Il foro previsto, in materia di trattamento dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento, quando viene invocato nell’ambito di un rapporto di consumo, è il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore ex art. 33, lettera u), d.lgs. n. 206 del 2005. Quest’ultimo prevale, in quanto stabilisce una competenza esclusiva, alla luce delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore; sicché la competenza del tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, sancita dall’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2011, cede di fronte a quella del foro del consumatore, la cui specialità continua a prevalere sulla specialità della disposizione testé menzionata, la quale ha invero carattere meramente ricognitivo della disciplina già racchiusa nell’art. 152 d.lgs. n. 196 del 2003.
Tale principio è stato precisato dal Tribunale di Lecce, Giudice Francesca Caputo, con la sentenza n. 734 del 28.02.2019.
TRIBUNALE DI LECCE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Lecce in persona della dott.ssa Francesca Caputo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. omissis/14 R.G. contenzioso, vertente
TRA
CONSUMATORE
ATTORE
BANCA
CONVENUTA
SOCIETA’
CONVENUTA
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 1.12.14 il consumatore adiva il Tribunale di Lecce al fine di sentir disporre la condanna di Banca e di Società al ristoro dei danni, patrimoniali e non, subiti a seguito della lesione della propria reputazione economica, previo accertamento della responsabilità contrattuale ed aquiliana delle medesime, in ragione dell’illegittima segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia del proprio nominativo per l’importo di € 111.299,00; deduceva, a sostegno della pretesa vantata, che il rapporto di conto corrente con apertura di credito acceso a suo nome presso la Filiale di omissis della Banca, recante alla data della chiusura un saldo passivo di lire 32.244.581, fosse stato oggetto di un giudizio volto all’accertamento dell’effettivo rapporto di debito credito, resosi necessario in ragione dell’illegittimità di alcuni degli addebiti effettuati dalla banca; rimarcava che con sent. 3376/13, passata in giudicato in data 19.3.14, il Tribunale di Lecce avesse acclarato la presenza, al momento della chiusura del conto, di un credito in proprio favore di € 18.420,75 e che, nonostante la pendenza di tale procedimento, nel quale egli aveva depositato perizia di parte a sostegno delle contestazioni indirizzate all’istituto, fosse stata effettuata e, successivamente, reiterata sino al 4.7.14 segnalazione a sofferenza del saldo apparente; deduceva che i convenuti avessero violato i principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto, nonché le norme di cautela caratterizzanti il proprio status professionale, funzionali alla tutela dei dati personali; lamentava che la segnalazione suddetta gli avesse impedito l’accesso al credito e l’impiego di risorse nel proprio ciclo produttivo, determinando tale voce di danno, mediante riclassificazione dei bilanci, in € 50.000,00; prospettava, ancora, il ricorrere di un pregiudizio non patrimoniale all’immagine, da liquidarsi equitativamente in ragione dell’importo del credito asseritamente dovuto e del tempo di permanenza della segnalazione.
Banca, costituendosi con comparsa depositata in data 25.2.15, preliminarmente precisava che la prima segnalazione a sofferenza del credito menzionato in citazione fosse stata effettuata nel 1997, non dalla banca omissis, ma da omissis, cui il medesimo era stato ceduto, rimarcando di aver reiterato la medesima solo durante la pendenza del giudizio in cui era controversa la reale consistenza del saldo; eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva con riferimento alle domande inerenti le segnalazioni effettuate da Società; inferiva l’intervenuta prescrizione quinquennale ed, in subordine, decennale, della pretesa risarcitoria vantata; nel merito, affermava la legittimità della segnalazione alla luce della situazione contingente in cui la medesima era stata effettuata e, segnatamente, dell’insolvenza evincibile dalla presenza di altre segnalazioni, anche precedenti, a nome del Consumatore; prospettava, in virtù di tale ultima circostanza, l’insussistenza di nesso causale tra la segnalazione in contestazione ed i pregiudizi prospettati, lamentando, comunque, la genericità ed esosità delle somme indicate; instava, pertanto, per il rigetto della domanda attorea, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese di lite.
