La banca è responsabile per il danno economico subito dai clienti, che hanno acquistato i diamanti in filiale e va condannata al risarcimento. La fonte della responsabilità della banca va individuata nel rapporto che è intercorso con i clienti per l’acquisto dei diamanti e per aver, col suo comportamento, tradito l’affidamento in un dovere di diligenza gravante su di esso, in virtù delle sue specifiche competenze professionali.
Questo il principio affermato dal Tribunale di Verona, Giudice Massimo Vaccari, con l’ordinanza emessa il 23.05.2019.
La vicenda in esame, che ha avuto una ribalta mediatica notevole per il coinvolgimento di diversi personaggi famosi vittime della truffa, muove dalle contestazioni mosse dal cliente di aver ricevuto dalla società venditrice, fallita nel corso del giudizio, e dalla banca informazioni ingannevoli, o comunque fuorvianti, e parziali sul prezzo dei diamanti, su alcune rilevanti caratteristiche dell’operazione di acquisto e sulla sua convenienza economica.
Il Giudice, dato atto delle precedenti pronunce dell’Antitrust e del TAR Lazio, ha messo in rilievo, con un inciso condivisibile, il difetto di informazione circa le varie componenti del prezzo di acquisto dei diamanti. Il cliente era del tutto ignaro che il costo complessivo comprendesse solo in minima parte il valore reale della pietra e fosse gravato, invece, da una pluralità di oneri accessori: ciò, anche per effetto della pubblicazione da parte della società, sui quotidiani economici e sul materiale promozionale, delle “quotazioni”, che non erano altro che i prezzi di acquisto dei diamanti decisi dalla stessa società venditrice, secondo le proprie convenienze commerciali.
Acclarate le responsabilità della società venditrice, il Tribunale ha respinto la contestazione mossa dalla banca, la quale ha affermato di essersi limitata a svolgere una funzione di segnalazione alla società dell’interesse manifestato dal cliente per l’acquisto di diamanti, e quindi a porre la prima in contatto con quest’ultima per ogni questione inerente l’eventuale definizione dell’operazione. Il Giudice ha infatti ritenuto che l’istituto di credito sia stato più di un semplice intermediario, ricoprendo un ruolo promozionale di rilievo della vendita dei diamanti.
L’ordinanza, infatti, sottolinea come la banca avesse “un fortissimo interesse economico alla conclusione dei contratti di acquisto dei diamanti poiché da ciascuna transazione ricavava una consistente provvigione” e che, inoltre, “si prefiggesse, a mezzo dell’accordo con la società, di conseguire da quella attività un aumento delle vendite di servizi bancari aggiuntivi”. E’ proprio per perseguire tali interessi che la banca non si limitava al ruolo di segnalatrice, ma sollecitava effettivamente l’interesse del cliente, proponendo quel tipo di investimento. Il coinvolgimento dell’istituto di credito è stato ritenuto essenziale per favorire la conclusione delle vendite dei diamanti perché, non solo la rete bancaria costituiva il principale canale della società venditrice, ma perché esso valeva a conferire affidabilità a tale attività, data la fiducia che i clienti riponevano nella banca in virtù del rapporto preesistente con essa.
Per questo, emerge la responsabilità dell’istituto di credito, sotto il profilo dell’incolpevole affidamento del cliente, che si era determinato ad effettuare l’investimento. Sulla banca gravava quindi un dovere di diligenza, in virtù delle sue specifiche competenze professionali.
Pertanto, l’istituto di credito è stato condannato a risarcire il danno subito dal cliente, mentre le domande di risoluzione e di annullamento del contratto di compravendita dei diamanti sono state rigettate.
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