In un’operazione di acquisto di diamanti a scopo di investimento, la banca che si limiti a svolgere un’attività di segnalazione alla cliente, a seguito di suo interessamento, della possibilità di acquistare le pietre presso un venditore terzo, anche mettendo a disposizione il materiale informativo di quest’ultimo, non svolge alcun ruolo di promozione o comunque di proposizione dell’investimento e pertanto non può essere chiamata a rispondere del danno derivante dal riscontrato minor valore intrinseco dei preziosi.
Neppure può ritenersi idonea a dare prova del ruolo e del coinvolgimento dell’istituto, da cui far derivare un affidamento qualificato sulla veridicità e correttezza delle condizioni riportate, la produzione di articoli di stampa o il generico richiamo a quanto emerso in altra sede processuale, mentre è inammissibile, in quanto esplorativa, la richiesta di ordine di esibizione delle circolari interne dell’istituto laddove genericamente richiamate.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Bologna, in persona del Giudice dott. Pietro Iovino con l’ordinanza del 16.07.2020, che si pone nel solco di una sempre più consolidata giurisprudenza sul coinvolgimento della banca nelle operazioni di vendita di diamanti a scopo di investimento, alla quale si è dato ampio spazio sulle pagine “web” di questa Rivista.
La vicenda processuale è quella “tipica” del cliente che conveniva in giudizio un istituto di credito per sentire accertare e dichiarare la responsabilità dello stesso, ex art. 1175 e/o 1218 c.c., per aver tenuto una condotta ingannevole, fuorviante e pregiudizievole durante le trattative precontrattuali e durante il perfezionamento del contratto di acquisto di diamanti concluso con una società venditrice terza, nelle more fallita.
Da un noto programma televisivo, infatti, la ricorrente aveva appreso delle criticità in merito alla vendita dei diamanti da investimento attraverso il canale bancario – in particolare con riferimento al reale valore delle pietre collocate dalla società venditrice – criticità che avevano, poi, portato all’adozione, da parte dell’AGCOM, di provvedimenti sanzionatori nei confronti delle società venditrici e degli istituti di credito.
La Banca si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva e l’improcedibilità della domanda di risarcimento in quanto avente ad oggetto un danno meramente potenziale. Nel merito, chiedeva il rigetto delle domande avversarie in quanto infondate in fatto e in diritto.
Il Giudice, nell’analizzare il merito della controversia, ha sottolineato come la principale doglianza della ricorrente riguardasse le presunte informazioni ingannevoli ed omissive fornitele dalla funzionaria della banca che avrebbero fatto sorgere in capo alla cliente un affidamento sulla correttezza e veridicità delle condizioni indicate ed elencate nel materiale divulgativo.
L’istituto resistente, dal canto suo, aveva respinto ogni addebito, sostenendo di non aver svolto alcun ruolo di promozione o comunque di proposizione dell’investimento, essendosi limitato a svolgere un’attività di segnalazione alla cliente, a seguito di suo interessamento, della possibilità di acquistare diamanti da una società venditrice.
Accogliendo la tesi dell’istituto, il Tribunale ha rappresentato che, dagli atti, non risultava in alcun modo emergere un’attività di promozione o comunque di proposizione dell’investimento da parte dell’istituto per il tramite dei suoi funzionari così come sostenuto da parte ricorrente che si era, infatti, limitata a prospettare la circostanza della proposta di acquisto da parte della funzionaria della banca senza nulla ulteriormente specificare su come, quando e con quali modalità detta proposizione si sarebbe estrinsecata e senza articolare alcun mezzo istruttorio al riguardo.
D’altronde, il giudicante ha anche specificato che non poteva costituire prova alcuna del ruolo e del coinvolgimento dell’istituto, da cui far derivare un affidamento qualificato sulla veridicità e correttezza delle condizioni riportate, la produzione di articoli di stampa, il generico richiamo a quanto emerso in altra sede processuale o il generico riferimento alle circolari dell’istituto.
Con particolare riferimento a queste ultime, il Tribunale ha dichiarato inammissibile, in quanto esplorativa, la richiesta di ordine di esibizione, in quanto la ricorrente neppure aveva specificamente individuato i documenti da esibire.
La ricorrente si era limitata, peraltro, a riportare le risultanze emerse in via generale a carico degli istituti di credito coinvolti dal provvedimento sanzionatorio dell’AGCOM – senza peraltro indicarne o citarne espressamente le parti di rilievo – senza che fosse dato comprendere pienamente se questo corrispondesse anche all’inadempimento in concreto attribuito alla Banca resistente (per il Tribunale, «non è chiaro, ad esempio, se la funzionaria in questione, abbia anche mostrato alla ricorrente i grafici sull’andamento dei prezzi di vendita presentati come “quotazioni” poste a confronto con indici ufficiali e quotazioni stabilite in mercati regolamentati»).
