Provvedimento segnalato dall’Avv. Donato Giovenzana – Legale d’impresa
L’art. 1815 c.c., co. 2, nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intende per “clausola” la singola disposizione pattizia che contempli interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto, in linea con il principio “utile per inutile non vitiatur”.
La sanzione di nullità per usurarietà degli interessi non può colpire nella sua totalità la pattuizione degli interessi stante la ratio legis dell’art. 1815 c.c, in quanto nel caso in cui le parti abbiano convenuto (per l’indebitamento che si produca entro i limiti del fido) un saggio di interesse inferiore al tasso soglia, la relativa disposizione è valida, e non vi è modo di ritenere che ad essa si comunichi la patologia negoziale che colpisce altra pattuizione atteso che il superamento del tasso soglia con riferimento all’extra fido, non incide sulla spettanza degli interessi convenuti contrattualmente.
La circostanza che l’indebitamento oltre i limiti del fido, prodottosi in un determinato arco temporale, generi interessi certamente non dovuti in virtù della pattuizione del relativo tasso oltre la soglia di legge, non vale ad escludere che l’indebitamento entro i limiti del fido, prodottosi in altro periodo, ove il relativo tasso di interesse non presenti carattere usurario, possa produrre interessi che il correntista debba validamente corrispondere, in virtù del principio utile per inutile non vitiatur.
Questi i principi dalla Suprema Corte di Cassazione civile, Pres. Dogliatti – Rel. Falabella con l’ordinanza n. 21470 del 15/09/2017.
Nella fattispecie processuale esaminata un cliente, nonché il suo fideiussore, convenivano in giudizio una Banca promuovendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catania in favore della Banca creditrice, con il quale veniva ingiunto ai debitori il pagamento di una somma di denaro per il superamento dello scoperto di c/c.
In particolare, in riferimento al contratto di apertura di credito, precedentemente acceso con l’Istituto creditizio, i debitori lamentavano l’arbitraria revoca dell’affidamento chiedendo che il Tribunale, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto, dichiarasse non dovuta alcuna somma per interessi, commissioni di massimo scoperto e spese, eccependo, nel merito, l’applicazione di tassi eccedenti il limite previsto dalla L. n. 108 del 1996, oltre che l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’addebito di spese ingiustificate, domandando, infine, la condanna della Banca alla restituzione della somma illegittimamente percepita.
Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo opposto, con condanna degli opponenti al pagamento della somma a debito, rigettando, nel merito, le domande risarcitorie.
Avverso la suddetta pronuncia, invano, gli ingiunti promuovevano appello, ottenendo pronuncia di rigetto delle domande dall’adita Corte.
Con una serie di articolati motivi di gravame, promuovevano ricorso per Cassazione il debitore e il suo fideiussore, lamentando, in particolare, l’erroneità della pronuncia per aver il collegio considerato inesistente l’applicazione di tassi usurari, nonché l’erroneità del calcolo adoperato per la verifica dell’osservanza del limite usura, per non aver i Giudicanti tenuto conto degli oneri accessori, nonché degli interessi extrafido applicati al c/c, in quanto superiori al TSU.
In tal senso, quindi, i debitori invocavano la gratuità del contratto per nullità delle clausole in esso contenute in violazione della legge 108/96.
La Suprema Corte ha ritenuto privi di fondamento i motivi di gravame, osservando che la genericità delle deduzioni avanzate dai ricorrenti – nel dedurre che la commissione di massimo scoperto, e le spese addebitate sul conto avrebbero determinato il superamento del tasso soglia anche con riguardo al saggio di interesse pattuito per il finanziamento concesso nei limiti del fido – ostasse alla cassazione della pronuncia per omessa specificazione della ragione per la quale la somma tra l’interesse debitorio e la commissione di massimo scoperto determinava il superamento del tasso soglia, nonché per mancata riproduzione del contenuto della clausole asseritamente nulle.
Il Collegio, in merito alla questione del cumulo dei tassi anche in riferimento alla necessità di tener conto dell’extra fido ai fini della valutazione di usurarietà dei tassi – confermando la statuizione della Corte d’Appello – ha osservato che giammai la sanzione di nullità per usurarietà degli interessi può colpire nella sua totalità la pattuizione degli interessi stante la ratio legis dell’art. 1815 c.c, in quanto nel caso in cui le parti abbiano convenuto (per l’indebitamento che si produca entro i limiti del fido) un saggio di interesse inferiore al tasso soglia, la relativa disposizione è valida, e non vi è modo di ritenere che ad essa si comunichi la patologia negoziale che colpisce altra pattuizione, atteso che il superamento del tasso soglia con riferimento all’extra fido, non incide sulla spettanza degli interessi convenuti contrattualmente, a nulla rilevando che la stessa clausola possa essere considerata autonoma rispetto alle altre.
Nel merito, la Suprema Corte ha, inoltre, spiegato l’art. 1815 c.c., co. 2, nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intende per clausola la singola disposizione pattizia che contempla interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto.
Sempre in tal senso, il Collegio ha ritenuto che la circostanza che l’indebitamento oltre i limiti del fido, prodottosi in un determinato arco temporale, generi interessi certamente non dovuti in virtù della pattuizione del relativo tasso oltre la soglia di legge, non vale ad escludere che l’indebitamento entro i limiti del fido, prodottosi in altro periodo, ove il relativo tasso di interesse non presenti carattere usurario, possa produrre interessi che il correntista debba necessariamente corrispondere, in virtù del principio utile per inutile non vitiatur.
Infine, la S.C. ha ritenuto parimenti infondato anche il motivo di doglianza concernete il risarcimento del danno per assenza di elementi idonei a ritenere sussistente l’elemento psicologico, osservando che ai fini della configurazione del reato di usura è necessario il dolo.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Suprema Corte ha rigettato interamente il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore della Banca convenuta.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
USURA: LA NULLITÀ PARZIALE DEI MORATORI EX ART. 1419 C.C. NON SI ESTENDE AI CORRISPETTIVI
IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEGLI ATTI GIURIDICI UNITAMENTE ALL’ART. 1224, CC LASCIA INTATTA L’OPERATIVITÀ DEI CORRISPETTIVI
Ordinanza | Tribunale di Taranto, dott. Claudio Casarano | 17.10.2014 |
USURA: LA SOMMATORIA DEI TASSI RAPPRESENTA UN “NON TASSO” O “TASSO CREATIVO”
LA VERIFICA DEL SUPERAMENTO VA FATTA CON RIFERIMENTO A CIASCUNA DELLE DUE CATEGORIE DI INTERESSI, CORRISPETTIVI E MORATORI
Sentenza | Tribunale di Ivrea, Dott.ssa Rossella Mastropietro | 26.02.2016 | n.152
USURA: ESCLUSA L’APPLICABILITÀ DELL’ART. 1815 C.C. AGLI INTERESSI DI MORA
GLI INTERESSI MORATORI ASSOGGETTABILI ALLA DISPOSIZIONE EX ART. 1384 C.C. CHE DISCIPLINA LA CLAUSOLA PENALE
Sentenza | Corte d’Appello di Brescia, sez. prima, Pres. Rel. Pianta | 28.01.2016 | n.85
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