Testo massima
Il
tasso soglia al di là del quale gli interessi sono considerati usurari,
riguarda non solo gli interessi corrispettivi, ma anche quelli moratori;
peraltro, la verifica dell’eventuale superamento
del tasso deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle
due categorie di interessi, senza sommarli tra loro.
Ove il superamento del tasso soglia riguardi solo gli interessi
moratori, la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c. colpisce unicamente la clausola
concernente i medesimi interessi moratori, senza intaccare l’obbligo di
corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di
sotto della soglia.
Cosi si è pronunciato il Tribunale di Reggio Emilia, in persona del dott. Gianluigi Morlini, con sentenza del 24 febbraio 2015,
n.304, in una controversia che vedeva contrapposta una azienda di
credito ed un mutuatario che aveva proposto opposizione a precetto, sul
presupposto dell’usurarietà dei tassi pattuiti ed, in particolare, della
presenza di un interesse moratorio superiore alla soglia di usura.
Il Tribunale ha dato
atto della sussistenza in giurisprudenza di due contrapposte tesi, circa la
rilevanza degli interessi moratori ai fini della applicazione della normativa
antiusura, ed in particolare:
a) da
un lato, vi è chi sostiene l’estraneità della normativa antiusura alla materia
degli interessi moratori, tesi supportata da seri argomenti letterali e
sistematici, posto che la figura tipica
dell’usura è quella disegnata dall’art. 644 c.c., il cui esplicito riferimento
a ciò che viene dato o promesso “in
corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità“, sembra
circoscrivere il fenomeno usurario alla pattuizione di interessi corrispettivi;
e che una conferma di ciò può essere ricavata anche dall’art. 19
paragrafo 2 della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai
consumatori, il quale espressamente
esclude dal calcolo del taeg eventuali penali per inadempimento.
Detta
tesi ha l’indubbio pregio di armonizzare i principi dell’ordinamento e la
necessità di effettuare uno scrutinio anche sull’ammontare degli interessi
moratori, non già utilizzando la normativa sull’usura, ma riconducendo la
previsione contrattuale di interessi moratori nell’alveo delle clausole penali,
con conseguente applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, del potere
equitativo di riduzione attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c.
b) dall’altro, l’argomentazione di chi ritiene
decisivo il riferimento operato dall’art. 1 D.L. 394/2000 agli interessi
“convenuti a qualunque titolo”, ciò che consentirebbe di considerare ricompresi
nell’ambito della normativa antiusura anche gli interessi moratori.
È
questa, d’altro canto riferisce il Tribunale Emiliano la posizione della
giurisprudenza di legittimità, che sin dalla sentenza di Cass. n. 5286/2000 ha
statuito che “non v’è ragione per
escluderne l’applicabilità anche nelle ipotesi di assunzione dell’obbligazione
di corrispondere interessi moratori”, atteso che “il ritardo colpevole non giustifica di per sé il permanere della
validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale
posto dalla legge” (nello stesso senso anche le successive Cass. n.
14899/2000, Cass. n. 8442/2002, Cass. n. 5324/2003, Cass. n. 10032/2004, Cass.
n. 9532/2010, Cass. n. 11632/2010, Cass. n. 350/2013).
Il Giudice di Reggio
Emilia, se da un lato ha ritenuto non priva di pregio e coerenza la tesi sub a), ha comunque optato per una
pronuncia conforme all’orientamento di legittimità più recente (ex multis, Cass.Civ. 9 gennaio 2013 n.350),
per cui non vi sarebbero ragioni per
escludere che l’applicabilità
anche nelle ipotesi di assunzione dell’obbligazione di corrispondere interessi
moratori”.
La decisione ha
evidenziato e tale notazione ha primario rilievo nel contenzioso bancario che
l’eventuale riscontro di usura oggettiva con riferimento agli interessi
moratori non inficia la validità della pattuizione relativa agli interessi
corrispettivi, dovendo la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia essere autonomamente eseguita con
riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza sommarli tra
loro.
