ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione dell’ordinanza l’Avv.Francesco Fiore del Foro di Avellino
In materia di usura bancaria, per effetto della differente natura dell’interesse corrispettivo e di quello moratorio, al secondo va attribuita natura sostitutiva e non additiva del tasso corrispettivo, venendo lo stesso in rilievo in via eventuale solo per l’ipotesi di inadempimento e su di una somma complessivamente considerata, ove la parte cui si è tenuti per la quota originariamente prevista quale interesse si è ormai inglobata nel capitale, perdendo la propria originaria vocazione e natura di interesse.
Laddove la sentenza n.350/2013 della Suprema Corte fa riferimento alla “maggiorazione di tre punti a titolo di mora” non vuole intendersi l’affermazione di principio circa la necessità di effettuare una sommatoria tra i tassi corrispettivi e i tassi moratori in relazione al limite del tasso soglia, ma si ha semplicemente riguardo ad una modalità di pattuizione di quello specifico tasso di mora contrattuale, che così come contrattato, nella fattispecie esaminata dal Giudice di legittimità, risultava moratorio, in sé e per sé considerato, ed a prescindere da qualsivoglia sommatoria con il tasso relativo agli interessi corrispettivi.
Dall’interpretazione favorevole al cumulo dei due interessi deriverebbe una funzione abnorme, laddove, per l’ipotesi di inadempimento del contratto di mutuo e di mancato pagamento degli interessi corrispettivi, il tasso di mora, per non oltrepassare il tasso soglia dovrebbe essere contenuto nella differenza tra il tasso moratorio (calcolato come somma del corrispettivo e della maggiorazione per l’inadempimento) e il tasso corrispettivo, con evidente ed irrazionale contenuto premiale riconosciuto in favore del contraente mutuatario a fronte di un palese inadempimento del contratto.
Così si è pronunciato il Tribunale di Napoli, in persona del dott.Nicola Mazzocca, con l’ordinanza del 15 aprile 2014, intervenendo sull’annosa questione della additività o sostitutività degli interessi moratorio e corrispettivo ai fini del confronto con la soglia di usura.
Nella specie, la controversia trae origine dal ricorso ex art.702-bis cpc proposto da un mutuatario nei confronti della banca, sul presupposto dell’usurarietà oggettiva (e conseguente nullità) delle clausole del contratto relative agli interessi pattuiti, frutto della somma tra il tasso corrispettivo e quello moratorio.
In particolare, la posizione di parte ricorrente si fonda sulla tesi per la quale, con la sommatoria dei tassi moratori (nella misura del 6,795%) a quelli corrispettivi (pari al 5,50%) si perverrebbe ad un tasso complessivo del 12,295% (ben al di sopra come ovvio della soglia individuabile ratione temporis).
Trattasi, in buona sostanza, del “nuovo” contenzioso sorto in danno degli istituti di credito, all’indomani della pronuncia n.350/2013 della Corte di Cassazione, sulla base di una non univoca lettura del dictum della Suprema Corte, secondo cui la stessa avrebbe sancito l’additività dei due tassi ai fini del confronto con la soglia di usura.
Del perché tale prospettazione sia errata ed irragionevole è stata già posta l’attenzione su questa rivista in varie occasioni ed, in particolare, con il commento all’ordinanza del Tribunale di Trani, in persona della dott.ssa Francesca Pastore, del 10-03-2014, che ha sancito testualmente: “sostenere che il tasso soglia ex L.108/1996 sarebbe superato per effetto della sommatoria fra il tasso debitore del mutuo e quello moratorio è un errore di carattere logico oltre che giuridico“.
Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza in questione, analiticamente e ampiamente argomentata, ben chiarisce i motivi di tale irragionevolezza.
La ricostruzione di parte ricorrente sostiene il Giudice è il “frutto di una fuorviante interpretazione della statuizione assunta dalla Corte di Cassazione con la nota pronuncia n. 350/2013, nella quale è stato testualmente sostenuto che ‘risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell’applicazione dell’art.644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori'”.
