ISSN 2385-1376
Testo massima
Con la sentenza in rassegna la Corte di Cassazione ha affermato che gli assegni non possono essere scritti a matita.
Nel caso di specie, i Supremi giudici si sono trovati alle prese con un società che aveva emesso un assegno la cui data era stata apposta a matita
A tal proposito ha precisato la Corte che quando per la validità di un atto è prevista la forma scritta, senza che sia richiesto uno specifico mezzo di scrittura, sebbene non esistono vincoli in ordine alla scelta dello strumento scrittorio, tale libertà non è assoluta.
Le parti, infatti, sono libere di utilizzare tutti gli strumenti idonei alla scrittura, sempre che i suddetti mezzi non mettano a rischio la funzione che la legge assegna alla forma prevista con specifico riguardo alla complessiva regolamentazione dell’atto che deve essere posto in essere, atteso che, diversamente opinando, verrebbe meno anche la stessa ragion d’essere della previsione.
Con riferimento ai titoli di credito, considerate le caratteristiche dei medesimi è da escludere che possa garantire la funzione assegnata dal legislatore alla forma scritta l’uso di strumenti scrittori non idonei ad assicurare una sufficiente “stabilità” al testo scritto, ossia di tutti quei mezzi di scrittura in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili con facilità, anche involontariamente, senza lasciare di ciò segni evidenti, con la conseguenza che deve ritenersi non apposta la data ti scritta a matita su di un assegno bancario.
In conclusione, la data apposta a matita all’assegno deve ritenersi, per l’inaffidabilità dello strumento grafico utilizzato, tamquam non esset.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22773/2003 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;
RICORRENTI
contro
GIALLO SAS, P.P.;
INTIMATI
sul ricorso 25847/2003 proposto da:
GIALLO SAS, in persona del liquidatore P.P.;
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;
INTIMATI
avverso la sentenza n. 447/2002 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 05/10/2002;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ritenuta l’emissione in violazione dell’imposta di bollo di un assegno (firmato da P.P. -legale rappresentante della GIALLO SAS – e recante la data di compilazione apposta a matita) rinvenuto nel corso di verifica della G.d.F., presso uno studio notarile, veniva irrogata, nei confronti della società e del P., la pena pecuniaria prevista dal D.P.R. n.642 del 1972, art.25.
Il predetti ricorrevano in sede amministrativa ed in seguito adivano il Tribunale di Trento opponendosi al decreto del Ministro delle Finanze di rigetto del suddetto ricorso ed agli atti presupposti. Il Tribunale adito dichiarava “disapplicabili, in quanto illegittimi” il decreto del Ministero delle Finanze, la presupposta ordinanza dell’Intendenza di Finanza nonchè la conseguente ingiunzione dell’Ufficio del Registro di Bolzano e tale decisione veniva impugnata dal Ministero delle Finanze dinanzi alla Corte d’appello di Trento, che rigettava l’impugnazione.
In particolare, con riguardo alle indicazioni che devono essere riportate nel titolo perchè lo stesso abbia valore di assegno bancario, i giudici d’appello rilevavano che non è previsto alcun particolare mezzo grafico, potendo perciò tali indicazioni essere scritte a macchina, a stampa, da una o più persone, a mano, e, in tale ultimo caso, a penna o a matita.
Secondo i giudici d’appello doveva pertanto escludersi che potesse ritenersi privo di data un assegno recante la data scritta in maniera chiara ed inequivoca, ancorchè da soggetto diverso dal compilatore delle altre parti dell’assegno e a matita, non rilevando in senso contrario la possibilità di modifica della data scritta a matita, sia perchè tale possibilità esiste anche per quella scritta a penna sia perchè la legge consente in ogni caso la presentazione immediata per il pagamento a vista dell’assegno, una volta che questo sia uscito dalla sfera giuridica dell’emittente.
Esclusa quindi l’incompletezza dell’assegno in questione (e la sua equiparabilità, perciò solo, alla cambiale) i giudici della Corte ritenevano superflua una indagine sulla (peraltro indimostrabile) funzione che in concreto le parti avevano inteso attribuire all’assegno medesimo.
Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate; resistono con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, la GIALLO SAS e P.P..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve innanzitutto essere disposta la riunione dei due ricorsi ex art.335 cpc, siccome proposti avverso la medesima sentenza.
Con riguardo all’ammissibilità (messa in discussione dai controricorrenti) del ricorso proposto dall’Agenzia, è sufficiente rilevare che, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, divenuta operativa dal 1^ gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia, mentre i procedimenti introdotti anteriormente al 1 gennaio 2001, a norma dell’art.111 cpc, continuano tra le parti originarie, ma il successore può intervenire o essere chiamato nel processo, anche senza l’estromissione del dante causa.
Occorre inoltre rilevare, con particolare riguardo ai giudizi di cassazione, nei quali la legittimazione era riconosciuta esclusivamente al Ministero delle Finanze, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art.11, che la nuova realtà ordinamentale, caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente invece di ritenere che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, e quella del ricorso possano essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando l’interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato (v. tra numerose altre SU nn. 3116 e 3118 del 2006).
Quanto alla dedotta inammissibilità del ricorso principale per novità delle questioni, è appena il caso di evidenziare che nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni giuridiche soltanto ove le stesse presuppongano indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, (v. tra le altre Cass. n. 5620 del 2006), dovendo escludersi che sia configurabile come “questione nuova”, perciò tale inammissibile, la diversa qualificazione giuridica dei fatti controversi già acquisiti nel giudizio di merito, ovvero la richiesta di applicazione di norme giuridiche diverse da quelle invocate nel merito oppure una diversa lettura delle medesime norme giuridiche, sempre che, come nella specie, ciò non comporti la necessità di ulteriori accertamenti in fatto.
Con un unico, articolato motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art.1, dell’art.25 e in particolare della Tariffa PI punto 15 D.P.R. n.642 del 1972, nonchè degli artt.2727 e 2729 cc e dei principi generali in materia di assegno, forma degli atti, imposta di bollo, nonchè vizi di motivazione, i ricorrenti principali rilevano che, come dedotto nei precedenti gradi di giudizio e risultante dal p.v.c. della G.d.F., l’assegno sarebbe stato emesso (con la sottoscrizione e la consegna ad un terzo – il notaio-) privo di data e (non rilevando quanto poi compiuto dal terzo) tale fatto sarebbe sufficiente per ritenere che fu emesso senza l’osservanza dei prescritti requisiti.
In ogni caso, secondo i ricorrenti, la forma scritta non potrebbe essere integrata da una scritturazione a matita, che è mezzo anomalo ed inaffidabile, posto che tale scritturazione, per la possibilità di cancellazione senza il minimo sforzo e senza lasciare traccia, non sarebbe idonea a svolgere in modo sia pur minimamente serio” la sua funzione di stabilire il termine ultimo entro il quale l’assegno può essere presentato all’incasso.
Aggiungono i ricorrenti che erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto che la funzione di garanzia assunta nella specie dall’assegno non potesse essere dimostrata, ben potendo presumersi un accordo di tutti i soggetti coinvolti per una cancellazione o modificazione della data apposta a matita (su di un assegno compilato in ogni sua altra parte ad inchiostro), anche considerato che l’assegno fu emesso in occasione della conclusione di un preliminare di vendita in base al quale la GIALLO SAS si riservava di pagare alla società venditrice la somma recata dall’assegno ove la stessa avesse completato alcuni lavori sull’immobile e consentito all’intavolazione dell’atto.
Le censure esposte sono solo in parte fondate.
In particolare, deve ritenersi inammissibile la censura intesa a collocare (diversamente da quanto affermato in sentenza) il momento di emissione dell’assegno anteriormente all’apposizione della data.