A tal uopo il giudice emiliano ha ben chiarito che i richiamati provvedimenti dell’AGCOM non sono ancora divenuti definitivi, pendendo, avanti al Consiglio di Stato, il giudizio di impugnazione delle sentenza confermative di essi, emesse dal Tar del Lazio. Inoltre – come adeguatamente sostenuto dalla difesa dell’istituto – non poteva ritenersi sufficiente la produzione del provvedimento e la deduzione generica di pratiche commerciali scorrette, mentre nel caso di specie tutte le informazioni sulle caratteristiche dei diamanti acquistati erano state elaborate dalla società venditrice senza alcun apporto da parte della Banca, e quindi senza alcuna sua responsabilità con riferimento al loro contenuto.
Dall’esame dei fatti, come emersi dall’istruttoria, il Tribunale ha escluso la sussistenza di elementi atti a contraddire quanto desumibile dalla documentazione prodotta da parte resistente a sostegno dell’esclusione di una qualunque forma di promozione o proposizione dell’investimento da parte della banca.
Ed invero:
- La Convenzione sottoscritta con la società venditrice dei diamanti prevedeva che la Banca fosse tenuta a mettere a disposizione della clientela il materiale divulgativo redatto dalla prima, in caso di manifestazione di interesse da parte della clientela e doveva altresì astenersi dal fornire informazioni specifiche sul prodotto offerto, indirizzando i clienti interessati alla venditrice;
- Nelle condizioni generali di contratto sottoscritte dalla cliente, era previsto che “il proponente si dichiara edotto che informazioni più approfondite in ordine all’acquisto potranno essere richieste solo a[lla società venditrice]”, clausola dalla quale, in assenza di elementi di segno contrario, emergeva come la ricorrente fosse stata informata del ruolo assunto dalla banca soprattutto dal punto di vista informativo, con esclusione, quindi, di un’ipotesi di affidamento qualificato al contrario dalla stessa invocato.
A margine, il Tribunale non ha mancato di notare come la ricorrente non avesse fornito alcuna prova del danno effettivamente subito – risultando, quindi, esplorativa la richiesta di CTU estimativa – posto che la doglianza circa il ridotto valore intrinseco del diamante era stata formulata senza che vi fosse stato alcun diretto esame della pietra, allo stato non ancora nel possesso della ricorrente, ma solo sulla base di quanto riportato nei listini pubblici nonché delle risultanze finali dell’istruttoria svolta dall’AGCOM in relazione alle caratteristiche solo dichiarate dalla società venditrice con l’atto di acquisto, con un metodo di calcolo “alquanto generico”.
Data tale genericità, per il giudice «Nulla esclude, infatti, che il valore concreto della pietra possa corrispondere o essere congruente, a/con il prezzo di acquisto, ovvero ad un suo mutato valore nel corso del tempo intercorrente tra l’acquisto e quello della domanda».
Ne è disceso il rigetto integrale della domanda, con condanna del cliente al pagamento delle spese processuali in favore dell’istituto di credito convenuto.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
“TRUFFA DIAMANTI”: LA BANCA NON PUÒ RISPONDERE COME “INTERMEDIARIO FINANZIARIO”
VIENE IN RILIEVO LO STATO SOGGETTIVO DEL DOLO, CHE DEVE ESSERE PROPRIO DI COLUI CHE HA DETERMINATO L’ACQUISTO
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Claudio Antonio Tranquillo | 29.10.2019 | n.9850
TRUFFA DEI DIAMANTI: LA BANCA È RESPONSABILE DEL DANNO SUBITO DAL CLIENTE E DEVE RISARCIRLO
SULLA BANCA GRAVAVA UN DOVERE DI DILIGENZA, IN VIRTÙ DELLE SUE SPECIFICHE COMPETENZE PROFESSIONALI
Ordinanza | Tribunale di Verona, Giudice Massimo Vaccari | 23.05.2019 |
VENDITA DI DIAMANTI: INAPPLICABILITÀ DEL TUF PERCHÉ NON RICONDUCIBILE NÉ AGLI STRUMENTI NÉ AI PRODOTTI FINANZIARI
TALE OPERAZIONE NON COSTITUISCE ATTIVITÀ BANCARIA O FINANZIARIA
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Giacomo Cicciò | 21.01.2019 |
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