ISSN 2385-1376
Testo massima
Gli interessi di mora non sono soggetti al rispetto delle soglie di usura.
È quanto affermato dal Tribunale di Cremona, dott. Giulio Borella, con l’ordinanza del 9 gennaio 2015, sulla base di una rilettura complessiva della disciplina antiusura, alla luce della riforma dell’art.1284 c.c. (ad opera del D.L. 132/2014).
Venendo per ordine, i principi affermati dal Giudice cremonese possono essere massimati come di seguito.
Con l’introduzione della mora legale, anche nei giudizi ordinari di merito – a seguito del D.L. 132/2014, che all’art. 17 co. I ha novellato – aggiungendovi due commi – l’art. 1284 ult. co. c.c., – il legislatore ha definitivamente escluso che il tasso di mora entri nel calcolo dell’usura.
In nessun caso gli interessi di mora possono considerarsi un corrispettivo del mutuo, non costituendo un costo economico del finanziamento essendo destinati per lo più a rimanere dormienti e inapplicati, in caso di svolgimento fisiologico del rapporto.
Gli interessi di mora costituiscono una forma di liquidazione preventiva dei danni cagionati all’istituto di credito dall’eventuale inadempimento del mutuatario, svolgendo altresì una funzione deterrente dell’inadempimento stesso, e hanno perciò natura di clausola penale, soggetta non già alla disciplina dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 co. II c.c., bensì a quella dell‘art. 1384 c.c..
Tale natura degli interessi di mora esclude che gli stessi possano entrare nel calcolo dell’usura, essendo la tutela del mutuatario rimessa al potere discrezionale del giudice di ridurne l’importo, laddove il loro ammontare appaia sproporzionato rispetto al danno effettivamente subito.
La pronuncia, dalla quale si evincono gli innovativi principi appena esposti, trae origine dall’opposizione all’esecuzione immobiliare proposta da un mutuatario contro la banca mutuante, sul presupposto dell’usurarietà oggettiva dei tassi di mora.
Ebbene il Giudice cremonese, dando seguito ad una sua precedente decisione (e precisamente all’ordinanza del 30.10.2014, già oggetto di pubblicazione, alla quale per completezza si rimanda), evidenzia ancora una volta come l’insegnamento della Cass. 350/2013 presenti non poche criticità, già evidenziate da attenta dottrina.
In particolare, gli Ermellini limitano la propria analisi all’art. 644 comma quinto e all’art. 1 D.L. 394/2000, tralasciando invece che l’art. 644 al comma primo c.p., prevede che gli oneri che entrano nel calcolo dell’usura sono quelli che costituiscono un corrispettivo della dazione di denaro o di altra utilità.
Proprio per tale motivo, spiega il Giudice, in nessun caso gli interessi di mora possono considerarsi un corrispettivo del mutuo, non costituendo un costo economico del finanziamento, essendo destinati per lo più a rimanere dormienti e inapplicati, in caso di svolgimento fisiologico del rapporto.
Tale ragionamento appare ancor più lineare e coerente dalla lettura del nuovo art.1284 cc, così come novellato dall’art.17 comma primo del D.L. 132/2014 (convertito con L. 162/2014), laddove prevede che il saggio degli interessi, dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale, ove non pattuito dalle parti, è pari a quello previsto dal D.Lgs. 231/2002, tasso che, notoriamente, quanto meno con riferimento a certe categorie di operazioni, quali i mutui, è sempre stato superiore al tasso soglia.
Invero esaminando la detta disposizione, appare evidente che ai primi commi la norma tratta degli interessi legali, ma essendo il maggior interesse (riconosciuto dalla novella) collegato ad una domanda giudiziale, che ha l’effetto di costituire il debitore in mora, trattasi in realtà di interessi di mora.
Sicché tale norma accorda alle parti la possibilità di pattuire un interesse (di mora) pari o anche superiore a quello del D.Lgs. 231/2002 e quindi superiore al tasso soglia, senza incorrere in usura, essendo la loro condotta conforme al nuovo dettato dell’art. 1284 c.c.
In tale ottica non si comprende come possa conciliarsi l’idea che il tasso di mora contrattuale entri nel calcolo dell’usura – per la quale sono previste determinate soglie – quando il legislatore del D.L. 132/2014 ne ha avallato la pattuizione in misura superiore a quelle soglie sebbene prima facie solo per la fase successiva all’instaurazione di un giudizio – prevedendo esso stesso, in mancanza di accordo, l’applicazione di un tasso di interesse superiore.