Ciò anche in considerazione che la Corte di Cassazione, con la arcinota
sentenza n. 350/2013, non ha mai in ogni caso paventato la possibilità di
verificare l’usura oggettiva mediante la semplice addizione dei due tassi,
essendosi limitata semplicemente ad indicare la necessità di accertare
il rispetto del tasso soglia anche in relazione agli interessi moratori.
Alla luce di tali considerazioni il Tribunale ha accolto l’opposizione
a precetto, solo limitatamente alla parte in cui il credito della Banca doveva
intendersi ridotto (per altro marginalmente) epurandolo degli interessi
addebitati a titolo di mora.
IL COMMENTO
La decisione interviene sulla complessa querelle degli interessi moratori, la quale rappresenta, come noto,
un “dilemma” ancora in via di risoluzione.
Da un lato vi è la giurisprudenza di legittimità, che senza troppe
oscillazioni (ma, per la verità, senza articolate motivazioni) afferma che
anche gli interessi moratori devono sottostare alla normativa usura.
Dall’altro vi sono da valutare diversi aspetti di carattere sia
logico aritmetico che giuridico che rendono poco convincente la tesi degli
Ermellini, già superata da qualche (ormai non più isolata) pronuncia di merito,
di seguito sintetizzati.
1)
La normativa antiusura è volta a sanzionare
l’eccessività degli oneri “remuneratori” di un prestito di danaro, mentre gli
interessi di mora hanno una natura differente e mirano a PRE-LIQUIDARE il danno
da inadempimento, funzione che non muta la natura giuridica di tale tipo di
interessi;
2)
Gli elementi di costo del credito che non sono in alcun
modo contemplati nel calcolo dei tassi soglia non possono essere raffrontati a
quest’ultimo;
3)
Le istruzioni di Bankitalia, oltre a classificarsi come
“norme tecniche autorizzate”, sono comunque vincolanti per gli enti vigilati,
per cui non può pretendersi che le Banche, nell’erogazione del credito, si
discostino dalle direttive dell’Organo di vigilanza;
4)
Il legislatore del ’96 non ha in alcun modo inciso
sulla disciplina della clausola penale, la cui natura giuridica è
sovrapponibile a quella degli interessi moratori, così dimostrando che la
normativa antiusura non prende in considerazione gli “oneri risarcitori”, a
fronte dell’eccessività dei quali soccorre eventualmente l’art.1384 c.c. e non
è applicabile la sanzione di cui all’art.1815, secondo comma, c.c.;
5) Il
nuovo
art..1284, IV comma c.c., introdotto dal D.L.n. 132/2014, nell’individuare i
nuovi “interessi legali di mora” rinvia a tassi superiori alle soglie di usura,
ragion per cui, o il legislatore è
“usuraio” ed ha introdotto una sorta di “usura legale”, ovvero ha inteso
definitivamente escludere i tassi di mora (anche convenzionali) dai meccanismi
di tutela antiusura.
Soprattutto il punto 5) suscita le maggiori perplessità.
Se il legislatore del D.L.n. 132/2014 richiama l’applicazione “legale”
di interessi di mora superiori alle soglie di usura, non può ritenersi che si
tratti di “schizofrenia” normativa, ma il sistema dev’essere riportato a
coerenza concludendo che l’attuale normativa antiusura non riguarda gli
interessi moratori, rispetto ai quali la tutela del mutuatario risiederà non
tanto nei meccanismi di cui alla legge n.108/1996, bensì nella riduzione
equitativa della penale eccessiva, di cui all’art.1384 cc.
L’ultimo “arresto” del Tribunale di Reggio Emilia dà atto della
“confusione” normativa e giurisprudenziale sul punto e fa emergere tra le
righe la necessità che si faccia chiarezza su una disciplina tuttora oscura
in alcuni punti.
Per approfondimenti, si consulti la rassegna giurisprudenziale “Il
punto sull’usura bancaria“
Testo del provvedimento
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