Ai fini della verifica del superamento del tasso soglia di usura, gli interessi di mora non debbono essere sommati agli interessi corrispettivi atteso che, ove si verifichino le condizioni per la loro applicazione, essi non si aggiungono, ma si sostituiscono ai corrispettivi. È irrilevante la sommatoria, perché il debitore non sarà mai chiamato in esecuzione del contratto di mutuo a corrispondere un interesse che sia la sommatoria di quello corrispettivo e di quello di mora. Il dato numerico derivante dalla sommatoria non incide sui costi complessivi del mutuo e, sotto il profilo economico, è privo di significato.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Lecce, Giudice Antonio Barbetta, con la sentenza n. 2496 del 17.07.2019.
Una società in liquidazione ha convenuto in giudizio una banca che le aveva notificato un atto di precetto, intimandole il pagamento di una somma di denaro per sorte capitale ed interessi, in relazione al contratto di mutuo sottoscritto. La società ha quindi chiesto la declaratoria di inefficacia dell’atto di precetto con accertamento dell’usurarietà ab origine della pattuizione e nullità delle clausole con le quali erano stati convenuti interessi usurari.
Si è costituita la banca, chiedendo il rigetto dell’opposizione, non avendo applicato alcun interesse usurario.
Il Giudice ha ritenuto l’opposizione infondata e l’ha rigettata. In motivazione, ha sottolineato che il comma secondo dell’art. 1815 c.c. prevede la nullità della clausola del mutuo con cui vengano pattuiti interessi usurari stabilendo altresì che, in presenza di tale clausola, non siano dovuti interessi. Ai sensi del comma 4 dell’art. 644 c.p, invece, “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
Tali disposizioni vanno lette in combinato con l’art. 1 d.l. 29.12.2000 n. 394, conv. in l. 28.2.2001 n. 24, secondo cui “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono premessi o comunque convenuti, a qualsiasi titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Dunque il legislatore del 2000, qualificando come usurari ai sensi degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. gli interessi convenuti “a qualsiasi titolo” impone di considerare ai fini che ci occupano anche gli interessi di mora, sebbene la loro funzione non sia quella di corrispettivo del finanziamento e dunque, senza questa specificazione normativa, ben difficilmente avrebbero potuto essere considerati ai fini della integrazione del reato di usura (e dunque anche ai fini dell’art. 1815 c.c.), la cui fattispecie tipica prevede la promessa o dazione di interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità (non a caso ancora oggi parte non irrilevante della giurisprudenza di merito continua a ritenere non significativi ai fini dell’usura gli interessi moratori).
L’Organo giudicante ha quindi aderito all’orientamento che si è consolidato in giurisprudenza nel senso della irrilevanza della sommatoria ai fini della determinazione del tasso soglia di usura.
“Se infatti è solo attraverso una fictio iuris – si legge in sentenza – imposta da una norma che si pone in contrasto con la definizione stessa del reato di usura, che gli interessi di mora debbono essere considerati ai fini dell’usura, in assenza di una ulteriore norma che lo imponga, non si vede per quale motivo interessi di mora e corrispettivi, tra loro alternativi, dovrebbero essere sommati per verificare il superamento del tasso soglia di usura. Se, come appare evidente, la intenzione del legislatore è quella di ricondurre ad usura ogni costo collegato alla erogazione del finanziamento non appare possibile effettuare una sommatoria tra due entità, gli interessi corrispettivi e gli interessi di mora, che non operando congiuntamente non comportano, complessivamente considerati, un costo unitario per il debitore”.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
MUTUO: INAPPLICABILE L’ART. 1815, CO. 2, C.C., AGLI INTERESSI MORATORI USURARI
IL FINANZIAMENTO NON PUÒ DIVENTARE GRATUITO
Sentenza | Tribunale di Trani, Giudice Roberta Picardi | 27.02.2019 | n.51
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/mutuo-inapplicabile-lart-1815-co-2-c-c-agli-interessi-moratori-usurari
USURA-MUTUO: NON È CORRETTA LA SOMMATORIA DEI TASSI
IL SUPERAMENTO DELLA SOGLIA VA VERIFICATO SEPARATAMENTE PER LE DUE CATEGORIE DI INTERESSI, SENZA POSSIBILITÀ DI CUMULO
Sentenza | Tribunale di L’Aquila, Giudice Annarita Giuliani | 29.01.2019 | n.38
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-mutuo-non-e-corretta-la-sommatoria-dei-tassi
USURA: TASSO MORATORIO E CORRISPETTIVO NON POSSONO MAI ESSERE APPLICATI CONGIUNTAMENTE
IN PRESENZA DI UNA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA IL DEBITORE NON PUÒ INVOCARE LE SANZIONI EX ART. 1815 C.C.
Sentenza | Tribunale di Torino, Giudice Edoardo Di Capua | 07.01.2019 | n.29
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-tasso-moratorio-e-corrispettivo-non-possono-mai-essere-applicati-congiuntamente
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