ISSN 2385-1376
Testo massima
Gli interessi corrispettivi hanno diversa natura e funzione rispetto a quelli moratori: i primi sono protesi a remunerare l’intermediario per la messa a disposizione del denaro in favore dell’accipiens, i secondi mirano invece a forfettizzare il danno conseguente all’inadempienza del debitore.
La loro sommatoria ai fini della verifica del superamento del c.d. tasso soglia anti-usura conduce ad un risultato del tutto inaccettabile sul piano logico, giuridico e financo fattuale. È evidente infatti che, al verificarsi del presupposto applicativo dell’interesse al tasso di mora (inadempimento del debitore), quest’ultimo va a sostituirsi e non già a sommarsi al tasso corrispettivo.
Questi i principi affermati dall’ABF Milano con la decisione 3577 del 2014 resa in materia di locazione finanziaria, a conferma dell’orientamento della giurisprudenza di merito all’indomani della sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione.
Nel luglio del 2009, i ricorrenti stipulavano con la banca resistente un contratto di locazione finanziaria. Gli stessi, sul presupposto che la disciplina antiusura si applicasse anche agli interessi moratori e che al fine del superamento del limite quest’ultimi dovessero essere sommati a quelli corrispettivi, ritenevano illegittimo l’operato della banca, giacché la sommatoria degli interessi moratori e corrispettivi si attestava al 11,368% a fronte di un tasso soglia del 10,365%.
Per tale ragione i ricorrenti, ritenuta la necessità di considerare anche il tasso moratorio ai fini del superamento della soglia, chiedevano la condanna della banca alla restituzione della quota di interessi che asserivano essere stati illegittimamente addebitati, nonché la declaratoria di nullità del contratto di leasing.
Il Collegio milanese, partendo dal principio “per il quale il tasso usurario resta tale quantunque sia pattuito a titolo moratorio” ha, però, chiarito come ad una valutazione di usurarietà degli interessi non si poteva pervenire attraverso la sommatoria degli interessi corrispettivi agli interessi moratori. La decisione in commento, in linea con i precedenti dell’ABF in materia (decisione A.B.F. Napoli, 20.11.2013, n. 5877), vieta a monte la possibilità di una somma tra i due tipi di interesse.
Infatti, “l’aprioristica sommatoria dei due tassi contrattualmente previsti e assolventi funzioni tutt’affatto diverse conduce ad un risultato del tutto inaccettabile sul piano logico, giuridico e financo fattuale. È evidente infatti che, al verificarsi del presupposto applicativo dell’interesse al tasso di mora (inadempimento del debitore), quest’ultimo va a sostituirsi e non già a sommarsi al tasso corrispettivo“.
Dunque, quando l’applicazione dell’interesse moratorio si verifichi come sostitutiva e non additiva rispetto all’interesse corrispettivo, ai fini della verifica del superamento del c.d. tasso soglia anti-usura, i due tassi non possono tra loro essere sommati.
La strutturale diversità degli interessi corrispettivi e di mora è tale da rendere problematica, sul piano logico-giuridico, la stessa possibilità di loro sommatoria, orientamento pienamente confermato dal Collegio nella decisione in commento.
Pertanto, è evidente che si tratta di entità giuridicamente ed economicamente disomogenee, costituendo i primi la misura di remunerazione del capitale concesso in credito e i secondi quella del risarcimento del danno, dovuto in caso di inadempimento del conseguente obbligo restitutorio, come conferma la stessa rubrica dell’art. 1224 cc.
IL COMMENTO
L’erronea lettura della pronuncia della Corte di Cassazione n.350/2013 ha aperto ampio dibattito sul tema della rilevanza degli interessi moratori al fine della valutazione dell’usurarietà oggettiva, conducendo taluni a ritenere che tale pronunzia avesse modificato il precedente orientamento giurisprudenziale, nel senso che, ai fini del raffronto alla soglia di usura, debba effettuarsi l’addizione tra i due valori del tasso corrispettivo e del tasso moratorio.
La Suprema Corte, come già rilevato dalla giurisprudenza di merito pronunciatasi in casi analoghi, si è limitata ad affermare che anche gli interessi moratori devono sottostare al tasso soglia, senza mai addivenire alla conclusione della additività dei due tassi. In particolare, la Cassazione, pronunciandosi in via incidentale e senza alcun esame approfondito della vicenda ha semplicemente confermato la propria giurisprudenza, formatasi all’indomani della normativa di interpretazione autentica della legge 108/1996 (D.L. n. 324/2000 e relativa legge di conversione), sostenendo che «… ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori».
Invero, non vi sono poche ragioni per ritenere che tale interpretazione sia in realtà criticabile, ricostruendo il sistema costruito dal legislatore del ’96 come sostanzialmente volto a sanzionare l’eccessività degli oneri del mutuatario dovuti a titolo retributivo e non di quelli dovuti a titolo risarcitorio (quali gli interessi moratori).
Per avere una esatta rappresentazione del fenomeno dell’usura, in riferimento a questa problematica, si deve tener conto sostanziale differenza tra i due tipi di interesse.
In particolare, i primi rappresentano la remunerazione sul capitale preso a prestito dal mutuatario, mentre i secondi costituiscono la preventiva liquidazione del danno che potrebbe verificarsi in caso di inadempimento.