Le uniche due soluzioni possibili, a meno che non si voglia considerare il legislatore usuraio sono alternativamente:
1. affermare (contrariamente a Cass. 350/2013) che i tassi di mora non entrano nel calcolo dell’usura.
2. affermare che i tassi di mora entrano nel calcolo dell’usura, ma il tasso di riferimento per la verifica dell’usura non è e non può essere quello costituito da quello ricavato dal TEGM.
La soluzione più corretta ad avviso del Giudicante sembra essere la prima: con l’art. 17 D.L. citato, è plausibile ritenere che il legislatore abbia (anche, magari inconsciamente), fornito un’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., escludendo che il tasso di mora entri nel calcolo dell’usura, e ciò per la ragione già esposta, ch’esso non costituisce un corrispettivo, ossia un costo del finanziamento, nè il D.Lgs. 394/2000 fornisce argomenti in senso contrario, in quanto l’art. 1 non fa che chiarire la portata del co. I dell’art. 644 c.p., senza modificarlo.
In altri termini, la nuova formulazione dell’art. 1384 cc porrebbe definitivamente fine alla dibattuta querelle degli interessi moratori, in quanto, imponendo per legge tassi di mora superiori ai limiti stabiliti dalla disciplina antiusura, ha di fatto fornito una interpretazione autentica all’art. 644 cp.
È evidente che, diversamente argomentando, dovrebbe ritenersi il legislatore usuraio, per aver prescritto l’applicazione (per legge) di interessi legali di mora superiori alle soglie di usura!
Con la nuova novella è stato solo precisato (anzi ribadito visto il sempre vigente art. 1224 cc sui danni da inadempimento nelle obbligazioni pecuniarie) che gli interessi di mora rappresentano una forma di liquidazione preventiva dei danni e sono per ciò stesso esclusi dai meccanismi di tutela di cui alla legge 108/1996.
Per tali ragioni il Tribunale ha respinto l’opposizione all’esecuzione, con condanna al pagamento delle spese.
IL COMMENTO
Il Tribunale Cremonese è il primo ad essersi “coraggiosamente” pronunciato in materia di interessi moratori ed usura oggettiva, all’indomani dell’entrata in vigore della nuova disciplina della “mora legale”.
Sin dalle origini della disciplina del ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, è evidente che gli strumenti di tutela e l’oggetto stesso della tutela differiscono da quelli della disciplina antiusura, quasi entrando in conflitto.
In realtà, riportando il sistema a coerenza, può ben affermarsi che il ritardo nei pagamenti è disciplinato da due punti di vista differenti, ed in particolare:
– nella disciplina anti-usura s’intende tutelare il debitore “debole” dagli abusi del creditore “forte”;
– nella disciplina relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento il rapporto è invertito, in quanto è il creditore “debole” (almeno nel senso che trovasi sfornito di tutela sostanziale, a fronte della corresponsione dei soli interessi legali) che deve essere tutelato dal debitore “forte” (sic!).
Ebbene, può darsi che il legislatore abbia guardato lo stesso fenomeno da prospettive diverse, ma non può certo aver alterato a tal punto la “sostanza” civilistica del problema, da considerare mutare la natura giuridica degli interessi moratori, a seconda dei diversi settori dell’ordinamento!
Argomentando diversamente, il legislatore apparirebbe schizofrenico, nel vietare (con la disciplina antiusura) la percezione di interessi moratori superiori alle soglie, consentendola (ed anzi imponendola, con la proposizione della domanda giudiziale).
Viene cosi ad evidenziarsi la funzione risarcitoria degli interessi di mora proprio perché non costituiscono una remunerazione del rapporto giuridico ma solo una forma di liquidazione preventiva dei danni. Pertanto, deve ritenersi che essi siano estranei all’oggetto di tutela di una disciplina (quella antiusura) che per struttura e funzioni sembra tutta orientata a sanzionare l’eccessività degli oneri corrispettivi di un finanziamento.
Il diverso criterio temporale di rilevazione dei tassi usurari (trimestrale) rispetto a quelli dei tassi legali di mora (semestrale) conferma ulteriormente che gli interessi moratori non devono sottostare in alcun modo alla disciplina ex lege 180/96.
Si chiude così, a distanza di oltre 15 anni, la vexata questio sugli interessi moratori.
O almeno così piace credere
Per approfondimenti sul tema si consulti l’articolo “Disciplina antiusura e nuovi tassi legali di mora: usura “legale”?”
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 54/2015