La rilevabilità d’ufficio delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario presuppone pur sempre la tempestiva allegazione degli elementi di fatto da cui la nullità deriverebbe, dovendo la pronuncia di nullità basarsi sul medesimo quadro di riferimento concretamente delineato dalle allegazioni delle parti, e non su fatti nuovi, implicanti un diverso tema di indagine e di decisione; tale allegazione deve essere tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo entro il termine ultimo in relazione al quale nel processo di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum e deve essere corredata dalla specifica deduzione del fatto, che è riservata alla parte, non potendo il giudice procedere autonomamente alla ricerca, sia pure nell’ambito dei documenti prodotti in atti, delle ragioni che potrebbero fondare la domanda o l’eccezione, pur rilevabile d’ufficio.
La richiesta di consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, e deve essere negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott. Vittorio Carlomagno, con la sentenza n. 632 del 13.01.2016.
Nel caso considerato, un mutuatario-correntista ed i suoi fideiussori convenivano in giudizio l’Istituto di credito presso il quale erano accesi i rapporti, chiedendo, con riferimento al contratto di mutuo ipotecario, l’accertamento della nullità parziale del contratto a causa della pattuizione ed applicazione di interessi usurari, della conseguente gratuità del contratto ex art. 1815 comma 2 c.c., la rideterminazione dei rapporti di dare/avere fra le parti, la condanna della Banca alla restituzione delle somme eventualmente percepite in eccesso, previa all’occorrenza compensazione con il debito residuo degli attori; con riferimento al contratto di conto corrente, l’accertamento dell’illegittimità delle condizioni applicate dalla Banca e dei conseguenti addebiti da questa operati, la richiesta di rideterminazione del saldo del conto, la dichiarazione di inefficacia della fideiussione ex art. 1956 c.c., la correzione della segnalazione effettuata dalla Banca alla Centrale Rischi.
La Banca convenuta eccepiva la genericità ed il difetto di prova della domanda attorea e, specificamente, che il tasso corrispettivo e moratorio, previsto dal contratto di mutuo era inferiore al tasso soglia, e che il contratto di conto corrente era stato stipulato nel rispetto della disciplina applicabile ratione temporis; in via riconvenzionale, l’Istituto di credito domandava la condanna degli attori al pagamento del saldo del rapporto di conto corrente.
In ordine al contratto di mutuo ipotecario ed, in particolare, alla dedotta usurarietà del tasso di interesse ivi applicato, Il Tribunale di Roma rilevava la mancata tempestiva allegazione di parte attrice degli elementi di fatto da cui sarebbe derivata la nullità del predetto rapporto e l’inammissibilità del ricorso ad una consulenza tecnica d’ufficio, volta a colmare le lacune probatorie di parte istante, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provate.
In ordine al rapporto di conto corrente ed, in particolare, alla asserita applicazione di interessi superiori al tasso legale, rilevava l’espressa previsione nel contratto dei tassi concretamente applicabili, nonché la genericità delle contestazioni mosse da parte attrice circa l’illegittimità delle successive variazioni del tasso d’interesse in mancanza di puntuale indicazione sia della clausola specifica avente ad oggetto lo ius variandi, sia della disciplina applicabile ratione temporis.
Con riguardo alla dedotta applicazione di interessi anatocistici, in considerazione della stipula del contratto successiva all’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di anatocismo bancario, osservava che la disciplina contrattuale era pienamente rispettosa dei principi sanciti dagli artt. 120 T.U.B. e 2 delibera CICR, alla luce della prevista, identica periodicità trimestrale nella capitalizzazione dei rapporti di dare avere tra le parti.
Il Tribunale di Roma, inoltre, in relazione alla dedotta illegittimità della commissione di massimo scoperto, affermava la piena legittimità della relativa clausola, intesa quale corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover sempre essere in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto, applicabile ove il saldo del cliente risulti a debito, atteso che la c.m.s., pur non costituendo un interesse in senso tecnico, troverebbe giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che l’Istituto di credito subisce dovendo tener sempre a disposizione risorse liquide.
Infine, sulla domanda riconvenzionale della Banca, avente ad oggetto il saldo del rapporto di conto corrente, osservava che la pretesa azionata non risultava sorretta dall’allegazione e dalla prova della revoca del rapporto, sicché il credito doveva ritenersi non esigibile e la domanda rigettata.
In conclusione, il Tribunale adito, osservato che le contestazioni di parte attrice non trovavano riscontro nella documentazione contrattuale o risultavano del tutto generiche e che, in ogni caso, gli istanti non avevano prodotto in giudizio i contratti di conto corrente, non avevano preso posizione sulla documentazione contrattuale prodotta dalla convenuta e non avevano formulato alcuna contestazione sulla validità ed efficacia delle condizioni contrattuali, ribadita l’inammissibilità del ricorso ad una CTU contabile volta a colmare le lacune probatorie della parte, rigettava la domanda principale e la domanda riconvenzionale della Banca, condannando parte attrice al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RIPETIZIONE INDEBITO: CTU inammissibile a fronte di generiche contestazioni
Il cliente-attore non può ovviare alle proprie carenze probatorie mediante perizia d’ufficio
Ordinanza | Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto, dott. M. Emanuele Quadrami | 03.02.2015 |
CTU: inammissibile se finalizzata ad indagine esplorativa su fatti non provati
Non può essere disposta per sopperire alle carenze probatorie delle parti
Ordinanza | Tribunale di Latina, dott. Raffaele Miele | 12.01.2015 |
USURA: domanda generica ed inconsistente sanzionata per lite temeraria
In mancanza di specifica allegazione l’iniziativa processuale è incauta
Sentenza | Tribunale di Roma, dott. Vittorio Carlomagno | 14.10.2015 | n.20694
USURA BANCARIA: è illegittima la CTU se la parte non ha fornito la prova di quanto assume violato
E’ onere della parte dimostrare l’avvenuto superamento del tasso soglia anche mediante la produzione dei decreti e delle rilevazioni della Banca di Italia
Sentenza | Tribunale di Latina, dott. Raffaele Miele | 28.08.2013 | n.19154
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