ISSN 2385-1376
Testo massima
È valida l’applicazione degli interessi ultralegali, in presenza di un contratto di conto corrente stipulato anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 154/1992 ed in ragione del quale la Banca si sia avvalsa della facoltà di modificare in peius per il correntista le condizioni economiche, ai sensi degli artt. 117 e 118 TUB.
Ai fini del computo del TEG, non vanno considerati la commissione di massimo scoperto e la capitalizzazione trimestrale.
La commissione di massimo scoperto, in relazione a contratti conclusi ed eseguiti prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 78/2009 (cd. Tremonti ter, convertito nella legge n. 102/2009), è perfettamente valida ed efficace, non potendosene ritenere nullo l’oggetto o la causa.
La disparità nella previsione degli effetti degli accrediti ed addebiti per il correntista (disciplina dei cd. giorni valuta), per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 78/2009 (cd. Tremonti ter, convertito nella legge n. 102/2009), deve ritenersi legittima, anche ove discendente da prassi bancaria ed a maggior ragione in caso di espressa pattuizione in merito.
L’orientamento espresso dal Tribunale di Torino, in persona del dott. Bruno Conca, con la sentenza del 08 ottobre 2014 in commento è pregevole nelle sue conclusioni.
La legge sulla trasparenza bancaria (n. 154/1992) non ha efficacia retroattiva e non si applica quindi ai contratti conclusi anteriormente alla sua entrata in vigore (Cass., 14 marzo 2013, n. 6550).
Per tale motivo, il contratto di conto corrente stipulato anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge sulla trasparenza bancaria deve ritenersi valido ed efficace anche quando non rispetti i requisiti di forma previsti dalla normativa anzidetta e sempre che le condizioni applicate al rapporto siano state determinate mercé il rinvio a parametri determinabili (ferma restando, ad esempio, la clausola di determinazione degli interessi ultralegali mercé il rinvio alle condizioni usualmente applicate su piazza).
Considerata l’originaria validità del patto relativo all’applicazione di interessi ultralegali al rapporto, è conseguentemente indiscutibile la facoltà riconosciuta alla Banca dalla legge di variare in peius per il correntista le condizioni applicate (nella specie: la misura degli interessi debitori).
Il Tribunale che si annota aderisce poi, correttamente, all’orientamento secondo cui, ai fini del calcolo del tasso effettivo globale, non vanno considerate la commissione di massimo scoperto e la capitalizzazione trimestrale degli interessi.
Con particolare riguardo alla necessità di non considerare, per i fini in discorso, la commissione di massimo scoperto, cfr., conformemente alla giurisprudenza richiamata nella sentenza che si annota, Trib. Verona, 19 novembre 2012 (in Corr. merito, 2013, 2, 146), secondo cui <<il tasso-soglia che fa scattare l’usura va calcolato senza tener conto della commissione di massimo scoperto – in conformità a quanto stabiliscono le previgenti Istruzioni della Banca d’Italia – fino a quando la rilevazione del tasso effettivo globale medio non seguirà le disposizioni attuative previste dall”art. 2 bis, comma 2, legge n. 2/2009, con la conseguenza che il dovere di conformarsi al criterio onnicomprensivo di cui alla legge n. 108/1996 opererà solo per il periodo successivo all’adozione del regolamento di cui al citato articolo>>.
Il Tribunale di Torino fa proprio poi l’orientamento secondo cui la commissione di massimo scoperto era (almeno relativamente alla normativa applicabile al caso valutato che, come si è detto, riguarda un contratto di conto corrente certamente anteriore all’entrata in vigore della legge n. 154/1992) del tutto valida ed efficace.
Nel momento in cui è stato stipulato il contratto valutato dalla sentenza in commento, cioè, non vi era alcuna norma che sanciva la nullità della commissione in questione.
Soltanto con l’art. 2 bis della Legge n. 2 del 28 gennaio 2009 è stata introdotta la sanzione di nullità per le commissioni di massimo scoperto. Si trattava, tuttavia, di una sanzione per così dire “circoscritta” ed applicabile soltanto “se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido“.
Il legislatore, a fronte di una pluralità di orientamenti in tema di commissione di massimo scoperto e nel tentativo di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di non pregiudicare il sistema bancario e quella di proteggere i clienti, con l’art. 2 bis, 1° comma, 1 primo periodo, ha optato per una soluzione di compromesso, dettando le condizioni di validità della commissione, e prevedendone la nullità solamente nei casi tassativamente previsti dalla norma ed innanzi indicati.
Dunque, fino all’entrata in vigore della Legge n. 2/2009 (le cui previsioni sono innovative e non meramente interpretative e che si applica dunque solo per il periodo successivo alla sua entrata in vigore), la commissione di massimo scoperto eventualmente applicata dalle Banche deve ritenersi del tutto legittima: se è stata necessaria l’emanazione di una legge dello Stato (con contenuto dichiaratamente innovativo) per introdurre la sanzione di nullità della commissione in discorso, è evidente che lo stesso legislatore ha ritenuto che la medesima commissione fosse prima assolutamente valida ed efficace.
Peraltro, e come si è detto, anche dopo l’entrata in vigore della Legge n. 2/2009 la commissione di massimo scoperto non è divenuta tout court nulla.
Il legislatore è nuovamente intervenuto in materia, con l’art. 6 bis d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, introducendo nel testo unico bancario l’art. 117 bis (“Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti”), a mente del quale sono stati ritenuti legittimi, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma tenuta a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, ed un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate.
Dunque, l’art. 117 bis TUB, nel prevedere, al comma 1, che gli affidamenti possono essere remunerati, oltre che dagli interessi sulle somme prelevate, solo da una “commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento”, ha definitivamente consacrato la commissione di affidamento (c.a.), già regolamentata dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 (convertito nella Legge n. 2/2009, sopra richiamata), e decretato la nullità della commissione di massimo scoperto, che anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 2 bis era rimasta in vita, anche se con un ambito di applicazione ridotto.
Dunque, soltanto a partire dal 2012 la commissione di massimo scoperto non è più dovuta; ma è dovuta, in sua vece, la cd. commissione di affidamento. Lo stesso legislatore, dunque, ha confermato la legittimità del diritto delle Banche ad ottenere una remunerazione (che prima era la commissione di massimo scoperto, oggi è la commissione di affidamento) per la tenuta a disposizione del cliente delle somme oggetto di contratti di apertura di credito e ciò è dimostrazione del fatto che anche il legislatore ha condiviso quell’orientamento giurisprudenziale che, prima degli interventi legislativi in esame, riconosceva l’esistenza e la liceità dell’oggetto e della causa della commissione di massimo scoperto.
Il medesimo discorso appena fatto per la commissione di massimo scoperto può esser replicato per i cd. giorni valuta, i quali hanno trovato regolamentazione legislativa solo a far tempo dal 2009, con la conseguenza che, per i contratti stipulati ed eseguiti anteriormente a quella data, dovevano ritenersi valide ed efficaci le pattuizioni intervenute tra le parti in merito.
Testo del provvedimento
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