ISSN 2385-1376
Testo massima
Per i rapporti sorti prima del 2010, le Commissioni di Massimo Scoperto vanno escluse dal computo del tasso da raffrontare alla soglia.
Invero, alla stregua delle istruzioni date dalla Banca d’Italia, per il periodo di indagine, le stesse non andavano computate nel calcolo del TEG, atteso che l’art.2 bis della Legge 27/2009 – che include le CMS ai fini del calcolo del tasso soglia – si applica solo dal 2010 in avanti, e precisamente per i rapporti sorti successivamente al 01.01.2010..
Così si è pronunciata la Corte di Appello di Milano, pres. Giovanni Canzio rel. Francesca Fiecconi con ordinanza del 20.10.2014, nell’ambito di un contenzioso di conto corrente terminato il 31.12.2009.
La Corte, richiamando i precedenti in materia ha così aderito all’orientamento giurisprudenziale – ormai consolidato – per il quale nei rapporti esauriti prima del 2010 le Commissioni di Massimo Scoperto non vanno conteggiate ai fini del superamento del tasso soglia.
Tanto in considerazione non solo del valore vincolante per l’intermediario finanziario delle istruzioni emanate dalla Banca d’Italia per la rilevazione del TEGM ai sensi della legge sull’usura, ma anche in quanto l’art. 2 bis della L 27/2009, che avrebbe incluso nel calcolo del tasso applicato la CMS solo dal 2010 in avanti, non ha valore interpretativo della normativa passata, avendo il legislatore fatto salva la disciplina precedente.
Sul punto si rappresenta che più volte, è stata affrontata, e risolta analogamente la questione della rilevanza della commissione di massimo scoperto ai fini della verifica di usurarietà del contratto di apertura di credito nei rapporti antecedenti al 2010, e del valore vincolate delle istruzioni della banca d’Italia, quale “norme tecniche autorizzate”.
Per tali ragioni la Corte di Appello ha dichiarato inammissibile l’appello a norma dell’art. 348 bis cpc, atteso il presumibile esito sfavorevole dell’impugnazione.
IL COMMENTO
Un secco NO della Corte di appello all’inclusione della CMS nel calcolo del TEG, con una esemplare condanna al pagamento delle spese processuali di euro 8.000,00.
La decisione si caratterizza anche per lo strumento utilizzato dalla Corte la quale, dichiara l’inammissibilità avvalendosi del cd. filtro in appello, atteso che le argomentazioni sollevate dall’appellante non risultavano avere alcun valido supporto giuridico a fronte della chiarezza e correttezza delle argomentazioni del Giudice di prime cure attinenti al merito del giudizio.
Tale considerazione, precisano i Giudici, fa presumere che il normale giudizio di appello condurrebbe ad un esito sfavorevole all’appellante con una presunzione che rende palesemente inutile la prosecuzione del procedimento.
La Corte da con tale pronuncia continuità ad un precedente inedito del consigliere estensore VIGORELLI n.1212/2014 ed ad altre pronunzie dei tribunali di merito (Tribunale di Milano, dott. Antonio Stefani 21-10-2014; Tribunale di Ferrara, dott. Roberto Vignati, 02-07-2014; Tribunale di Milano, dott. A.S.Stefani, 03-06-2014 | n.7234; Tribunale di Ferrara, dott. Alessandro Rizzieri, 21-05-2014 | n.592; Tribunale di Torino, dott.ssa Maurizia Giusta, 17-02-2014 | n.1244; Tribunale di Verona, Sentenza, 09-12-2013).
Per approfondimenti si confrontino le pronunce raccolte nella rassegna giurisprudenziale:
edito dalla redazione di Ex parte Creditoris
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 594/2014