ISSN 2385-1376
Nel contenzioso bancario, deve ritenersi meramente esplorativa e quindi inammissibile l’emissione di ordinanza di esibizione documentale ex art.210 cpc, se riferita a contratti e/o estratti conto risalenti ad oltre dieci anni prima dalla asserita richiesta di copia della documentazione rivolta alla banca ex art.119 TUB.
In materia di capitalizzazione degli interessi, la mancata contestazione dell’adeguamento del rapporto bancario alla delibera CICR 9.2.2000 deve far presumere legittima la prassi anatocistica adottata dall’istituto di credito a partire dal 1.7.2000 e nulla può essere preteso in restituzione a tale titolo.
Le contestazioni di usurarietà del rapporto fondate su formule di calcolo differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi non sono attendibili e, pertanto, rendono inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.
Ai fini della dimostrazione dell’addebito di interessi soggettivamente usurari ex art. 644, terzo comma, cp, il cliente deve fornire la prova della conoscenza dello stato di difficoltà economico-finanziaria e del fatto che la banca abbia inteso speculare su tale situazione, imponendo tassi d’interesse differenti da quelli praticati sul mercato.
In ogni caso, la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente della banca, di per sé considerata, non vale a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento, così come lo stesso non può essere desunto sic et simpliciter dalla misura elevata del tasso di interesse pattuito, tenuto conto che questa oscilla in rapporto inversamente proporzionale rispetto alla solidità economica del cliente, essendo collegato al rischio imprenditoriale corso dal mutuante di nun riuscire ad ottenere la restituzione di quanto erogato.
Le commissioni di massimo scoperto non possono essere considerate sic et simpliciter nulle, considerato come l’istituto risponda alla funzione causale di assicurare all’istituto di credito un corrispettivo per lo sforzo economico organizzativo assunto con la stipula di un’apertura di credito, rappresentato dalla necessità di accantonare e tenere a disposizione l’intera somma oggetto dell’affidamento, in modo da poter adempiere all’obbligazione contratta con il cliente di mettere a disposizione tale importo, in tutto o in parte, per il solo fatto che e nella misura in cui questi decida di farne utilizzo.
Così si è pronunciato il Tribunale di Milano, in persona del dott. Francesco Ferrari, con sentenza ex art. 281 sexies cpc del 23.12.2014 n. 15318, chiarendo alcuni principi cardine del contenzioso bancario.
Trattasi della classica controversia instaurata da clienti della banca e dai loro fideiussori, al fine di ottenere la rideterminazione del saldo di conto corrente, sul presupposto dell’applicazione di importi asseritamente illegittimi per usurarietà degli interessi e delle spese, ovvero per nullità delle clausole contrattuali (commissioni di massimo scoperto, clausola anatocistica ecc.), con contestuale richiesta di risarcimento dei danni subiti.
Come noto, in tale ambito, almeno tutte le volte in cui l’attore in senso sostanziale (nel caso di specie anche in senso formale) sia il cliente, sullo stesso incombe uno specifico onere di deduzione ed allegazione con riferimento ai fatti dedotti, secondo la regola generale stabilita dall’art.2697 cc.
Il Tribunale, a fronte delle generiche deduzioni di parte attrice, non supportate neppure da un principio di prova, soprattutto con riferimento alla questione dell’usurarietà del rapporto, è addivenuto al rigetto integrale delle domande, esprimendo i principi di diritto sopra epigrafati, ritenendo vieppiù inammissibili siccome meramente esplorative sia la richiesta di emissione di ordine di esibizione ex art.210 cpc, sia la consulenza tecnica contabile d’ufficio, giacché tali strumenti processuali non possono supplire alle lacune probatorie della parte onerata.
Degni di nota appaiono soprattutto i principi espressi in materia di usura bancaria.
Nel caso di specie, debitrice e fideiussori contestavano l’usurarietà del rapporto di conto corrente, sia sotto il profilo dell’oggettivo superamento dei tassi soglia, sia sotto il profilo soggettivo dello stato di difficoltà economica del cliente (ipotesi residuale prevista dall’art.644, terzo comma cp).
Ebbene, gli attori fondavano le proprie contestazioni, quanto al primo aspetto, su perizia contabile di parte, la quale pretendeva «dichiaratamente» – si legge in sentenza – «di riscontrare il Tasso Effettivo Globale sulla base di formule differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia e in riferimento alle quali risulta rilevato il Tasso Effettivo Globale Medio e, di riflesso, il Tasso Soglia».
Una tale prospettazione, ha rilevato chiaramente il giudice meneghino, evidenzia l’inattendibilità dei conteggi prospettati dalla difesa attorea, rendendo inammissibile, in quanto esplorativa, una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.
Così argomentando, il Tribunale ha, di fatto, avallato la tesi, in via di affermazione presso la giurisprudenza di merito, della vincolatività per l’interprete dei criteri di calcolo adottati da Bankitalia nelle proprie direttive e/o istruzioni per la rilevazione del TEGM (sul punto si consulti la Rassegna Giurisprudenziale realizzata da Ex Parte Creditoris).
Quanto al secondo aspetto, è stata rigettata altresì la doglianza relativa all’usurarietà soggettiva, che l’art.644, 3 comma cpv, cp prevede per il caso in cui gli interessi sebbene inferiori al Tasso Soglia risultino comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Perché si addivenga al riscontro dell’usura soggettiva ha ritenuto il Tribunale il cliente deve provare la conoscenza, da parte dell’istituto di credito, dello stato di difficoltà economica o finanziaria, nonché una correlazione tra tale conoscenza e l’imposizione di interessi comunque sproporzionati rispetto ai tassi di mercato.
Precisa, inoltre, come la “speculazione” su tale stato di difficoltà economica non possa desumersi, sic et simpliciter, dalla misura elevata del tasso d’interesse, tenuto conto che questa potrebbe essere fisiologicamente legata alla scarsa solidità economica del cliente, operando comunque la banca con un proprio “rischio imprenditoriale”.
La lite intentata su basi totalmente infondate è “costata” al cliente ed ai fideiussori una pesante condanna alle spese, stante il rigetto integrale delle domande proposte
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 15/2014
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