Il Giudice, in primis, precisa come la Corte di Cassazione si sia limitata ad affermare niente altro se non che la disciplina del tasso soglia, con le relative sanzioni, riguarda anche gli interessi moratori in sé considerati, nel senso che anche rispetto ad essi deve verificarsi attentamente l’eventuale superamento del tasso soglia.
In altri termini, laddove, nella indicata sentenza della Suprema Corte, si fa riferimento alla “maggiorazione di tre punti a titolo di mora” non vuole intendersi l’affermazione di principio circa la necessità di effettuare una sommatoria tra i tassi corrispettivi e i tassi moratori in relazione al limite del tasso soglia, ma si ha semplicemente riguardo ad una modalità di pattuizione di quello specifico tasso di mora contrattuale, che così come contrattato, nella fattispecie esaminata dal Giudice di legittimità, risultava moratorio, in sé e per sé considerato, ed a prescindere da qualsivoglia sommatoria con il tasso relativo agli interessi corrispettivi.
Procedere, invece, addizionando il tasso moratorio al tasso corrispettivo, e sottoponendo al vaglio del superamento del tasso soglia il dato derivante dalla detta somma aritmetica significherebbe non cogliere la differente natura delle due previsioni pattizie, che restano autonome l’una dall’altra e solo occasionalmente interdipendenti.
Tanto – prosegue il Tribunale – atteso che “in materia finanziaria l’interesse, nel momento stesso in cui si rende disponibile (ovvero alla scadenza di pagamento), diventa capitale”.
Per tale motivo, proprio per la diversa natura dell’interesse moratorio, quest’ultimo viene in rilievo in via eventuale solo per l’ipotesi di inadempimento e su di una somma complessivamente considerata, nella quale la quota originariamente prevista quale interesse si è ormai “inglobata” nel capitale, perdendo la propria originaria vocazione e natura(*).
Peraltro, nel caso di specie, la banca resistente aveva ben messo in evidenza la differente valenza degli interessi corrispettivi rispetto a quelli moratori, potendosi e dovendosi riconoscere a questi ultimi una inequivoca natura sanzionatoria e risarcitoria presuntiva, da computarsi su una somma ormai cristallizzata, composta dal capitale e dagli interessi corrispettivi e non, piuttosto, mediante una mera addizione dei tassi di mora a quelli corrispettivi, attuata con una elementare operazione aritmetica.
Il Tribunale, nel rigettare il ricorso, ha sottolineato l’abnormità derivante dalla prospettazione del mutuatario, accogliendo la quale dovrebbe sostenersi che il tasso di mora, nel caso di specie, vada contenuto nel limite dell’1,295%, ovvero nella differenza tra il tasso moratorio (6,795%) e il tasso corrispettivo ( 5,50 %), con evidente ed irrazionale contenuto premiale riconosciuto in favore del contraente mutuatario a fronte di un palese inadempimento del contratto.
Da “sanzione per l’inadempimento”, il tasso di mora diventerebbe, così configurato, “premio per l’inadempimento”.
Per effetto della valutazione circa la sostitutività del tasso di mora rispetto a quello corrispettivo, nonché della considerazione sulla unitarietà dell’obbligazione da inadempimento (nella quale vengono a “fondersi” capitale ed interesse corrispettivo), il Giudice partenopeo ha concluso peraltro con condanna alle spese per parte ricorrente per il rigetto della domanda del mutuatario, affermando che, solo nella ipotesi di superamento del tasso soglia relativamente all’interesse moratorio in sé considerato – non nel caso di specie si porrebbe un problema interpretativo circa la sorte di entrambe le previsioni pattizie, sebbene ragionevole sarebbe riconoscere la validità della previsione degli interessi corrispettivi, con sanzione di nullità della sola previsione del tasso moratorio ultra soglia.