Società srl, costituendosi con comparsa depositata in data 25.2.15 mediante la propria mandataria omissis, preliminarmente eccepiva: l’incompetenza per territorio del tribunale adito ex art. 152 d.lgs 196/03; l’improcedibilità della domanda di accertamento della responsabilità contrattuale, stante l’omesso esperimento del tentativo di mediazione; la propria carenza di legittimazione passiva; la nullità della citazione per mancata esplicitazione del requisito di cui all’ art. 163 n. 4 c.p.c.; l’intervenuta prescrizione quinquennale e decennale delle pretese vantate in via, rispettivamente, aquiliana e contrattuale; precisava di aver reiterato, nel 2005, la segnalazione, in ossequio alle obbligazioni assunte con il contratto di cessione, sino alla comunicazione da parte di Banca dell’esito del giudizio di accertamento del saldo, sollecitando ed ottenendo, in seguito, la cancellazione retroattiva della stessa; assumeva l’insussistenza dei danni, per come paventati, nonché di un nesso causale tra i medesimi e la propria condotta; instava per il rigetto delle domande articolate in citazione.
All’udienza del 15.2.16 il procuratore dell’attore depositava in giudizio la documentazione attestante l’esperimento del tentativo di mediazione; con ordinanza emessa in data 27.2.18 la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni; all’udienza tenutasi in data 10.9.18 i procuratori delle parti curavano detto incombente, sicché il giudizio veniva trattenuto in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
Preliminarmente, giovi osservare, in ordine all’eccezione di incompetenza per territorio, come nessuno degli elementi evincibili dalla documentazione versata agli atti del giudizio consenta di ritenere il contratto di conto corrente in relazione al cui saldo apparente è stata effettuata la segnalazione sia stato concluso dal Consumatore quale professionista; in ossequio all’opzione ermeneutica fatta propria dalla Suprema Corte “ il foro previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 150 del 2011, in materia di trattamento dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento, venga invocato nell’ambito di un rapporto di consumo, come tale soggetto al foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore ex art. 33, lettera u), d.lgs. n. 206 del 2005, quest’ultimo prevale, in quanto stabilisce una competenza esclusiva, alla luce delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore, sicché la competenza del tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, sancita dall’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2011, cede di fronte a quella del foro del consumatore, la cui specialità continua a prevalere sulla specialità della disposizione testé menzionata, la quale ha invero carattere meramente ricognitivo della disciplina già racchiusa nell’art. 152 d.lgs. n. 196 del 2003 (cfr. Cass. Civ. sent. n. 2687/16, n. 5705/14); conseguentemente, la suesposta contestazione non appare suscettibile di accoglimento.
Del pari, non risulta condivisibile il prospettato profilo di nullità della citazione, atteso che le argomentazioni svolte dall’attore consentono di ricondurre le pretese formulate nei confronti della cessionaria del credito all’alveo della responsabilità aquiliana, stante l’insussistenza di vincoli contrattuali tra le parti suddette.
Quanto all’eccezione di prescrizione, non può tacersi come, venendo astrattamente in considerazione un illecito permanente in essere sino alla data di cancellazione intervenuta nel 2014, potrebbero ritenersi estinti solo i diritti risarcitori in evento sorti ex art. 2050 c.c. ed ex art. 1218 c.c., rispettivamente, per il periodo antecedente al quinquennio ed al decennio rispetto alla notifica della citazione.
Ancora, non appare suscettibile di condivisione la contestazione inerente la carenza di legittimazione passiva, atteso che risulta documentata in atti l’esecuzione, ad opera di entrambe le convenute, di segnalazioni in prosecuzione rispetto alla presunta posizione debitorio del Consumatore – operazione dal medesimo ascritta, in citazione, alle parti suddette al fine di giustificarne l‘evocazione in giudizio.
Quanto al merito la pretesa, deve rilevarsi come le domande di ristoro del danno formulate dal Consumatore non appaiano meritevoli di accoglimento.
Ed invero, sia in ipotesi di responsabilità aquiliana, che di responsabilità contrattuale, il danneggiato è gravato dell’onere probatorio inerente l’esistenza e consistenza del pregiudizio patito ed il ricorrere di un nesso causale tra il medesimo e le condotte poste in essere dai soggetti cui addebita l’obbligazione risarcitoria.
