ISSN 2385-1376
Testo massima
Ciò che caratterizza in generale il trust, secondo la definizione dell’art. 2 della Convenzione Aja 1985, è lo scopo di costituire una separazione patrimoniale in vista del soddisfacimento di un interesse del beneficiario o del perseguimento di un fine dato. I beni vengono separati dal restante patrimonio ed intestati ad altro soggetto, senza confluire nel patrimonio di quest’ultimo.
Se il presupposto insito nella stessa natura dell’istituto è che il disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, tale condizione va ritenuta imprescindibile, con la conseguenza che, nel caso in cui la perdita del controllo dei beni da parte del disponente si riveli solo apparente, il trust è nullo e, come tale, non produce l’effetto segregativo tipico.
In questo caso, l’interesse in concreto perseguito attraverso la costituzione del trust, non è meritevole di tutela da parte dell’ordinamento interno, essendo la sua funzione diretta a ledere l’interesse dei creditori alla conservazione della responsabilità patrimoniale del debitore.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Monza, dott. Mirko Buratti, con la sentenza n.1425, depositata in data 13.05.2015.
La decisione in commento trae origine da un’opposizione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., o in via subordinata, dell’art. 615 c.p.c., proposta dal debitore esecutato, in proprio ed in qualità di trustee, contro un’iscrizione ipotecaria effettuata dall’Agente per la riscossione.
Il trustee affermava che l’ipoteca fosse stata iscritta su di un immobile di sua proprietà confluito in un Trust istituito nel 2008 per la tutela patrimoniale della sua famiglia. L’opponente, dunque, sosteneva che l’iscrizione ipotecaria fosse illegittima in quanto effettuata su un bene di proprietà di terzo, cioè del trustee, rilevando, in particolare, che seppur trattandosi di trust autodichiarato, il bene oggetto della contesa fosse comunque inserito in un patrimonio separato non aggredibile da terzi.
L’agente per la riscossione eccepiva in primo luogo la carenza di giurisdizione in relazione all’ipoteca iscritta, in secondo luogo, affermava che la costituzione del trust fosse diretta a sottrarre le garanzie del credito, con conseguente inopponibilità all’esattoria.
Il giudice brianzolo, chiarito che l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 DPR n. 602/1973, non costituisca atto di esecuzione forzata, non derivando pertanto da essa un danno attuale che giustifichi l’interesse ad agire dell’opponente, scaturendo tale danno solo dall’avvio, dalla prosecuzione e dalla conclusione dell’attività espropriativa, ha poi svolto dettagliate considerazioni circa il trust oggetto di causa.
Anzitutto, il Tribunale ha chiarito che lo schema tipico di segregazione patrimoniale dell’istituto del Trust, riconosciuto in Italia con la legge n. 364/1989, che ha reso esecutiva la convenzione dell’Aja del 1985, “si inserisce nell’ambito della più vasta categoria dei negozi fiduciari: un soggetto viene incaricato di svolgere un’attività per conto e nell’interesse di un altro. Tuttavia, il programma di segregazione corrisponde solo allo schema astrattamente previsto dalla Convenzione, laddove il programma concreto non può che risultare sulla base del singolo regolamento di interessi attuato, che individua la causa concreta del negozio“.
Scopo dell’istituto del Trust, secondo le norme della suddetta convenzione, come ribadito con il provvedimento in commento, è dunque quello di costituire una separazione patrimoniale in vista del soddisfacimento di un interesse del beneficiario o del perseguimento di un determinato fine. I beni vengono separati dal restante patrimonio ed intestati ad altro soggetto, senza confluire nel patrimonio di quest’ultimo.
In altre parole, elemento essenziale dell’istituto de quo è l’esclusione del bene dalla sfera giuridico – patrimoniale del disponente, il quale conserva sullo stesso bene solo alcuni diritti o facoltà.
Orbene, il giudice dell’opposizione, delineato l’istituto del Trust sotto il profilo delle norme diritto privato internazionale, continuando il vaglio di validità delle sopradette norme straniere, ha operato un raffronto in ordine agli interessi giuridici sottesi al Trust con le norme inderogabili e di ordine pubblico nella specifica materia ed in particolare con l’art. 2645 ter c.c..
Tale norma, è bene ricordare, ha introdotto nel nostro ordinamento una figura generale di negozio di destinazione che presenta non pochi punti di contatto con l’istituto del Trust.
In particolare, la disposizione consente la trascrivibilità di atti (pubblici) con cui beni immobili o beni mobili registrati sono “destinati” alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
La meritevolezza di interessi cui fa riferimento l’articolo 2645 ter c.c., ha affermato il giudice adito, va identificata nell’idoneità del programma negoziale al raggiungimento di uno scopo lecito, che non sia altrimenti raggiungibile dalle parti nell’espletamento della loro autonomia negoziale mediante l’utilizzo di strumenti tipici, ancorché composti o collegati.
Dunque, per il legislatore italiano, elemento essenziale del vincolo nascente dagli atti disposizione di un bene è l’esclusione dello stesso dalla sfera giuridico – patrimoniale del disponente, subordinato alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento interno.
Il giudice dell’opposizione, in ragione di quanto disposto dall’art. 2645 ter c.c. e dalle norme sul Trust di cui alla convenzione dell’Aja, non ravvisando nell’operato del debitore alcun comportamento meritevole di tutela, ha rigettato l’opposizione.
Invero, il Giudice ha appurato che nella fattispecie in esame non si fosse prodotto alcun effetto traslativo, avendo il disponente, nel regolamentare i propri interessi con effetti assimilabili a quelli di un fondo patrimoniale (nella fattispecie, peraltro, già costituito per il medesimo bene), impresso, come effetto immediato e diretto, vincoli temporanei al libero esercizio dei propri stessi diritti sui beni immobili in oggetto.
L’effetto immediato e diretto della previsione del vincolo di destinazione si è prodotto nella sfera giuridica del trustee, che è rimasto proprietario dei beni e che, in forza del vincolo su di essi impresso, è riuscito a conseguire l’effetto voluto: il piano causale viene, di fatto, a coincidere con tale effetto, in quanto il programma negoziale realizza in concreto la mera segregazione del bene.
Tale situazione di mera apparenza è causa di radicale nullità (inesistenza) del Trust, dal momento che l’interesse in concreto perseguito attraverso la sua costituzione non è meritevole di tutela da parte dell’ordinamento interno, essendo la sua funzione diretta a ledere l’interesse dei creditori alla conservazione della responsabilità patrimoniale del debitore.
Dunque, non essendo rilevabile alcuna efficacia del Trust nei confronti della agente della riscossione, il giudice monzese ha rigettato l’opposizione proposta dal trustee, dichiarando l’inesistenza di qualsivoglia vincolo sul bene e condannando l’opponente alle spese di giustizia.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 371/2015