ISSN 2385-1376
Testo massima
In materia di usura bancaria, la natura usuraria del tasso d’interessi, ed in particolare degli interessi moratori, è esclusa ogniqualvolta sia pattuita la c.d. “clausola di salvaguardia”.
È questo il principio di diritto desumibile dall’ordinanza del 4 giugno 2014 del Tribunale di Napoli, sez. V bis, in persona del dott. Raffaele Rossi, che ha confermato l’orientamento dei giudici di merito sulla inconfigurabilità del fenomeno usurario in un contratto di finanziamento che preveda la c.d. “clausola di salvaguardia”.
L’argomento è stato già oggetto di approfondimento su questa rivista, in sede di commento all’ordinanza del Tribunale di Napoli del 28 gennaio 2014, espressamente richiamata nella pronuncia qui in esame, quale precedente conforme.
Nel caso di specie, il giudice napoletano si è pronunciato sull’istanza di sospensione dell’esecuzione proposta, in sede di ricorso in opposizione all’esecuzione immobiliare, dai debitori esecutati contro la banca procedente, sulla scorta di plurimi motivi, tra cui, principalmente, l’applicazione al contratto di mutuo di un tasso di interesse superiore al tasso soglia ex L.108/1996.
Al di là del principio di maggior interesse per la presente analisi, il Tribunale ha avuto modo di ribadire, preliminarmente, un aspetto importante in materia di contratti bancari: la clausola che prevede al corresponsione di interessi in misura superiore a quella legale non rientra, secondo il consolidato orientamento della S.C., tra quelle che debbono essere approvate specificamente per iscritto, non avendo natura vessatoria [ex plurimis, Cass., 27 aprile 2006 n.9646; Cass., 9 luglio 2009 n.16124].
Superata, dunque, tale generica e preliminare doglianza, l’ambito di analisi si è ristretto alla dedotta usurarietà del contratto di mutuo, che, nel caso di specie, è risultata limitata unicamente al saggio convenuto per gli interessi moratori (alcun appunto essendo stato mosso da parte ricorrente alla misura degli interessi corrispettivi).
Analizzate le molte incongruenze tra i dati forniti dal perito di parte e la realtà emergente dai documenti prodotti dalla banca, il Giudice ha avuto “gioco facile” nel “dissipare ogni perplessità” attraverso l’analisi della c.d. “clausola di salvaguardia”. Ed infatti, nel contratto di mutuo in discorso era stato stabilito testualmente che: “la misura di tali interessi non potrà mai essere superiore al limite fissato ai sensi dell’art.2, comma quattro, della legge 7 marzo 1996 n. 108, dovendosi intendere, in caso di teorico superamento di detto limite, che la misura sia pari al limite medesimo”.
Orbene, richiamando il precedente del medesimo Tribunale (in differente composizione), di cui si è già detto supra, l’ordinanza in commento ha escluso alla radice il verificarsi di qualsivoglia fenomeno usurario, alla luce della pattuita clausola di salvaguardia, per la quale, in caso di teorico superamento della soglia di usura, il tasso viene ricondotto automaticamente al livello della soglia stessa.
Così, la richiesta di sospensione dell’esecuzione è stata disattesa, con conseguente condanna degli opponenti alla rifusione in favore della opposta BANCA S.pA. delle spese relative al procedimento di sospensione.
A margine, è opportuna una riflessione di carattere generale: la predisposizione delle pattuizioni da parte dell’istituto di credito, con l’inserimento di una clausola di “salvaguardia”, oltre a “bloccare” le deduzioni del mutuatario sotto il profilo della usurarietà oggettiva, può considerarsi indice inequivoco della volontà della banca di rispettare la normativa antiusura o, in altri termini, dell’espressa finalità di non incorrere in violazioni di legge, neanche per effetto delle possibili oscillazioni dei tassi d’interesse (e qui il discorso si complica, quando vengano in rilievo mutui a tasso variabile), con un presumibile effetto “assolutorio” per l’istituto di credito anche relativamente all’eventuale contestazione dell’usura soggettiva (c.d. fattispecie residuale).
Il principio di diritto che emerge dalla pronuncia in esame, come massimato in epigrafe, può dirsi ormai consolidato nella giurisprudenza di merito, tale da imporre la massima prudenza al cliente che intenda promuovere un giudizio in danno degli istituti di credito, dolendosi dell’usurarietà di un contratto di finanziamento, anche in considerazione delle rilevanti condanne alle spese comminate dai Giudici delle segnalate pronunce (3.250,00 euro, a titolo di esempio, nel caso qui in commento).
La quasi totalità dei contratti bancari di finanziamento stipulati nella pratica, infatti, contiene una clausola di salvaguardia, rendendo assai complesso per il mutuatario sostenere in giudizio (e dunque provare) l’usurarietà del contratto, anche sotto il profilo soggettivo-residuale.
Testo del provvedimento
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