati dall’attrice.
Con sentenza del 16 giugno 2004 il Tribunale di Napoli, per quanto qui interessa, accolse la proposta opposizione, ammettendo per l’effetto il credito dell’opponente nel passivo della liquidazione;
accolse altresì la domanda proposta da VERDE nei confronti della BANCA SPA, conseguentemente condannando l’Istituto a pagare la somma di Euro 136.851,93, oltre rivalutazione e interessi.
Proposto gravame dalla BANCA SPA, la Corte d’appello, in data 23 dicembre 2005, in riforma della impugnata sentenza, ha rigettato la domanda della VERDE.
Il giudice di merito ha ritenuto dirimenti i seguenti, concorrenti rilievi:
1) l’assegno era stato emesso in mancanza di qualsivoglia ordine impartito dall’attrice;
2) mai quest’ultima aveva posseduto il titolo, della cui esistenza era venuta a conoscenza solo in sede di opposizione allo stato passivo della S.I.M. in liquidazione coatta amministrativa.
Conseguentemente, posto che l’appellata non aveva mai rivestito la qualità di prenditrice, la Banca non poteva essere riconosciuta responsabile R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, ex art.43.
In ogni caso, ha aggiunto il giudicante, l’eventuale danno patrimoniale in concreto subito dall’appellata sarebbe conseguenza immediata e diretta soltanto del comportamento tenuto dalla SIM e dallo Studio CAIO nella gestione dei rapporti patrimoniali intrattenuti con la propria cliente.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione VERDE formulando un solo motivo.
Resiste con controricorso la BANCA SPA.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con un unico, articolato motivo denuncia l’appellante violazione e falsa applicazione della Legge 21 dicembre 1933, art.43, nonchè degli artt.1173 e 1372 cc, art.115 cpc, artt.2043 e 2697 cc, ex art.360 cpc, nn. 3 e 5.
Deduce l’irrilevanza della circostanza che l’assegno non era stato emesso a seguito di disposizioni della D., essendo sufficiente, in vista della divisata finalità di estinguere il rapporto, l’iniziativa unilaterale della SIM, a tanto, del resto, contrattualmente autorizzata. In tale contesto, il riferimento della Corte territoriale a un rapporto al quale l’Istituto di credito era del tutto estraneo, integrava una palese violazione dell’art.1372 cc, trattandosi di res inter alias acta.
Secondo l’esponente priva di significanza sarebbe altresì la circostanza che la ricorrente non era mai venuta in possesso del titolo, posto che, essendone comunque beneficiarla, era creditrice dell’importo dallo stesso portato nei confronti della Banca trattarla.
Sotto altro concorrente profilo denuncia anche l’impugnante l’erroneità dell’assunto secondo cui la domanda non poteva essere accolta per mancanza di prova del danno e per essere questo, in ogni caso, conseguenza immediata e diretta soltanto del comportamento della SIM e dello Studio CAIO. E invero, considerato che la somma portata dal titolo era di proprietà della VERDE, il danno era evidentemente in re ipsa.
Evidenzia quindi come nella fattispecie vi sia il concorso di due diverse responsabilità, quella della SIM di carattere contrattuale, e quella della Banca, di natura extracontrattuale, concorso disciplinato dalle regole in materia di obbligazione solidale nonchè dalla Legge Fallimentare, art.62. 2.
Il ricorso è fondato.
A norma del R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, art.43, comma 1, l’assegno bancario emesso con la clausola “non trasferibile” non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di costui, accreditato nel suo conto corrente. Il prenditore non può girare l’assegno se non ad un banchiere, per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo.
Il secondo comma precisa poi che colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento.
Scrutinando la portata di tale disposizione, questa Corte ha ripetutamente affermato che essa disciplina in modo autonomo l’adempimento dell’assegno non trasferibile, derogando sia alla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito a legittimazione variabile, sia alla disciplina di diritto comune racchiusa nell’art.1189 cc, a norma del quale il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede.
E invero la banca, ove paghi a persona diversa dal legittimato, non è liberata dalla propria obbligazione, finchè non ripeta il pagamento al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario per l’incasso), e tanto a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione di chi abbia presentato il titolo, derivando la responsabilità della banca, che paghi al giratario senza osservare la clausola di non trasferibilità, dalla violazione dell’obbligazione ex lege, posta a suo carico dal menzionato art.43 (confr. Cass. civ., 25 agosto 2006, n. 18543; Cass. civ. 13 maggio 2005, n. 1.0118; Cass. civ., 12 marzo 2003, n. 3654).
Così ricostruito il contesto normativo di riferimento, non hanno evidentemente pregio tutte le deduzioni in ordine alla mancanza, in capo alla VERDE, della qualità di prenditrice, per non avere la stessa mai avuto il possesso del titolo: non par dubbio, infatti, che tale possesso è necessario per proporre domanda di pagamento, non già per chiedere, quale beneficiario dell’ordine di pagamento, il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’inosservanza della regola che impone alla Banca di versare la somma portata dall’assegno solo al prenditore o a un banchiere giratario per l’incasso.
Nè l’Istituto di credito può giovarsi, per sfuggire alle proprie responsabilità, delle ragioni e delle modalità per le quali e con le quali l’assegno fu a suo tempo emesso dalla SIM, così traendo profitto dal fatto che l’emissione avvenne in mancanza di un ordine dell’attrice, perchè rilevante, ai fini dell’accoglimento della domanda, è solo che un rapporto sottostante esisteva; che la somma portata dal titolo costituiva il saldo di quanto dalla SIM dovuto alla ricorrente; che di tale somma, dunque, la stessa era creditrice.
Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la Banca, pagando l’assegno a persona diversa dalla beneficiarla, ha cagionato alla stessa un danno diretto e immediato, costituito dalla perdita della disponibilità dell’importo che ella e non altri avrebbe dovuto incassare, e tanto a prescindere dalle autonome responsabilità della SIM e dello Studio CAIO, che qui non rilevano.
Non è infine superfluo aggiungere che tale pregiudizio non è certo eliminato dal fatto che la D. sia stata ammessa al passivo della procedura di liquidazione coatta, valendo semmai tale circostanza a confermare che il debito della SIM nei suoi confronti non è ancora stato estinto.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione e che deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto: la responsabilità della banca per inosservanza del disposto del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art.43, non richiede che colui a cui favore risulta emesso l’assegno ne sia stato prenditore, ne abbia cioè avuto il possesso, necessario e sufficiente essendo solo che, per effetto della violazione della predetta norma, il beneficiario del titolo non lo abbia incassato.
PQM
La Corte
accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
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