ISSN 2385-1376
Testo massima
Il tasso di mora nominale è oggetto di autonoma verifica rispetto al tasso soglia e ciò in ragione della sua autonoma e distinta funzione quale penalità per il ritardato adempimento, fatto imputabile al mutuatario e solo eventuale, la cui incidenza va rapportata al protrarsi e all’entità dell’inadempienza. Ne consegue che, ove detto tasso risultasse pattuito in termini da superare il tasso soglia rilevato all’epoca del stipulazione del contratto, la pattuizione del tasso di mora sarebbe nulla, ex art.1815 comma 2 c.c. (e quindi non applicabile), con l’effetto che, in caso di ritardo o inadempimento, non potranno essere applicati interessi di mora, ma saranno unicamente dovuti i soli interessi corrispettivi.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Milano, sesta sezione, nella persona della dott.ssa Laura Cosentini, che, con ordinanza del 28.1.2014, ha definito una controversia promossa nei confronti di un Istituto di credito per la dichiarazione di nullità delle clausole pattizie di un contratto di mutuo del 2001, regolanti rispettivamente il tasso ordinario ed il tasso di mora.
Il mutuatario, con ricorso ex art.702 bis cpc, ha chiesto la condanna della Banca alla restituzione degli interessi pagati e delle spese accessorie non dovute, per violazione dell’art.1815 cc e dell’art.1 D.L. n.394/00, come convertito con L.24/01, sull’assunto che i due diversi tassi d’interesse, a titolo di corrispettivo del prestito e a titolo di penalità per l’eventuale ritardo/inadempimento, cumulati tra loro conducessero a un evidente superamento, già in sede di stipulazione del contratto, del tasso soglia d’usura – rilevato all’epoca dalla Banca d’Italia.
Il Giudice meneghino ha rigettato la domanda, non condividendo in particolare – l’interpretazione operata dal mutuatario dei principi sanciti dai Giudici di legittimità con la nota sentenza n. 350/2013.
Per la decisione della controversia il Tribunale ha fornito, infatti, una chiara interpretazione dei principi di cui alla richiamata sentenza n.350/13, evidenziando che la Corte di legittimità in alcun modo si è espressa nel senso di affermare il criterio del cumulo tra tasso corrispettivo e tasso di mora, avendo unicamente sancito il principio secondo il quale: “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”.
Individuata, quindi, la modalità della verifica dei tassi moratori, il Giudice ha statuito un principio determinante per chiarire i limiti dell’insorgente contenzioso in tema di mutui, affermando che, nel caso di tasso moratorio superiore alla soglia dell’usura ex lege 108/1996, è detto tasso ad essere colpito dalla sanzione della nullità, con la conseguenza che, in caso di ritardo o inadempimento, non possono essere applicati interessi di mora, ma restano dovuti i soli interessi corrispettivi, ove lecitamente pattuiti entro la soglia di usura.
Da ciò consegue il principio generale, secondo il quale la nullità del tasso moratorio non travolge il tasso corrispettivo, che sarà sempre dovuto anche nel caso di ritardo del pagamento delle rate.
L’interpretazione del Giudice del principio di autonomia dei tassi di interesse moratori nella verifica del rispetto della soglia dell’usura con conseguente esclusione del cumulo con gli interessi corrispettivi è assunta proprio condividendo nella giusta lettura ermeneutica il principio affermato dalla sentenza 350/2013, che è unicamente quello secondo cui anche gli interessi moratori sono vincolati al limite del tasso soglia, come già precedentemente affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 29 del 25.2.2002.
Con il provvedimento in commento, viene chiarito che i Giudici del Palazzaccio, nel rilevare che il tasso di mora fosse stato pattuito in termini di maggiorazione percentuale del tasso corrispettivo, non hanno di certo voluto affermare che tasso corrispettivo e tasso di mora vadano comunque e sempre cumulati al fine della verifica del rispetto della soglia antiusura, essendo palese, invece, che la maggiorazione cui si è riferita la Corte riguardava unicamente la modalità di pattuizione di quel tasso di mora che, così calcolato nel caso di specie risultava usurario.
A conferma di tale interpretazione il Giudice ha rilevato come, nella fattispecie oggetto di decisione degli ermellini, non fosse posto in discussione il tasso corrispettivo accertato dal giudice del merito, né la sua debenza, ma si discutesse unicamente del tasso di mora.
Nell’intento di chiarire ulteriormente la portata del principio affermato dalla Cassazione con la citata sentenza, il Giudice ha precisato che l’unica possibile ipotesi di cumulo usurario di tasso corrispettivo e tasso di mora che potrebbe verificarsi nel caso in cui, “in presenza di ritardato pagamento, il conteggio dell’interesse di mora sull’intera rata, comprensiva d’interessi, sommato all’interesse corrispettivo, determinasse un conteggio complessivo d’interessi che, rapportato alla quota capitale, si esprimesse in una percentuale superiore al tasso soglia”.
La correttezza di quanto affermato sul punto dall’ordinanza in commento risulta anche ove si rilevi che la possibilità di sommare i due tassi (corrispettivi e moratori) non esiste neanche in matematica finanziaria.
Secondo le regole di quest’ultima, infatti, gli stessi sono calcolati su basi numeriche diverse e, cioè, i corrispettivi si calcolano sul debito in linea capitale residuo e servono a determinare la quota interessi su ogni rata, mentre quelli moratori si calcolano normalmente sulle rate (capitale e interesse) impagate.
Spesso, infatti, all’interno dei contratti bancari, i tassi moratori sono determinati solo come modalità di calcolo – dalla somma del tasso corrispettivo e dello spread fisso, e gli stessi- così calcolati vanno confrontati con la soglia d’usura, senza che possa operare alcuna sommatoria con i tassi corrispettivi.
Proprio sulla scorta di tali osservazioni, il Tribunale ha fatto derivare la conseguenza dell’usurarietà dei tassi moratori, affermando come già detto supra la nullità degli stessi ex art.1815 comma 2 cc e, quindi, nel caso di ritardo o inadempimento, la non applicabilità di questi ultimi, bensì dei soli interessi corrispettivi.
La decisione del Giudice Cosentini è di assoluta rilevanza, per aver ulteriormente liberato il campo da una possibile erronea lettura della sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione, la quale ha già generato un nuovo contenzioso in danno degli Istituti di credito, determinato a ben vedere da un’interpretazione non specialistica della disciplina.
Dal provvedimento si possono trarre le seguenti conclusioni:
1) gli interessi corrispettivi e quelli moratori non si sommano tra loro e devono separatamente sottostare al limite del tasso soglia;
2) in caso di superamento della soglia di usura per effetto dell’applicazione degli interessi moratori, stante l’autonomia delle singole pattuizioni, gli interessi corrispettivi saranno sempre dovuti ove lecitamente pattuiti entro il tasso soglia.
Peraltro, in maniera analoga si è pronunciato di recente il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice dott. Enrico Ardituro, con l’ordinanza del 28.01.2014, a conferma del fatto che la giurisprudenza di merito si sta attestando su un orientamento già segnalato da questa rivista in diverse occasioni.
All’uopo si segnalano i seguenti articoli correlati:
L’interesse moratorio si applica sull’unica e autonoma obbligazione derivante dall’inadempimento.
Altro | Arbitro Bancario Finanziario Collegio di Napoli | 05-12-2013 | n.125/14
L’Arbitro Bancario Finanziario di Napoli supera nuovamente l’orientamento della Cassazione.
Altro | Arbitro Bancario Finanziario Collegio di Napoli | 26-11-2013 | n.21/14
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 111/2014