ISSN 2385-1376
Testo massima
“E’ valida la notificazione del decreto di convocazione e del ricorso per l’udienza prefallimentare al cittadino italiano residente all’estero, qualora eseguita presso la sede della ditta individuale dello stesso, come risultante dalla visura camerale, situata in Italia, ove ritenuta dal Giudice del merito quale domicilio della parte, sulla base di accertamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, è sottratto al controllo di legittimità”.
E’ questo il principio di diritto statutito dalla Corte di Cassazione – sezione I civile – con la sentenza 25 settembre 2013 n. 21896, con la quale è stato rigettato il ricorso del titolare di una ditta individuale contro la decisione dichiarativa del fallimento pronunciata nei propri confronti, ed è stato affrontato il problema delle notificazioni da effettuarsi al cittadino italiano residente all’estero presso la sede della ditta individuale a lui intestata.
Motivo di doglianza avanzato dal ricorrente, imprenditore italiano residente all’estero, l’irritualità della notifica del piego contenente la sua convocazione per l’udienza prefallimentare, avvenuto presso la sede della sua ditta individuale, sita in Italia. Secondo il ricorrente, “la sede dell’impresa, risultante dalla visura camerale, non equivale a domicilio dell’imprenditore, in assenza della prova di una vera e propria elezione di domicilio, e stante la sua residenza all’estero”.
Il ricorrente, pertanto, ha eccepito la nullità della notificazione eseguita presso il suo domicilio, “per il mancato rispetto dell’ordine tassativo dei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c.”, facendo rilevare, al riguardo, la circostanza per cui era nota la propria residenza.
In vero, già il Giudice dell’appello aveva rigettato il ricorso proposto dall’imprenditore, allorché rilevava che la notifica era stata eseguita in un luogo riferibile al soggetto interessato, ossia presso la sede della ditta a lui intestata e dove, peraltro, lo stesso si recava abitualmente così come confermato dall’ istruttoria. Non può pertanto, ritenersi mancata la notificazione, per la sola residenza della parte in Austria; non essendo peraltro- mai cessata l’attività dell’impresa prima del fallimento e considerando che nella stessa egli si recava abitualmente.
Nello stesso senso è intervenuta la Cassazione con la pronuncia in oggetto, nella quale si legge che: “Nell’interpretazione dell’art. 139 c.p.c. e nel sistema delle notificazioni, (
) le risultanze anagrafiche rivestono solo un valore presuntivo all’abituale effettiva dimora, che è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le dette risultanze (con ciò conformadosi ai precedenti indirizzi della suprema Corte tra cui la recente pronuncia Cass. Civ. sezione terza del 14/05/2013 n. 11550 già oggetto di approfondimento della rivista); (
) e che ai sensi dell’art. 142 c.p.c la notificazione all’estero è ammessa solo nel caso in cui la parte non abbia “residenza”, dimora o domicilio nello Stato; pertanto, nell’interpretazione sistematica delle due norme citate e nel rispetto del principio di effettività della notifica, può essere ritenuta corretta la valorizzazione del “domicilio” del notificando in Italia, che costituisce quel collegamento rilevante del notificando con il luogo, sito in Italia, idoneo a far ritenere valida la notificazione ivi eseguita a mezzo posta”.
Quanto poi, al motivo del mancato rispetto dell’ordine tassativo dei luoghi presso i quali eseguire la notificazione, ex art. 139 c.p.c., causa a detta del ricorrente – della nullità della notificazione de quo, la Cassazione, ha precisato che ai fini dell’applicazione dell’art. 139 c.p.c. non può valere la residenza del notificando all’estero, posto che la norma disciplina la notificazione da eseguirsi in Italia, sicché tale elemento di estraneità non consente l’applicazione della norma citata al caso di specie.
