Su questa stessa rivista abbiamo già svolto un primo commento alla Legge n. 124/17 (Legge sulla concorrenza) ad oggetto il contratto di locazione finanziaria (leasing) .
Abbiamo chiuso l’articolo anticipando che molto sarebbe stato ancora scritto sull’argomento, visto che dalla lettura ancora più attenta delle norme in esame, emergono senz’altro ulteriori considerazioni e riflessioni di utilità per gli addetti ai lavori:
1) Il comma 137 dell’art. 1 lella Legge, ad esempio, dà una definizione di grave inadempimento dell’utilizzatore che, a parere di chi scrive, è essenzialmente circoscritta all’inadempimento alle obbligazioni pecuniarie che derivano dalla sottoscrizione del contratto di locazione finanziaria; in buona sostanza, nulla osta acché, nel rispetto della autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c., possano le parti contraenti convenire altri casi di risoluzione dello stesso rapporto, laddove conseguenza di inadempimenti da parte dell’utilizzatore, diversi dal mancato pagamento dei canoni . Diciamo allora che gran parte dei modelli standard dei contratti di leasing, dovranno opportunamente essere modificati al fine di dare contenuto al principio di “grave inadempimento” come analiticamente precisato dal comma 137 dell’art. 1, giacché palesemente nulla apparirebbe una clausola, nella fattispecie della risoluzione contrattuale, che non rispetti il dato numerico e quantitativo riferito al numero dei canoni insoluti, all’interno delle diverse tipologie di leasing immobiliare e/o strumentale, laddove inferiore a quello previsto ex lege. Ovviamente, altri casi di risoluzione contrattuale, diversi da quelli afferenti semplicemente il mancato pagamento dei canoni, potranno essere oggetto di valutazione da parte dei giudici di merito, nel rispetto del principio della eventuale “scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte”, ex art. 1455 c.c., come previsto dal nostro ordinamento giuridico.
2) Altro elemento che emerge da una lettura sistematica delle norme in commento, attiene alla possibilità, da parte del lessor concedente, di procedere comunque al recupero dei crediti maturati in costanza di rapporto, anche laddove il contratto di leasing non sia stato ancora risolto ai sensi del comma 137 dell’art. 1 della Legge 124/17. A parere di chi scrive, in buona sostanza, sarà sempre possibile ricorrere al rito monitorio ex art. 633 e ss. c.p.c., al fine di recuperare i crediti, allo stato degli atti maturati, laddove persistente la morosità nel pagamento dei canoni di locazione finanziaria;
3) Emerge a questo punto l’importanza della redazione da parte delle società di leasing, della lettera di risoluzione del contratto che, sempre a parere di chi scrive, dovrebbe opportunamente prevedere, fin dall’inizio, la anticipata rappresentazione alla parte utilizzatrice, delle vicende che derivano dalla risoluzione contrattuale; prima fra tutte, il diritto riservato al concedente di vedersi restituito il bene da un lato, con l’obbligo dell’utilizzatore alla restituzione dello stesso bene, dall’altro; eliminata in radice ed ex lege, qualunque pretesa ritentiva sullo stesso bene, da parte del lessee. Con la stessa comunicazione comminatoria della risoluzione contrattuale, opportunamente esponendo la parte concedente all’utilizzatore, le articolate fasi relative alle modalità di vendita o riallocazione del bene, come espressamente disciplinate dal comma 139 dello stesso art. 1, tale da consentire la formazione di un carteggio inter partes che esponga, ab initio e nel rispetto del contraddittorio, tutte le conseguenze della risoluzione, le conseguenze che derivano dalle attività di vendita o riallocazione del bene, le eventuali aspettative riservate all’utilizzatore in sede di rendiconto della gestione avente ad oggetto la vendita e/o riallocazione del bene, nel rispetto, aggiungiamo, anche dell’art. 1227 c.c., che più volte abbiamo citato su questa rivista in materia leasing. ;
4) Sotto il profilo invece squisitamente processuale, è senz’altro rilevante quanto disposto al paragrafo ultimo del medesimo comma 139 dell’art. 1, laddove il legislatore scrive che “nella procedura di vendita o ricollocazione, il concedente si attiene a criteri di celerità, trasparenza e pubblicità, adottando modalità tali da consentire l’individuazione del migliore offerente possibile, con obbligo di informazione dell’utilizzatore”; da tale lettura può senz’altro derivare un più deciso approccio alla disciplina del rito cautelare d’urgenza ex art. 669 bis e ss. c.p.c., in luogo del rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c., allorquando l’azione giudiziaria si concentri sulla richiesta di ordine di riconsegna degli immobili. Nella ipotesi ed infatti di inadempimento alle obbligazioni pecuniarie, nella gravità come definita dal comma 138 dell’art. 1, nessun dubbio rivela la sussistenza, pressoché pacifica, del fumus boni juris. Il periculum in mora, a questo punto e però, ben potendo essere prospettato e motivato da una società concedente al giudice del cautelare, dopo una già comminata risoluzione, con il richiamo agli obblighi riservati ad esso stesso concedente, come descritti dal paragrafo ultimo del comma 139 dell’art. 1, laddove precluse le modalità di vendita o di collocazione dei beni immobili, dall’atteggiamento meramente ostruzionistico o dilatorio della parte utilizzatrice. I criteri di celerità, trasparenza e pubblicità depongono, in buona sostanza, sul rafforzamento del requisito del periculum in mora, nelle fasi squisitamente cautelari. Direttamente dalla Legge, stando così le cose, discenderebbero indi i due presupposti fondamentali, per i fini dei ricorsi al rito d’urgenza;
