Provvedimento segnalato dall’Avv. Giampiero Rampinelli Rota del foro di Brescia
Il cliente che agisca in giudizio deducendo il carattere usurario degli interessi praticati dalla Banca in esecuzione di un contratto intervenuto tra le parti, è tenuto a provare il fondamento della propria domanda mediante tempestiva allegazione degli elementi di fatto da cui deriverebbe il dedotto carattere usurario.
La pretestuosità e genericità delle censure e la proposizione di domande stereotipate e prescindenti dalla documentazione sottoscritta, giustificano la condanna del cliente, ex art. 96 c.p.c..
Questi i principi espressi dal Tribunale di Mantova, Dott. Marco Benatti, con la sentenza n. 662 del 30.06.2015.
Una società correntista conveniva in giudizio la Banca, premettendo di avere acceso un conto corrente presso una filiale dell’Istituto di credito convenuto e tre contratti di conto anticipi, garantiti da fideiussione, e lamentando, in particolare, la nullità del rinvio agli usi per la determinazione dell’interesse ultralegale, con conseguente necessità di ricondurre all’interesse legale ex art. 117 tub; l’inapplicabilità, quanto all’anatocismo, del meccanismo previsto dalla delibera CICR 09/02/2000 in quanto concretante abuso del diritto o comunque violazione della regola di correttezza, con conseguente applicazione dell’art. 9 legge 192/98 sull’abuso di posizione dominante; l’illegittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto per mancanza di espressa pattuizione e di giustificazione causale; la mancata pubblicità delle variazioni sfavorevoli del tasso d’interesse; l’illegittimità della decorrenza delle valute; l’applicazione di un tasso d’interesse superiore a quello d’usura previsto dalla legge 108/96; l’illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi; con conseguente richiesta di dichiarazione delle predette nullità e di condanna della convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate.
La Banca si costituiva in giudizio, contestando le censure attoree ed evidenziando come tutte le clausole, cui la citazione faceva riferimento, fossero analiticamente stabilite dai contratti e pattuite tra le parti, come le obbligazioni relative fossero regolarmente garantite dalla fideiussione rilasciata ed, in via riconvenzionale, come la società e il suo garante risultassero debitori di una certa somma, a titolo di saldo debitore dei contratti oggetto di contestazione.
Il Tribunale, quanto alle censure in punta di anatocismo, rilevato che, ai sensi dell’art. 25/2 del D.lgs. 342/99, il CICR stabilisce le modalità ed i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, in espressa deroga all’art. 1283 c.c., osservava che ove prevista una pari periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori l’anatocismo è consentito per espressa volontà del legislatore, che ha regolato la fattispecie in deroga all’art. 1283 cc.
Il legislatore, del resto, proseguiva il Giudice, ha specificamente individuato le condizioni d’ammissibilità dell’anatocismo ed, all’interno di questa previsione ed allo scopo di provare il citato abuso, sarebbe obbligo rigoroso degli attori provare l’esistenza di un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi nonché della reale possibilità di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.
In riferimento, all’eccezione di nullità del tasso d’interesse ultralegale con conseguente sostituzione ex art. 117 tub, il Giudice, sottolineato che i tassi erano stati regolarmente pattuiti per iscritto ex art. 1284 c.c., rilevava l’assoluta genericità delle censure attoree, fondate su un coacervo di considerazioni generiche in ordine alle modalità di calcolo dell’usura ed ai valori da computarvi, totalmente prive di elementi fattuali utili a comprovare la dedotta violazione della disciplina usuraria.
Alla luce di quanto esposto, il Giudice adito rigettava le domande attoree, condannando ex art. 96 c.p.c. la società attrice ed il fideiussore in solido, al pagamento delle spese di lite, in considerazione della pretestuosità e genericità delle censure sollevate e la proposizione di domande stereotipate, prescindenti dalla documentazione sottoscritta dal cliente.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: È ONERE DELLA PARTE INDICARE I SINGOLI PERIODI TEMPORALI
INAMMISSIBILE IL RICORSO A CTU TECNICO CONTABILE PER SUPPLIRE A CARENZE PROBATORIE DELL’ISTANTE
Sentenza | Tribunale di Taranto, dott. Alberto Munno | 21.03.2016 |
IL GIUDICE NON PUÒ PROCEDERE AUTONOMAMENTE ALLA RICERCA DELLE RAGIONI DELLA PRETESA
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott. Vittorio Carlomagno | 13.01.2016 | n.632
USURA: DOMANDA GENERICA ED INCONSISTENTE SANZIONATA PER LITE TEMERARIA
IN MANCANZA DI SPECIFICA ALLEGAZIONE L’INIZIATIVA PROCESSUALE È INCAUTA
Sentenza | Tribunale di Roma, dott. Vittorio Carlomagno | 14.10.2015 | n.20694
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