Di qui l’enunciazione del principio di diritto per cui “E’ valida la notificazione del decreto di convocazione e del ricorso per l’udienza prefallimentare al cittadino italiano residente all’estero, qualora eseguita presso la sede della ditta individuale dello stesso, come risultante dalla visura camerale, situata in Italia, ove ritenuta dal Giudice del merito quale domicilio della parte, sulla base di accertamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, è sottratto al controllo di legittimità” ed il seguente rigetto del ricorso con condanna alle spese della parte ricorrente.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Sentenza
Sul ricorso 30640-2007 proposto da TIZIO;
– ricorrente
contro
BANCA ALFA, in persona del Direttore Generale pro tempore;
– contro ricorrente
Contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DI GIALLO – ROSSO DI TIZIO;
– intimata
avverso la sentenza n. 456/2007 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 29/06/2007;
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza depositata in data 28 agosto 2007, ha respinto l’appello proposto da TIZIO, avverso la sentenza del Tribunale di Tolmezzo del 7/2/2003, dichiarativa del fallimento della parte, quale imprenditore individuale.
La Corte del merito ha respinto il primo motivo, col quale la parte aveva censurato la pronuncia del Tribunale, per avere affermato che l’agente postale aveva attestato, nell’avviso di ricevimento del piego contenente la convocazione di GIALLO – ROSSO DI TIZIO in sede prefallimentare, di avere spedito successiva comunicazione dell’avvenuto deposito in posta del piego medesimo, rilevando che il (
) aveva individuato il piego contenente la comunicazione in oggetto in quello contrassegnato col n. XX, nell’elenco dei plichi raccomandati spediti tra il 1/11/02 ed il 7/2/03, trasmesso al Tribunale di Tolmezzo con nota del 25/1/05 dell’ufficio postale di (
), spedito da tale luogo l’11/12/02 e restituito per compiuta giacenza il 23/12/2012; che invece il piego andava individuato in quello precedente, n. YY, spedito da Tolmezzo il 10/12/2002, ivi essendo l’ufficiale giudiziario notificatore, e restituito per compiuta giacenza il 23/12/02; che quindi il piego indicato dal Marcon era proprio quello contenente l’avviso di deposito in posta, alla stregua della sigla CAD, della provenienza da (
) e non da Tolmezzo, e dalla data, successiva a quella della notifica del piego con la convocazione, spedito da Tolmezzo il 10/12/02.
La Corte ha respinto il secondo motivo, atteso che era pacifico e risultava dalla visura camerale che la sede dell’impresa e quindi il domicilio di Tizio era in (
) fraz. (
), dove la parte di recava abitualmente, come confermato in istruttoria: la notifica era stata eseguita pertanto in luogo riferibile al Marcon, né poteva ritenersi mancata la notificazione per la sola residenza della parte in Austria; né era mai cessata l’attività dell’impresa di Tizio prima del fallimento, come risultava dalla visura camerale in atti, e nella sede dell’impresa si doveva ritenere che si recasse abitualmente la parte, coe del resto riferito dai testi.
Avverso detta pronuncia ricorre Tizio, sulla base di quattro motivi.
Si difende con controricorso la sola Banca.
Il fallimento non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1.1.Col primo motivo, la parte denuncia il vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere la Corte del merito prestato attenzione solo alle risultanze del registro delle raccomandate e non alla testimonianza di (
) che ha dichiarato di aver lasciato nella cassetta solo la posta ordinaria, né, in tali condizioni, si potrebbe ritenere raggiunta la prova certa che le raccomandate sub 15) e 16) portino l’atto di convocazione.
1.2.Col secondo mezzo, Tizio denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt- 2697 e 2729 c.c.
Il ricorrente osserva che il registro delle raccomandate porta più invii di atti giudiziari e Cad e solo quelle sub 2) e 3) sono indirizzate a (
), mentre quelle sub 15) e 16) sono indirizzate ad (
).
1.3.Col terzo mezzo, la parte denuncia il difetto di motivazione, omessa, insufficiente o contraddittoria, in relazione alla nozione di domicilio ed alla relativa prova.