La pronuncia in esame contrariamente a quanto una superficiale lettura potrebbe far intendere si pone come esattamente conforme alla nota sentenza di legittimità n.350 del 2013 ed, anzi, contribuisce a delineare l’ambito di applicazione del principio che da essa può trarsi, fornendone una corretta interpretazione.
La giurisprudenza di merito è ormai orientata a respingere tout court la tesi della additività dei due tassi d’interesse, riconoscendo per effetto la necessità di una valutazione autonoma delle due clausole, anche al fine dell’applicabilità della sanzione punitiva di cui all’art.1815, secondo comma cc (si vedano, sul punto: Tribunale di Milano, sesta sezione, dott.ssa Laura Cosentini, ordinanza del 28-01-2014 – ; Tribunale di Napoli, quinta sezione civile, dott. Enrico Ardituro, ordinanza del 28-01-2014 – ) ed, anzi, su questa rivista si è recentemente prospettata una lettura alternativa, atteso che sembrerebbero esservi margini per ritenere la disciplina degli interessi moratori totalmente fuori dal fenomeno dell’usura (cfr. le conclusioni del commento all’ordinanza del Tribunale di Trani, dott.ssa Francesca Pastore, del 10-03-2014), tesi confortata dalla recentissima decisione del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario n.1875/2014 , a mente della quale il mutuatario che si dolga della sproporzionata applicazione dell’interesse di mora può fare appello all’ordinario rimedio codicistico della riduzione della penale ex art.1384 cc, non rinvenendosi i presupposti per riconoscerne la tutela nella legge 108/1996.
In attesa degli sviluppi della giurisprudenza di legittimità sul punto, ed in presenza di un dettato normativo che fa riferimento (ed in maniera non immune da criticità, se si considera il difetto di coordinamento tra l’art.644 cp e la successiva norma di interpretazione autentica) agli interessi “a qualunque titolo” dovuti (cfr. art.1 D.L. 29 dicembre 2000, n.394, conv., con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2001, n.24), non può che prendersi atto della correttezza logico giuridica dei principi affermati nella pronuncia in commento, che possono così essere riepilogati:
1) ai fini della valutazione di usurarietà dei tassi pattuiti con un contratto di finanziamento non deve procedersi alla somma degli interessi corrispettivi a quelli moratori;
2) nell’ipotesi di superamento del tasso soglia relativamente all’interesse moratorio in sé considerato, è ragionevole ritenere valida la pattuizione degli interessi corrispettivi, con sanzione di nullità della sola previsione del tasso moratorio ultrasoglia, stante ala natura sostitutiva del tasso moratorio rispetto a quello corrispettivo.
(*) Cfr., sul punto, decisione ABF n.125/2014
“Gli interessi moratori si applicano (sia pur in misura corrispondente alla durata dell’inadempimento) sulla rata non riscossa, che comprende, per più (come nella specie), sia il capitale sia gli interessi corrispettivi. Sicché, diviene inevitabile chiedersi se quest’applicazione di interessi (moratori) su interessi (corrispettivi) sia legittima e se il tema dell’usura, uscito dalla porta non finisca, per così dire, con rientrare dalla finestra. (
). Al momento dell’inadempimento, infatti, ci si trova al cospetto dell’unica obbligazione che il debitore è tenuto a soddisfare per capitale e interessi. Quest’unitarietà risulta confermata, ad esempio, dalle regole in tema di imputazione, che non lasciano spazio al debitore di scegliere tra l’una o l’altra obbligazione all’atto del pagamento. Ed è ulteriormente dimostrata dal modo di operare degli interessi moratori, che si applicano all’intero debito inadempiuto, senza dar rilievo a capitale e interessi. In sostanza l’inadempimento della rata non può che trasformare le due obbligazioni, seppur originariamente distinguibili, in un unico debito (
). Se, come visto, l’obbligazione è unitaria ed inscindibile al momento dell’inadempimento il problema viene risolto in radice perché non si crea un fenomeno anatocistico” (ABF, Collegio di Napoli, decisione n. 125/2014).
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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