ISSN 2385-1376
Testo massima
La scelta di un’indagine comparatistica tra negozio fiduciario e trust è dettata, oltre che da finalità dottrinali, anche da esigenze di ordine pratico. Suddetta indagine, infatti, non soltanto mira a evidenziare le analogie e le differenze intercorrenti tra i due predetti istituti, con particolare riguardo alle posizioni giuridiche facenti capo ai soggetti coinvolti nel rapporto, ma è anche prodromica e strumentale all’analisi della questione relativa all’ammissibilità del trust entro l’ordinamento giuridico italiano.
Il metodo d’indagine adottato si compone di due momenti, distinti ma consequenziali; dapprima ha luogo l’analisi del negozio fiduciario e del trust, analisi separatamente condotta per ciascuno dei due predetti istituti e comprensiva, peraltro, di un’indagine storica diretta a ripercorrere l’origine e l’evoluzione del singolo istituto preso in esame, con particolare riguardo alla tradizione giuridica cui esso appartiene. In un secondo momento, poste in tal modo le premesse per una riflessione comparatistica, vengono enucleate le differenze nonché le analogie ravvisabili tra negozio fiduciario e trust.
Per primo è stato preso in considerazione il negozio fiduciario; innanzitutto ne è stata ripercorsa l’evoluzione storica, facendo particolare riferimento al rilievo e alla valenza assunti dal fenomeno fiduciario nel diritto romano e nel diritto germanico.
Con riguardo all’attuale ordinamento italiano, è stata affrontata la questione, assai controversa in dottrina, relativa all’ammissibilità del negozio fiduciario. Successivamente sono state prese in esame e fatte oggetto di critica le classificazioni, di elaborazione dottrinale, riguardanti il negozio fiduciario: sotto il profilo funzionale, la bipartizione tra fiducia cum amico e fiducia cum creditore, portatrice della pretesa di rendere esaurientemente ragione delle finalità concretamente perseguite dai privati attraverso il fenomeno fiduciario; dal punto di vista strutturale, la schematizzazione dualistica tra fiducia di tipo romanistico e fiducia di tipo germanico, entro la quale la Pandettistica tedesca ha costretto la pluralità dei modelli di negozio fiduciario riscontrabili nel corso della millenaria esperienza giuridica continentale.
Completata l’indagine relativa al negozio fiduciario, è stata intrapresa l’analisi del trust, manifestazione del fenomeno fiduciaria tipica dei sistemi giuridici di common law. Il trust è infatti il prodotto dell’esperienza giuridica inglese e precisamente rappresenta la creazione più significativa dell’equity, peculiare fonte del diritto inglese, originariamente amministrata dalla Court of Chancery, cioè dalla Corte del Cancelliere.
Attraverso la costituzione del trust, si realizza la compresenza sulla trust property, cioè sui beni oggetto del trust, di due distinte e concorrenti situazioni soggettive reali: l’una denominata equitable estate, facente capo al beneficiario e riconosciuta e tutelata dall’equity, l’altra denominata legal estate, facente capo al trustee, cioè all’affidatario, e riconosciuta e tutelata dalla common law; il trust è quindi caratterizzato dal fenomeno dello sdoppiamento della proprietà, che si realizza dissociando le due facoltà che costituiscono il normale contenuto di tale diritto, cioè la facoltà di disposizione e la facoltà di godimento, ed attribuendo la prima al trustee e la seconda al beneficiario.
Mentre con riguardo al trustee è stata approfondita la natura della situazione giuridica a lui conferita, relativamente al beneficiario sono stati esaminati gli strumenti di tutela a lui accordati nell’ipotesi di indebita alienazione dei beni oggetto del trust.
Sono state in tal modo poste le premesse per una riflessione comparatistica: da questa è emerso che il trust e il negozio fiduciario, pur costituendo entrambi manifestazione del fenomeno fiduciario nell’ambito, rispettivamente, degli ordinamenti appartenenti all’area di common law e degli ordinamenti appartenenti all’area di civil law, presentano notevoli differenze, attinenti alla natura della tutela accordata al beneficiario e al fiduciante, all’aggredibilità dei beni affidati da parte dei creditori personali del trustee o del fiduciario e, infine, alla sorte cui i predetti beni sono soggetti in caso di fallimento dell’uno o dell’altro; tali differenze trovano la loro ragion d’essere nel fatto che il trustee è titolare di una situazione giuridica ben diversa da quella di cui è titolare il fiduciario.
In conclusione è stata oggetto di analisi la Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 concernente la legge applicabile ai trusts ed il loro riconoscimento, diretta non soltanto a fissare norme internazionalprivatistiche certe ed uniformi, idonee a consentire la più agevole individuazione della legge applicabile al trust internazionale, ma anche a favorire e promuovere la diffusione del trust all’interno degli Stati contraenti il cui ordinamento non contempla tale istituto. In tale contesto è stata affrontata, alla luce dell’art. 13 della Convenzione, la questione relativa all’ammissibilità nell’ordinamento italiano del trust interno, cioè del trust che, seppur regolato dalla legge di uno Stato che conosce tale istituto, presenta, sotto ogni altro profilo, punti di contatto con il nostro ordinamento.
Testo del provvedimento
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