ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di giudizio di cassazione, ove il ricorrente abbia lamentato un travisamento della prova, solo l’informazione probatoria su un punto decisivo, acquisita e non valutata, mette in crisi irreversibile la struttura del percorso argomentativo del giudice di merito e fa escludere l’ipotesi contenuta nella censura; infatti, il travisamento della prova implica, non una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza, è contraddetta da uno specifico atto processuale.
È questo l’interessante principio sancito nella sentenza n. 10749 del 25 maggio 2015 dalla Sezione Prima della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Forte Rel. Genovese) che fa chiarezza sull’articolato tema processuale del travisamento della prova.
Il caso ha visto una società appaltatrice vedersi accogliere, in primo grado, la domanda di recesso dal contratto di appalto ai sensi dell’art. 1660, coma 2, cc. per violazione dell’obbligo di verifica della rispondenza del progetto rispetto all’effettiva situazione dello stato dei luoghi.
La Corte di Appello di Caltanissetta riformava tuttavia la sentenza, ritenendo che il giudice di primo grado aveva errato nell’accogliere la domanda di recesso ex art. 1660 cc, in quanto la CTU disposta nel corso dell’istruttoria processuale aveva chiarito che i luoghi di esecuzione delle opere e la misura delle fondazioni erano quelli indicati nella relazione geologica allegata al contratto ed al capitolato di appalto.
L’appaltatrice ha quindi proposto ricorso per cassazione per violazione dell’art. 1660 cc in relazione all’art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5, cpc, contestando la sussistenza di vizi motivazionali che avrebbero impedito al giudice d’appello di rilevare la contraddittorietà tra gli accertamenti svolti dal CTU rispetto a quelli posti a fondamento della decisione, consistenti nel contrasto tra le evidenze istruttorie e nel loro non completo esame, nonché nelle contraddizioni tra i dati documentali ed il loro apprezzamento giudiziale.
Nell’esaminare le doglianze formulate dalla ricorrente, la Cassazione ha ricondotto i motivi di gravame nell’ambito del tema del travisamento delle prove, illustrandone il significato e la portata.
A differenza di quanto avviene per il travisamento delle prove, il travisamento del fatto costituisce infatti motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 cpc e non di ricorso per cassazione, essendo incompatibile con il giudizio di legittimità, giacché esso implica la valutazione di un complesso di circostanze che comportano il rischio di una rivalutazione del fatto incensurabile in sede di legittimità.
Il travisamento della prova non determina invece una valutazione dei fatti, poiché l’esame si traduce in una constatazione o in un accertamento che l’informazione probatoria utilizzata ed apprezzata in sentenza è contraddetta da uno specifico atto processuale.
Con l’eccezione del vizio di travisamento delle prove, la Cassazione è pertanto chiamata ad esaminare l’atto processuale specificatamente indicato dal ricorrente al fine di accertare che l’informazione probatoria riportata ed utilizzata dal giudice per fondare la propria decisione sia diversa ed inconciliabile con quella contenuta nell’atto ovvero non esista affatto nell’atto da cui scaturirebbe la contraddittorietà tra il dato esistente in atti rispetto a quello preso in considerazione dal giudice, donde il ragionamento svolto in sede motivazionale sarebbe affetto da illogicità.
Nel richiamare propri costanti precedenti giurisprudenziali sul tema, la Cassazione ha inoltre chiarito che, al fine di poter validamente eccepire il vizio di travisamento, l’informazione probatoria risultante dalla prova travisata deve essere decisiva, perché deve essere capace da sola di portare il giudice del rinvio a rovesciare in tutto od in parte i contenuti della sua decisione, mettendo quindi in crisi il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.
Per poter verificare se la prova travisata conduca all’informazione probatoria trascurata, è inoltre indispensabile che il ricorrente metta il giudice di legittimità nella condizione di poter accertare l’esistenza del dato decisivo e per tale ragione è necessario che venga allegato l’atto in cui la prova è stata acquisita nel processo, così come previsto in forza dell’onere di specifica indicazione di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cpc.
Nel caso di specie, il documento probatorio rilevante sarebbe stato costituito dalla relazione del CTU le cui conclusioni, seppur fatte proprie dal giudice d’appello, sarebbero state difformi rispetto a quelle esposte nella sentenza oggetto di impugnazione.
Per il giudice di legittimità i dati e le informazioni probatorie contenute nella CTU non si sarebbero tuttavia rilevate come decisive ai fini dell’accoglimento delle censure sollevate dal ricorrente.
Per tale ragione la Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi di doglianza formulati dal ricorrente, per mancanza dei presupposti che configurano il vizio di travisamento delle prove.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 12/2015