E evidente che trattasi di due categorie ontologicamente e funzionalmente differenti, non omogenee tra loro e che, salvo diverse pattuizioni, non si applicano contemporaneamente in capo al mutuatario, ragione precipua per la quale è illogico sostenerne la sommatoria ai fini del calcolo di usurarietà.
Sul punto, è sufficiente ipotizzare un caso limite per chiarire l’irrazionalità di una diversa interpretazione.
Si pensi all’ipotesi in cui le parti non abbiano pattuito il tasso moratorio, motivo per il quale sovverrà la disciplina di cui all’art. 1224 cc, che regolamenta i danni nelle obbligazioni pecuniarie, a mente della quale, nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Al secondo e terzo comma la norma prevede altresì che “(II) se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. (III) Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori“.
Orbene seguendo l’orientamento (errato) della sommatoria, si dovrebbe concludere che, ai fini del raffronto al tasso soglia, gli interessi corrispettivi dovuti a titolo di mora vadano addizionati agli stessi interessi corrispettivi già dovuti quale remunerazione del prestito. Ma è evidente che tale interpretazione è del tutto estranea alla ratio della disposizione codicistica.
Del resto, sull’illogicità della teoria della sommatoria si è già ampiamente pronunciata la giurisprudenza di merito (ex multis, Tribunale di Trani, dott.ssa Francesca Pastore, Sentenza del 10/03/2014, su http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-bancaria-la-sommatoria-fra-il-tasso-debitore-e-quello-moratorio-e-un-errore-di-carattere-logico-oltre-che-giuridico.html ), ma la più recente giurisprudenza di merito pare incline ad addivenire ad una conclusione ulteriore: l’irrilevanza degli interessi di mora nel calcolo del TEG e la loro inconfrontabilità per ragioni di natura e funzione ad una soglia che è determinata secondo parametri che non includono i tassi moratori.
È recentissima la pronuncia del Tribunale di Roma che, tra le righe, nel confermare la tesi della non additività dei due tassi, apre la strada alla tesi secondo la quale solo gli oneri corrispettivi rilevano ai fini della sanzione ex art.1815, comma 2, cc (cfr. Tribunale di Roma, Pres. Dott.ssa F. D’Ambrosio Rel. Dott.ssa B. Perna, ordinanza del 16-09-2014, in http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/usura-bancaria-solo-gli-oneri-corrispettivi-vanno-raffrontati-al-tasso-soglia.html ).
Nel rinviare alla lettura di quest’ultima pronunzia, ad abundantiam può riportarsi un ragionamento che richiama il “caso-limite” sopra riportato.
L’esempio ipotetico è quello di un contratto di finanziamento in cui siano pattuiti esclusivamente gli interessi corrispettivi e non quelli moratori, ipotizzando poi che, in un ipotetico periodo storico, il “maggior” danno da inadempimento (correntemente equiparato al danno da svalutazione monetaria) risulti particolarmente rilevante, per effetto di un elevatissimo tasso di inflazione (esempio: uscita dell’Italia dal sistema monetario unico europeo).
Orbene, qualora il creditore mutuante agisca giudizialmente per la restituzione del capitale, degli interessi corrispettivi e del maggior danno ex art. 1224, secondo comma cc, può ritenersi il giudice vincolato al limite stabilito dalla normativa antiusura nella liquidazione di tale “maggior danno”?
Se la risposta più plausibile sembra essere quella negativa, in assenza di previsioni normative espressamente contrarie, si deve concludere che il legislatore del ’96 abbia inteso regolamentare l’eccessività degli oneri posti a carico del mutuatario a titolo corrispettivo e non a titolo moratorio.
La tesi trova conferma in argomentazioni di diritto sostanziale (diversità ontologica e funzionale dei due tipi di interesse), nonché in alcuni precisi dati normativi (l’eccessività degli oneri risarcitori trova la sua disciplina nell’ipotesi di riduzione della clausola penale ex art.1384 cc) e, vieppiù, nel sistema di rilevazione del tassi medi e di determinazione del tasso soglia, che esclude espressamente dal novero degli valori rilevanti il tasso di mora (*).
Al di là del discorso qui riportato, può concludersi affermando che la pronuncia dell’ABF in commento si pone esattamente nel solco della giurisprudenza di merito sviluppatasi post sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione, a conferma di un orientamento in continua evoluzione, che pare sempre più avvicinarsi alla tesi di cui si è appena accennato, dell’irrilevanza degli interessi moratori ai fini della normativa antiusura.
In altri termini, nonostante le pronunce della Suprema Corte, vi sono valide argomentazioni per dubitare che il tasso moratorio debba sottostare al tasso soglia antiusura, essendo certo che lo stesso non rientra nel calcolo del TAEG.
(*) Per approfondimenti sull’argomento si rinvia alla lettura di A. De Simone W.G. Caturano, Usura bancaria: il “dilemma” degli interessi moratori, in Gazzetta Forense, 2014, fasc.3, pp.33 e ss., consultabile sul web in http://www.expartecreditoris.it/images/joomd/1410533747Usurabancaria.ildilemmadegliinteressimoratori.Gazzettaforense.pdf
Testo del provvedimento
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