ISSN 2385-1376
Testo massima
Con ordinanza n.13893 del 02/08/2012 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema dell’usucapione e del conseguente acquisto dell’immobile in favore del possessore anche se sprovvisto di titolo.
Nel caso di specie la Corte si è pronunciata sul ricorso avverso la decisione della Corte di Appello che aveva respinto la richiesta di alcuni condomini i quali sostenevano il possesso ventennale e continuo del bene con conseguente acquisizione per usucapione.
La Corte, uniformandosi alle decisioni già adottata dalla Corte di Appello, ha escluso la configurabilità dell’usucapione su un bene condominiale laddove non venga prodotta la prova di un possesso esclusivo del locale.
Nel caso di specie la Corte di Appello aveva ritenuto non fornita la prova di un possesso esclusivo del locale, essendo insufficienti quelle condotte (quali il deposito di scatole appartenenti alla D.) che sono manifestazioni di un uso da parte del compossessore non in contrasto con il concorrente diritto degli altri condomini di accedere al locale che, inoltre, era privo di serratura e, quindi, liberamente accessibile.
La giurisprudenza infatti non esclude che un comproprietario possa acquisire la proprietà esclusiva del bene comune, purché assieme agli altri requisiti ( possesso continuo, pacifico, ininterrotto, pubblico) sia provato l’esercizio di un possesso ventennale esclusivo del bene e tale da escludere lo stesso tipo di potere in capo agli altri compossessori.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C.G.;
RICORRENTE
contro
P.A., G.P., B.S., A. L.M., BA.LU.;
INTIMATI
avverso la sentenza n. 3581/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 22/01/2010, depositata il 15/09/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto che ai sensi dell’art.380 bis cpc il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:
“Osserva in fatto:
Con atto di citazione dell’11/3/1999 C.G. conveniva in giudizio Ba.Lu., P.A., L.M. A., S.B., G.P. quali condomini dello stabile in (OMISSIS) e chiedeva l’accertamento della proprietà del locale adibito a ricovero dei cassoni dell’acqua (che assumeva inutilizzati dal 1977), posto sul terrazzo di sua proprietà, per averlo acquistato per successione dalla madre L. P. o, in subordine, per usucapione a seguito di possesso ultraventennale; chiedeva inoltre la declaratoria di cessazione della servitù di accesso verso il predetto locale.
Sia il Ba. che la P. si costituivano con separati atti contestando la domanda attrice formulando anche domande riconvenzionali di ripristino dei beni condominiali e di risarcimento danni; restavano contumaci gli altri convenuti.
Con sentenza n. 29768/03 il Tribunale di Roma, espletata CTU e sentiti i testi, rigettava le domande proposte dal C..
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 15/9/2010 rigettava l’appello del C. e lo condannava al pagamento delle spese in favore del Ba. e della P..
La Corte territoriale rilevava:
– che il locale nel quale erano alloggiati i cassoni dell’acqua era condominale ai sensi dell’art.1117 cc (per la presunzione di condominalità dei beni destinati all’uso comune);
– che la condominialità risultava anche dal regolamento di condominio depositato nel Dicembre 1976 e quindi prima dell’atto di vendita con la quale la società proprietaria dell’intera palazzina (soc. Domus Mea) aveva venduto una frazione immobiliare (interno n. 6 con annesso terrazzo) alla D. a sua volta dante causa della P. dalla quale era pervenuta al C. iure successionis;
– che, infatti, nel regolamento di condominio, avente natura contrattuale, erano previsti come condominali le installazioni e il manufatto indispensabili per il godimento dell’edificio e il locale in questione era definito cabina idrica per accedere alla quale era costituta, a carico dell’interno n. 6 una servitù di passaggio;
– che nell’atto di acquisto della P. era richiamata la suddetta servitù di passaggio a carico dell’appartamento contraddistinto con il n. 6 e oggetto di acquisto, con ciò confermandosi la specifica utilità comune della cabina idrica;
– che dagli atti di provenienza (quello del 1977 che vedeva come acquirente la D. e quello del 1992 che vedeva come acquirente la P.) la cabina idrica non risultava trasferita e, stante la natura condominale del bene, sarebbe stata necessaria una specifica previsione per il suo trasferimento, invece implicitamente esclusa dalla previsione della servitù di passaggio per accedere al locale adibito al ricovero dei cassoni dell’acqua;
– che neppure poteva ritenersi usucapita la proprietà della cabina idrica: trattandosi di bene condominiale non era sufficiente il mero non uso da parte dei condomini perchè non è prevista la prescrizione del diritto di proprietà; avrebbe dovuto, invece, essere fornita la prova (nella specie insussistente) di un possesso esclusivo del locale, essendo invece insufficienti quelle condotte (quali ad esempio il deposito di scatole appartenenti alla D.) che sono manifestazioni di un uso da parte del compossessore non in contrasto con il concorrente diritto degli altri condomini di accedere al locale, privo di serratura; il primo atto di interversione fu compiuto dal C. solo nel 1998 quando rimosse i cassoni dal locale.
