La funzione svolta dagli interessi corrispettivi è totalmente diversa da quella dei moratori, in quanto i primi rappresentano il corrispettivo del diritto del mutuatario di godere della somma capitale in conformità con il piano di rimborso graduale, mentre i moratori rappresentano la liquidazione anticipata e forfettaria del danno causato al mutuante dall’inadempimento o dal ritardato adempimento del mutuatario.
È del tutto iniquo un confronto di due dati disomogenei, ove il primo sia calcolato computando le voci di costo secondo una data metodologia, che esclude gli interessi di mora, e il secondo sia calcolato, computando voci di costo diverse includendo gli interessi di mora.
La rilevazione dei tassi usurari richiede inevitabilmente l’utilizzazione di dati tra loro oggettivamente comparabili di conseguenza se detto raffronto non viene effettuato impiegando la stessa metodologia di calcolo il dato viene ricavato non può che essere in principio viziato.
L’unico parametro oggettivo disponibile per la ricostruzione in via interpretativa di un tasso soglia degli interessi moratori è dato dai risultati di un’indagine statistica effettuata dalla Banca d’Italia, che rilevò come mediamente il tasso degli interessi moratori convenzionalmente pattuito fosse maggiorato di 2,1 punti percentuali rispetto al tasso medio degli interessi corrispettivi.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Giuseppe Russo, con la sentenza n.12716 del 21 giugno 2018.
Un MUTUATARIO conveniva in giudizio una BANCA, con la quale aveva sottoscritto tre contratti di mutuo, al fine di ottenere, previa dichiarazione di nullità delle clausole relative alla determinazione degli interessi, la gratuità ex art. 1815 c.c. dei contratti in oggetto, ritenendo che i tassi di mora originariamente pattuiti già da soli o comunque sommati ai tassi corrispettivi ovvero maggiorati degli ulteriori costi del finanziamento erano superiori ai tassi soglia vigenti al momento della conclusione dei tre contratti, infine condannare la BANCA a restituire tutte le somme indebitamente percepite da compensare, eventualmente, con il debito residuo, oltre al risarcimento dei conseguenti danni patrimoniali.
Si costituiva in giudizio la BANCA, la quale eccepiva l’inammissibilità delle domande, chiedendone il rigetto.
Il Tribunale ha precisato che le rilevazioni operate dalla Banca d’Italia, sulla scorta delle quali il Ministero dell’Economia determina trimestralmente, mediante appositi decreti, i tassi effettivi globali medi, vengono effettuate senza tener conto dei moratori, i quali riguardano operazioni con andamento anomalo in quanto non dovuti dal momento dell’erogazione del credito, ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.
Sarebbe, pertanto, errato un confronto di due dati disomogenei, interessi corrispettivi e interessi di mora, dove il primo sia calcolato computando le voci di costo secondo una data metodologia che esclude gli interessi di mora, e il secondo sia calcolato, computando voci di costo diverse includendo gli interessi di mora.
Il Giudice ha affermato che “la rilevazione dei tassi usurari richiede necessariamente l’utilizzazione di dati tra loro oggettivamente comparabili sicché se detto raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato”.
Il Tribunale ha ritenuto che ai fini del verificarsi dell’usura il tasso di mora dovrà essere raffrontato con un tasso soglia determinato attraverso la maggiorazione del TEGM del 2,1%, aumentato poi della metà.
Nel caso di specie:
– per il contratto di mutuo stipulato in data 8/3/2005 il tasso di mora pari al 6,73%, quindi inferiore al tasso soglia dell’8,94% ottenuto attraverso la maggiorazione del 2,1% del TEGM vigente all’epoca della stipulazione del contratto (3,86%) ed il successivo aumento della metà;
– per il mutuo stipulato in data 30/1/2006 il tasso di mora pari al 7,00%, sempre inferiore al tasso soglia dell’8,925% ottenuto attraverso la maggiorazione del 2,1% del TEGM vigente all’epoca della stipulazione del contratto (3,85%) ed il successivo aumento della metà;
– per il mutuo stipulato in data 10/3/2008 il tasso di mora pari al 8,52%, persino inferiore al tasso soglia dell’8,625% ottenuto aumentando della metà il TEGM vigente all’epoca della stipulazione del contratto (5,75%) senza la maggiorazione del 2,1%.
Gli interessi di mora, in sé considerati e previsti nei tre contratti di mutuo non possono essere considerati usurari, non superando i tassi soglia anti-usura calcolati secondo le modalità sopra indicate
Per le sopra esposte ragioni il Giudicante rigettava la domanda, con conseguente condanna alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
USURA BANCARIA: ECCO LE RAGIONI PER CUI LA CORTE HA ERRATO NELL’INCLUDERE IL TASSO MORATORIO NEL CALCOLO DELL’USURA
I TASSI EFFETTIVI GLOBALI MEDI NON COMPRENDONO GLI INTERESSI MORATORI
Sentenza | Cassazione civile, sezione prima | 09.01.2013 | n.350
USURA: LA CMS FUORI DAL TEG FINO AL 1 GENNAIO 2010
I DATI DA PORRE A CONFRONTO CON IL TASSO SOGLIA DEVONO ESSERE CALCOLATI CON LA MEDESIMA METODOLOGIA
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel- Mercolino | 03.11.2016 | n.22270
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-la-cms-fuori-dal-teg-fino-al-1-gennaio-2010
USURA BANCARIA: ANCHE PER LA CASSAZIONE LA CMS È IRRILEVANTE FINO AL 31 DICEMBRE 2009
IL CONFRONTO DEVE AVVENIRE TRA “ELEMENTI OMOGENEI DELLA REMUNERAZIONE BANCARIA”
Sentenza | Cassazione Civile, Prima Sezione | 22.06.2016 | n.12965
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