5) Con il primo commento alla Legge 124/17, abbiamo infine evidenziato la portata del comma 140, il quale precisa che restano ferme le previsioni di cui all’art. 72 quater L.F. in caso di fallimento della società di leasing e dell’utilizzatore, nonché le sole norme civilistiche contenute dalla Legge di Stabilità 2016 in caso di leasing immobiliare abitativo. Sull’argomento abbiamo già svolto le debite riflessioni, laddove le disposizioni di cui al comma 140 dell’art. 1, renderebbero addirittura più garantiste le tutele in favore dell’utilizzatore, rispetto alle previsioni di cui all’art. 72 quater della Legge Fallimentare, che si ferma a quel concetto di vendita a valore di mercato, quale integrazione inserita dall’art. 4 del D.P.LGS. 12.09.2007 n. 169, nel testo oggi vigente; analoga considerazione, ovviamente, anche con riferimento alle procedure concordatarie ex art. 169 bis L.F.. Parte autorevolissima della dottrina, con la introduzione dell’art.72 quater, si era espressa assumendo la finalmente caduta, con la introduzione della norma in parola, del discrimen tra leasing finanziario di godimento e leasing finanziario traslativo, individuando proprio dalla lettera un modello unico di locazione finanziaria, con la necessità di un trattamento univoco del rapporto anche sotto il profilo processuale, scevro da ogni irrituale richiamo alla vendita con riserva della proprietà ex art. 1526 c.c.. La Sentenza della Suprema Corte n. 2538/16, è intervenuta però sfavorendo la creazione di un unico modello di locazione finanziaria, stabilendo che l’art. 72 quater L.F. trovi applicazione solo ed esclusivamente nella ipotesi di rapporti ancora in corso alla data del fallimento, di contra la applicazione dell’art. 72 L.F., nella diversa ipotesi di contratti già risolti alla data di apertura del concorso; in questo secondo caso imponendo i giudici della legge alla parte concedente e creditrice istante la opposizione, alle procedure concorsuali, degli effetti della risoluzione contrattuale, con la formulazione e pertanto di una domanda di ammissione al passivo, che anche in veste risarcitoria invocasse il riconoscimento non solo dei crediti scaduti ed insoluti alla data del fallimento, ma anche dei crediti a scadere in epoca successiva la risoluzione contrattuale. Il dato inquietante e non condivisibile della Sentenza 2538/16, consistendo però nel mantenimento del noto discrimen tra leasing finanziario traslativo e leasing finanziario di godimento, con la conseguenza che le domande come formulate ai sensi dell’art. 72 L.F., dovevano tenere nella debita considerazione, l’obbligo di restituzione da parte del lessor alla procedura di tutti i canoni percepti in costanza di rapporto, fatto salvo l’equo compenso, sul richiamo ed ancora all’ar.t 1526 c.c.. Sostanzialmente creando i giudici della legge una evidente disparità di trattamento, laddove ancora in corso il rapporto, rispetto ai rapporti già risolti, giacché solo nel primo caso sarebbe apparso irrituale il richiamo alla vendita con riserva della proprietà. A deludere qualunque aspettativa di eliminazione del noto discrimen con la introduzione dell’art. 72 quater L.F., anche nei rapporti in bonis, vi è stato quindi e fin qui il richiamo alla Legge Fallimentare quale Legge speciale, applicabile solo ai rapporti poi confluiti nello status di crisi dell’impresa, ma non v’è dubbio che allo stato degli atti, vista la Legge 124/17, non avrà più ragione di esistere l’orientamento nomofilattico cui aspirava la Suprema Corte, giacché il richiamo ancora oggi all’art. 1526 c.c., apparirebbe del tutto illegale. Dovremo allora attendere cosa i giudici della legge riterranno di conservare della Sentenza in commento, se cioè eliminarne del tutto il richiamo e l’ambito applicativo, o se pure limitarne la portata esclusivamente al trattamento diverso riservato ai contratti ancora in corso alla data del fallimento, rispetto ai contratti già risolti alla stessa data ma, giova ancora ribadirlo, escludendo in radice qualunque richiamo all’art. 1526 c.c.;
6) Una ultima considerazione merita l’ambito di applicazione della Legge 124/17 ai rapporti di locazione finanziaria: A) nulla quaestio quanto ai nuovi rapporti che saranno posti in essere in epoca successiva alla entrata in vigore della Legge; nulla quaestio, sempre a parere di chi scrive, anche per quei rapporti già risolti alla data di entrata in vigore della Legge ma le cui modalità operative riferite alla vendita e/o riallocazione dei beni, come disciplinate dal comma 139 dell’art. 1 della Legge in esame, non siano state ancora attuate tra le parti del rapporto; B) se è vero e cioè che nella fattispecie in commento, trova applicazione l’art. 11 delle preleggi, sulla efficacia della Legge nel tempo, non v’è dubbio che con la introduzione della Legge 124/17 non siamo in presenza di una mera ipotesi di jus superveniens modificativo un trattamento già per legge previsto dall’Ordinamento Giuridico nella fattispecie del leasing, bensì in presenza di una Legge che va a sovrapporsi al trattamento riservato fin qui dalle pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità, così potendo equipararsi l’introduzione della Legge 124/17 ai commi 136-140, alla differenza sostanziale tra sistemi giuridici di common low e di civil low, ove il secondo, prevarrà sul primo.
Una svolta storica, non v’è dubbio, la legge 124/17.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
LEASING: PRIMO COMMENTO ALLA LEGGE 4.8.2017 N. 124 SU CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA
IL CONTRATTO DI LEASING VIENE AD ASSUMERE PER LA PRIMA VOLTA LA CONNOTAZIONE DI CONTRATTO TIPICO
Articolo Giuridico | 04.09.2017 |
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