C.G. propone ricorso affidato a due motivi.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Con il PRIMO motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione con riferimento al principio di diritto per il quale “l’acquisto per successione da avente causa dell’antico proprietario fa ricadere sull’ultimo titolare tutti i diritti ceduti dall’antico proprietario”;
nel motivo il ricorrente contesta le conclusioni circa la condominialità della cabina idrica, alle quali sono pervenuti i giudici di merito rilevando che:
– nell’atto di vendita D. vendeva a P. anche il terrazzo con quanto contenuto e, quindi, anche con il manufatto in contestazione;
– a sua volta D. aveva acquistato dal costruttore il terrazzo con quanto contenuto e, quindi, anche con il manufatto;
– da nessun atto risulta che la cabina idrica è condominiale.
1.1 Il motivo è infondato: come più volte affermato da questa Corte, il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art.360 cpc, n.5, si configura soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.
Il vizio di motivazione non sussiste allorché il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte.
Nella specie, la Corte territoriale, ha preso cognizione dei documenti rilevanti (gli atti di compravendita e il regolamento condominiale) e, all’esito della loro interpretazione, ha concluso che la cabina idrica risultava essere un bene condominale (in quanto destinato all’uso comune) sin da data antecedente alla prima vendita, come confermato dal regolamento condominale che creava una servitù di passaggio per accedervi, mentre negli atti di vendita si faceva riferimento al solo terrazzo e non anche alla cabina idrica che su di esso si trovava.
Si tratta, come è evidente, di una valutazione di fatto e dell’interpretazione dei contratti e del regolamento (rispetto alla quale non sono stati dedotte censure relative all’applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale), tutte attività devolute al giudice del merito, non censurabili in cassazione in quanto assistite da motivazione sufficiente e non contraddittoria; al riguardo si deve ricordare che il controllo sulla motivazione non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sentenza impugnata può giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice di merito – poichè in questo caso il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dello stesso giudice di merito, che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione – ma solo in caso di motivazione contraddittoria o talmente lacunosa da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto alla base della decisione (cfr. ex plurimis Cass. 10657/2010, 9908/2010, 13157/2009, 18885/2008).
Il principio di diritto relativo agli effetti dell’acquisto per successione è stato richiamato a sproposito proprio perchè il trasferimento della proprietà della cabina idrica non era mai avvenuto.
2. Con il SECONDO motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione con riferimento al principio di diritto per il quale “il possesso ventennale e continuo di un bene immobile determina l’usucapione e quindi l’acquisto in favore del medesimo possessore anche se sprovvisto di titolo”.
Il ricorrente sostiene che prima il Tribunale e poi la Corte di Appello avrebbero ingiustamente disconosciuto l’acquisto per usucapione non considerando che sia la D. che la P. e, infine, il C. avevano sempre disposto del manufatto per loro uso adibendo gli spazi a ripostigli di beni e oggetti di loro proprietà senza opposizione di alcuno, mentre i condomini non avevano provato di avervi acceduto neppure una volta.
2.1 Anche questo motivo è infondato perchè si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dello stesso giudice di merito, che tende all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.
Nel caso di specie la Corte di Appello ha ritenuto non fornita la prova di un possesso esclusivo del locale, essendo insufficienti quelle condotte (quali il deposito di scatole appartenenti alla D.) che sono manifestazioni di un uso da parte del compossessore non in contrasto con il concorrente diritto degli altri condomini di accedere al locale che, inoltre, era privo di serratura e, quindi, liberamente accessibile;
il primo atto di interversione fu compiuto del C. solo nel 1998 quando rimosse i cassoni dal locale e da tale data non era maturata l’usucapione ventennale; ha infine motivato sulla rilevanza del non uso da parte degli altri condomini, correttamente osservando che il diritto di comproprietà non si estingue per non uso e che la dimissione del sistema di approvvigionamento dell’acqua per mezzo dei cassoni non stava a significare che il locale avesse perso la sua funzione di ricovero di beni comuni.
Appare pertanto di assoluta evidenza che la Corte territoriale ha fornito una motivazione che, ben lungi dall’essere insufficiente o altrimenti viziata, è stata ampia e completa, affrontando tutte il profili rilevanti in fatto e in diritto, mentre nel motivo di ricorso il ricorrente si limita a ribadire fatti (il deposito di oggetti nel locale, la dismissione del sistema di approvvigionamento, sostituita con l’acqua diretta, il mancato uso del bene da parte degli altri condomini) che, come detto, sono stati approfonditamente e motivatamente esaminati dalla Corte di Appello e correttamente ritenuti irrilevanti.
3. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.376, 380 bis e 375 cpc per essere rigettato in considerazione della manifesta infondatezza.
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore, tenuto anche conto della circostanza, ritenuta provata dalla Corte territoriale e non contestata, per la quale la cabina idrica neppure era dotata di serratura, il che ulteriormente conferma la correttezza della motivazione della sentenza impugnata laddove ha escluso un possesso esclusivo;
che di conseguenza non è accoglibile l’istanza di trattazione in pubblica udienza formulata dal ricorrente con istanza del 9/5/2012;
Che nulla va statuito in tema di spese in mancanza di costituzione degli intimati.
PQM
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.
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Numero Protocolo Interno : 36/2012