Secondo il ricorrente, la sede dell’impresa, risultante dalla visura camerale non equivale a domicilio dell’impenditore, in assenza della prova di una vera e propria elezione di domicilio e, stante la residenza all’estero.
1.4.Col quarto mezzo, TIZIO denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., per il mancato rispetto dell’ordine tassativo stabilito dalla norma, da cui consegue la nullità della notifica nel domicilio, nel caso risulti la residenza, come nella specie.
2.1. Il primo motivo è infondato.
Va a riguardo osservato che la Corte d’appello è pervenuta al convincimento dell’invio della successiva comunicazione dell’avvenuto deposito del piego presso l’ufficio postale, considerando l’elenco delle raccomandate trasmesso dall’ufficio postale di (
), avuto riguardo ai dati inconfutabili della sigla CAD (Comunicazione Atto Depositato), della provenienza e della data.
A riguardo, premesso che la parte non potrebbe censurare la scelta del Giudice del merito di basare il proprio convincimento fanno riferimento del tutto generico ( e nuovo) “alla sede delle sue attività”.
2.4. Il quarto motivo va respinto.
Il ricorrente prospetta il mancato rispetto dell’ordine tassativo dei luoghi presso i quali eseguire la notificazione, ex art.139 c.p.c., facendo valere la circostanza che era nota la propria residenza, da cui la nullità della notificazione eseguita presso il domicilio, e richiama l’orientamento secondo il quale, posto che l’ordine dei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c. primo e sesto comma, per la notifica se non possibile in mani proprie, ai sensi dell’art. 138 c.p.c. è in successione preferenziale, soltanto se la residenza e il domicilio del destinatario sono nello stesso luogo la notifica può effettuarsi alternativamente nell’uno o nell’altro; se invece i rispettivi luoghi sono diversi, la notifica nel domicilio è nulla, se la residenza non è ignota (così le pronunce 14338/2013, 1753/05, 5945/97).
Detta interpretazione non è nel caso sostenibile, per l’immediato rilievo che, ai fini dell’applicazione dell’art. 139 c.p.c., non può valere la residenza del notificando all’estero, posto che la norma disciplina la notificazione da eseguirsi in Italia, sicché tale elemento di estraneità non consente l’applicazione diretta della norma.
Ciò posto, va osservato che, nell’interpretazione dell’art. 139 c.p.c. e nel sistema delle notificazioni, è costante l’affermazione secondo cui le risultanze anagrafiche rivestono solo un valore presuntivo in relazione all’abituale effettiva dimora, che p accettabile con ogni mezzo di prova, anche contro le dette risultanze (così, tra le tante, le pronunce 11550/2013, 19132/04, 11562/03, 11562/03); a fronte di take principio di fondo, va rilevato che l’art. 142 c.p.c. prevede la notificazione all’estero solo nel caso in cui la parte non abbia “residenza, dimora o domicilio nello Stato“; nell’interpretazione sistematica delle due norme citate e nel rispetto del principio di effettività della notifica, può essere pertanto ritenuta corretta la valorizzazione del “domicilio” del notificando in Italia, che costituisce quel collegamento rilevante del notificando con il luogo, sito in Italia, idoneo a far ritenere valida la notificazione ivi eseguita a mezzo posta.
Conclusivamente, deve ritenersi correttamente intesa dalla Corte del merito la validità della notificazione in oggetto, sulla base del seguente principio di diritto: “E’ valida la notificazione del decreto di convocazione e del ricorso per l’udienza prefallimentare al cittadino italiano residente all’estero, qualora eseguita presso la sede della ditta individuale dello stesso, come risultante dalla visura camerale, situata in Italia, ove ritenuta dal Giudice del merito quale domicilio della parte, sulla base di accertamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, è sottratto al controllo di legittimità”.
3.1. Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate per compenso in euro 3500,00 oltre 200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.
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