ISSN 2385-1376
Testo massima
I criteri fissati dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, primo comma, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 24), norma riconosciuta non in contrasto con la Costituzione con sent. n. 29 del 2002 della Corte Costituzionale.
E’ questo il principio di diritto che emerge dalla sentenza n.11265 pronunziata dalla Cassazione civile, sezione terza, in data 21/05/2014 in materia di usura.
Tale decisione si rivela particolarmente utile al fine di dirimere, seppur parzialmente, la lunga diatriba, sorta in dottrina e in giurisprudenza, in merito al risconoscimento o meno dell’ efficacia retroattiva alla Legge antiusura n.108/96 per i rapporti di credito sorti prima della sua entrata in vigore.
Nel caso di specie, il ricorrente aveva adito la Suprema Corte per appurare se la maturazione degli interessi, pur determinata da un titolo giudiziale passato in giudicato, potesse ritenersi svincolata dalla disciplina sopravvenuta restrittiva, nel senso che la maturazione dovesse avvenire nel rispetto della disciplina antiusura, indipendentemente da quanto risultava nel decreto ingiuntivo divenuto definitivo.
Ebbene, i giudici di legittimità, chiamati a pronunziarsi sul caso de quo, hanno evidenziato come, per consolidata giurisprudenza, il giudicato resti insensibile alla sopravvenuta normativa c.d. antiusura, anche e del resto in virtù dello specifico intervento normativo di interpretazione autentica del 2001 (L. 28 febbraio 2001, n. 24, di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, concernente interpretazione autentica della L. 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura) in ordine al riferimento della nozione – e delle conseguenze – di usurario ai soli interessi dipendenti da pattuizioni successive alla data di entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, (tra le moltissime, da ultimo, v. Cass. 19 febbraio 2014, n. 3968).
Alla luce di tali considerazioni gli Ermellini, ritenuto che le pattuizioni stipulate in data anteriore alla legge antiusura 108/96 si sottraggono all’applicazione della norma sopravvenuta che non retroagisce sui contratti in precedenza perfezionatisi e sugli effetti che i medesimi abbiano già prodotto, hanno rigettato il ricorso.
Dunque, ai fini dell’individuazione del carattere usurario degli interessi, occorre riferirsi, in via generale, esclusivamente al tasso-soglia vigente al momento della pattuizione degli interessi, essendo irrilevante, ai fini civilistici e penalistici, il momento dell’eventuale corresponsione di interessi ad un tasso divenuto, solo successivamente alla conclusione dell’accordo, superiore al tasso-soglia.
Sul punto, giova precisare che diverse sono le pronunzie di legittimità con le quali si è cristallizzato il principio di diritto in virtù del quale, nella specifica materia degli interessi chiesti sulla base di un titolo formato in epoca precedente all’entrata in vigore della l. 108/96, l’applicazione della disciplina sopravvenuta (l. 108/96) si pone in contrasto con il principio del giudicato.
In particolare, con la sentenza n.4380 del 25/03/2003, la Cassazione civile, sezione terza, dopo aver precisato che, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. secondo comma, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo indipendentemente dal momento del loro pagamento, ha affermato l’inapplicabilità della norma antiusura (L.108/1996) ai rapporti posti in essere prima della sua entrata in vigore.
Analogamente, con la sentenza n.5324 del 04/04/2003, la S.C., sezione terza, ha disposto che l’art.1 della L. 108/96, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti devono essere considerati usurari, non debba applicarsi ai contratti stipulati prima della sua entrata in vigore se relativi a rapporti già esauriti al momento della sua entrata in vigore.
Con la sentenza n.4092 del 25/02/2005, poi, la Cassazione civile, sezione prima, ha statuito che le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano degli interessi con rinvio agli usi, o che fissano la misura in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte, rispettivamente, con l’art. 4 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfuso nell’art. 117 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, e con l’art. 4 della legge 7 marzo 1996, n. 108), non sono retroattive e pertanto, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti stessi, ma possono soltanto implicarne l’inefficacia “ex nunc”, rilevabile solo su eccezione di parte.
Ed ancora, con la sentenza n.15621 del 12/07/2007, la Cassazione civile, sezione prima, ha asserito che la legge 28 febbraio 2001 n. 24, di conversione del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, di interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996 n. 108, che ha fissato la valutazione della natura usuraia dei tassi d’interesse al momento della convenzione e non a quello della dazione, non si applica solo ai rapporti di mutuo ma a tutte le fattispecie negoziali che possano contenere la pattuizione d’interessi usurari, salvo che il rapporto contrattuale non si sia esaurito anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 7 marzo 1996 n. 108, senza che rilevi la pendenza successiva di una controversia riguardante le ragioni di credito di una delle parti, dovendo trovare applicazione, in tale fattispecie, l’ordinaria disciplina della successione delle leggi nel tempo.
Infine, con la sentenza n.26499 del 17/12/2009, la Cassazione civile, sezione terza, ha ribadito il principio secondo cui la normativa antiusura successiva non può trovare applicazione nei riguardi di pattuizioni anteriori alla sua entrata in vigore, tenuto anche conto della interpretazione autentica di cui al D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 (convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24 e ritenuta conforme ai principi costituzionali dalla sentenza della Corte Costituzionale 25 febbraio 2002 n. 29).
Alla luce di tali pronunce, dunque, deve escludersi che gli interessi convenzionali, originariamente pattuiti nei contratti stipulati prima della entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, possano successivamente considerarsi usurari in virtù di tale normativa, atteso che la stessa non può ritenersi applicabile “per limiti temporali”.
Non può tralasciarsi, per completezza, che la Cassazione aveva operato un inatteso mutamento di giurisprudenza, con le pronunce nn. 602 e 603 del 2013, accordando rilevanza alla categoria dell’usura sopravvenuta per i rapporti non ancora esauriti alla data dell’entrata in vigore della legge n.108/1996, seppur come attenta dottrina ha notato senza affermare in alcun modo l’irretroattività di quest’ultima norma.
Di tale orientamento e di come successivamente la S.C. sia ritornata sui propri passi, già con la sentenza n.2188/2013 si è dato conto in sede di commento alla sentenza n.3968/2014, alla cui lettura si rinvia per ulteriori approfondimenti.
La conclusione che può trarsi, tornando alla pronuncia qui in esame, è che la giurisprudenza di legittimità sia ormai concorde nel ritenere inconfigurabile la categoria dell’usura sopravvenuta, alla luce anche del presupposto dell’irretroattività della normativa del ’96.
Testo del provvedimento
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