In proposito, giova innanzitutto evidenziare che, se è vero che si ha emissione dell’assegno quando esso esce dalla sfera giuridica del traente (senza che peraltro – a differenza di quanto sostenuto nel controricorso – sia necessaria anche la consegna a colui che nell’assegno risulta indicato come beneficiario), è anche vero che, potendo l’assegno non essere compilato interamente dalla medesima persona, solo con una indagine in fatto da effettuarsi caso per caso è possibile accertare se l’assegno compilato solo in parte sia uscito dalla sfera giuridica del traente con la consegna ad un terzo (il quale vi abbia poi apposto di sua iniziativa le parti mancanti), oppure se l’assegno compilato solo in parte, senza uscire dalla sfera giuridica del traente, sia stato da questo consegnato ad un terzo perchè lo stesso, prima dell’emissione, provvedesse, in accordo col traente, a completarne il procedimento di compilazione.
Tanto premesso, nella sentenza impugnata si afferma che l’assegno fu emesso completo in ogni sua parte, benchè la data fosse stata apposta dal notaio – ossia un soggetto diverso da quello che aveva scritto l’assegno in ogni altra parte – e con un differente strumento grafico, e, a fronte di tale accertamento compiuto dai giudici d’appello, i ricorrenti prospettano una diversa ricostruzione dei fatti, affermando che l’assegno fu emesso privo di data e consegnato al notaio, il quale, successivamente all’emissione (quindi di propria iniziativa e non all’interno di un medesimo procedimento di compilazione “a due mani” dell’assegno), vi appose la data a matita.
In tali termini, i ricorrenti principali si limitano a contrapporre a quella espressa dal giudice di merito una propria interpretazione dei fatti di causa, senza peraltro evidenziare eventuali errori logici nel ragionamento del suddetto giudice ovvero fatti decisivi risultanti dagli atti e trascurati nella decisione.
Deve invece ritenersi fondata l’ulteriore censura esposta nel motivo in esame, secondo la quale la data apposta a matita all’assegno deve ritenersi, per l’inaffidabilità dello strumento grafico utilizzato, tamquam non esset.
In proposito, è innanzitutto da evidenziare che, quando per la validità o la prova di un atto è prevista dal legislatore la forma scritta senza richiedere espressamente uno specifico mezzo di scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta dello strumento scrittorio.
Tale libertà tuttavia non è assoluta, ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la forma prescritta svolge in relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto così come emergenti dalla relativa disciplina giuridica: le parti sono infatti libere di utilizzare tutti gli strumenti idonei alla scrittura, anche quelli neppure ipotizzabili dal legislatore storico, sempre che i suddetti mezzi non mettano a rischio la funzione che la legge assegna alla forma prevista con specifico riguardo alla complessiva regolamentazione dell’atto che deve essere posto in essere, atteso che, diversamente opinando, verrebbe meno anche la stessa ragion d’essere della previsione.
Pur senza una esplicita teorizzazione in tal senso, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha già fatto applicazione del suesposto principio, ad esempio in relazione alla specifica disciplina dettata per le scritture contabili, affermando che configura irregolarità nella tenuta delle suddette scritture, tale da giustificare, ai sensi del D.P.R. n.600 del 1973, art.39, il ricorso all’accertamento induttivo, l’avvenuta scritturazione dei dati con il mezzo della matita, posto che l’art.2219 cc, pur non disponendo l’uso di uno specifico mezzo grafico, prevede che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine, significativamente aggiungendo il divieto di abrasioni e indicando particolari modalità per la cancellazione, e che con tale disciplina il legislatore ha inteso, per un verso, assicurare stabilità alle risultanze delle scritture e, per altro verso, permettere di ricostruire l’effettivo andamento della gestione, evitando manipolazioni non percepibili o non agevolmente percepibili senza l’adozione di particolari tecniche d’indagine (v. Cass. n.2396 del 1998).
Procedendo pertanto ad esaminare la disciplina dettata per i titoli di credito (e la funzione che, in relazione ad essa, assolve la previsione della forma scritta), occorre innanzitutto considerare:
che il titolo incorpora il diritto, il quale pertanto non può essere esercitato senza il possesso del documento v recante la scrittura;
che la cd. letteralità del titolo comporta che quantità, qualità e modalità del diritto siano determinate dal tenore letterale del titolo stesso, ossia da quanto risulta scritto sul relativo documento cartaceo;
che il trasferimento del documento de quo comporta l’attribuzione del diritto alla prestazione; che il suddetto documento recante la scrittura è pertanto destinato alla circolazione, con la connessa ipotizzabilità di un deterioramento del cartaceo e/o delle scritture su di esso riportate, oppure del pervenimento nelle mani di soggetti (eventualmente neppure noti al traente) che potrebbero essere tentati da vantaggiose alterazioni, soprattutto se assai agevoli;
che l’astrattezza comporta la necessità di garantire la buona fede dei soggetti cui il titolo perviene e comunque l’affidabilità del ricorso ad esso come mezzo di pagamento.