Nel caso per cui è controversia, l’attore ha assunto che la presenza della segnalazione effettuata dalle convenute nonostante la pendenza del giudizio volto all’accertamento del saldo, incardinato nel 1998, avesse comportato la sua impossibilità di accedere al credito bancario, nonché il verificarsi di un pregiudizio alla propria “immagine”; sebbene non possa tacersi, in astratto, l’attitudine dell’indicazione di un credito in sofferenza a pregiudicare la reputazione di un soggetto, preme osservare come la rinvenibilità di una connessione eziologica nel caso concreto risulti preclusa in ossequio elementi evincibili dalla documentazione in atti.
In particolare, la visura emessa dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia attesta, alla pag. omissis la presenza di diverse segnalazioni a sofferenza effettuate già nel dicembre 1995 da omissis, antecedenti a quella in contestazione, scaturente dal conto corrente aperto presso omissis ed effettuata, come indicato in citazione, solo nell’ottobre 1997, da omissis, cessionaria del credito riferibile al rapporto suddetto; diverse segnalazioni, effettuate da Banca e omissis risultano reiterate anche dal giugno 2002 al novembre 2005, lasso di tempo in cui, sempre secondo la prospettazione attorea, Banca aveva reiterato la segnalazione relativa al credito suddetto, nonostante l’intervenuta contestazione in sede giudiziale del medesimo e sino al marzo 2007, quando detto incombente veniva curato dalla cessionaria Società.
Con riferimento a tali periodi, pertanto, quand’anche volesse ipotizzarsi un qualsivoglia profilo di responsabilità a capo delle convenute, non potrebbe ritenersi che la segnalazione inerente il rapporto instauratosi con omissis abbia potuto pregiudicare la reputazione del Consumatore, già gravata in precedenza dall’indicazione di altri cospicui debiti bancari insoluti.
Per il periodo successivo a tale data la visura attesta diversi periodi – da aprile 2007 al maggio 2012; da dicembre 2013 a maggio 2014 – in cui l’unica segnalazione a sofferenza in capo al Consumatore veniva effettuata da Società; l’attore, tuttavia, non ha adempiuto all’onere di allegazione prima che di prova del quale cui era gravato in ordine alla concreta incidenza della presenza di detta indicazione sui suoi tentativi di reperire risorse attraverso il circuito bancario, non potendosi ritenere i danni summenzionati sussistenti in re ipsa (cfr. ex plurimis Cass. civ. sent. n. 207/19, n. 8421/11): in alcun atto difensivo, neppure in sede di memorie ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., sono state menzionate, quanto al danno patrimoniale, la natura e la tempistica delle richieste di accensione di rapporti bancari ovvero di accesso al credito formulate, l’indicazione degli istituti destinatari delle medesime ed il tenore del rifiuto da costoro opposto.
Né può ritenersi sussistente, con riferimento ai suesposti periodi, un pregiudizio morale connesso allo svilimento della reputazione del Consumatore, in ragione dell’assoluta assenza di prova in ordine al verificarsi del medesimo (cfr. Cass. civ. sent. n. 1931/17, n. 4443/15); in particolare, neppure facendo ricorso a presunzioni semplici potrebbe ritenersi che la considerazione sociale in ordine all’affidabilità economica del medesimo, minata in ragione della decennale presenza delle pregresse segnalazioni, potesse variare in ragione della sola presenza della dizione “credito litigioso” per tali limitati lassi temporali. In ossequio alle notazioni che precedono, risulta ultronea ogni valutazione in ordine alla sussistenza di un inadempimento in capo a Banca e di profili di responsabilità ex art. 2050 c.c. in capo ad entrambe le convenute.
Le pretese giudizialmente azionate dal Consumatore in questa sede, pertanto, non possono trovare accoglimento; le spese di lite sostenute dalle convenute, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dell’attore.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lecce definitivamente pronunciando nel giudizio epigrafato, così provvede:
– Rigetta le domande formulate dall’attore;
– Condanna il Consumatore alla rifusione, in favore delle convenute, delle spese di lite che liquida:
- I) In favore di Banca, in € 2.500,00 per compensi del procuratore, da maggiorarsi di rsg, cap ed iva se dovuta;
- II) In favore di Banca, in € 2.500,00 per compensi del procuratore, da maggiorarsi di rsg, cap ed iva se dovuta.
Lecce, 22.2.19
Il giudice
(dott.ssa Francesca Caputo)
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