I tratti salienti della disciplina dei titoli di credito, come sopra sinteticamente evidenziati, inducono ad escludere che, in relazione ad essi, la funzione assegnata dal legislatore alla forma prescritta possa ritenersi salvaguardata da quegli strumenti scrittori (conosciuti o ancora ignoti) che non siano in grado di assicurare una sufficiente “stabilità”, anche nel tempo, al testo scritto, ossia quei mezzi di scrittura che siano in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili facilmente, o addirittura involontariamente (si pensi ad uno scritto a matita tenuto lungamente in tasca o tra le mani), senza lasciare di ciò tracce evidenti.
Deve pertanto considerarsi come non apposta la data scritta a matita su di un assegno bancario, essendo tale modalità di scrittura caratterizzata da precarietà, modificabilità ed alterabilità, in quanto agevolmente (e perfino casualmente) cancellabile senza tracce evidenti. E’ infine da aggiungere che la possibilità (certo con maggiore difficoltà e visibilità) di alterazione anche degli scritti a penna, nonchè l’ipotizzabilità di tecniche moderne idonee a più sofisticate forme di manipolazione, non costituiscono di per sè valido motivo per giustificare l’impiego di un mezzo grafico che permette la forma più semplice e immediata di alterazione e difetta in radice di qualsiasi connotato di stabilità, rendendo possibile in ogni momento non solo la rimozione, sostituzione o modificazione di quanto riportato sul titolo (e determinante l’ambito del diritto, che solo attraverso il titolo può essere esercitato), ma anche la casuale cancellazione determinata proprio dalla circolazione cui il titolo recante la scritturazione è destinato.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la GIALLO SAS e P.P., deducendo violazione di legge, affermano che la sanzione irrogata nella specie sarebbe errata perchè l’emissione di assegno privo di data deve essere assoggettata alla sanzione prevista per tutti gli atti, documenti e registri non in regola col bollo e non a quella prevista specificamente per le cambiali. Il ricorso in esame è inammissibile, in quanto la censura non colpisce una corrispondente statuizione (in ipotesi erronea o non adeguatamente motivata) della sentenza impugnata: i giudici d’appello non si sono pronunziati sulla questione e non vi è pertanto spazio per una pronuncia nel merito da parte di questo giudice di legittimità, dovendo provvedere in proposito (ove ricorrano le condizioni di legge) il giudice del rinvio.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso principale deve essere accolto e quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice che deciderà la controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: “Quando per la validità o la prova di un atto è richiesta dal legislatore la forma scritta senza indicare uno specifico mezzo di scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta di tale mezzo; tuttavìa tale libertà non è assoluta ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la forma prescritta svolge in relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto così come emergenti dalla relativa disciplina giuridica.
Con riguardo ai titoli di credito, considerate le caratteristiche dei medesimi (in particolare la circostanza dell’incorporazione del diritto impossibilità di esercizio dello stesso senza il possesso del documento cartaceo recante la scrittura, nonchè la letteralità, l’astrattezza e la destinazione alla circolazione) è da escludere che possa garantire la funzione assegnata dal legislatore alla forma scritta l’uso di strumenti scrittori (conosciuti o ancora ignoti) non idonei ad assicurare una sufficiente “stabilità” al testo scritto, ossia di tutti quei mezzi di scritturai in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili con facilità, anche involontariamente, senza lasciare di ciò segni evidenti, con la conseguenza che deve ritenersi non apposta la data ti scritta a matita su di un assegno bancario.
Il giudice di rinvio provvederà inoltre anche a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
Riunisce i ricorsi, accoglie il principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Corte d’Appello di Trento.
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Numero Protocolo Interno : 46/2009