ISSN 2385-1376
Testo massima
Ai fini della determinazione di un tasso usurario applicato ad un contratto di mutuo fondiario, il tasso di mora ha un’autonoma funzione risarcitoria del ritardato pagamento del tutto diversa dalla funzione remunerativa degli interessi corrispettivi e come tale non rileva ai fini del superamento delle soglie fissate ai sensi della legge antiusura n. 108/96.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Roma, dott. Fausto Basile, con la sentenza del 26.01.2016, n. 1463.
Nella fattispecie in esame, la mutuataria adiva in giudizio la Banca con cui aveva stipulato un contratto di mutuo fondiario al fine di far dichiarare la nullità delle clausole determinative degli interessi, a suo dire usurari, con conseguente condanna della Banca alla restituzione di tutti gli interessi versati, nonché al risarcimento del danno subito ex art. 1224 c.c.
Si costituiva la banca la quale contestava in toto le avverse domande e deduzioni chiedendone il rigetto, in quanto inammissibili e infondate sia in fatto che in diritto.
In particolare, la mutuataria asseriva che, in relazione alle rate in scadenza al 30.04.1998, al 30.04.1999, ed al 30.04.2000, la somma degli interessi totali applicati al contratto di mutuo sarebbe risultata in aperta violazione degli art. 1 e 2 della L. n. 108/1996.
La decisione in esame si caratterizza per la argomentata e salda presa di posizione del Tribunale di Roma nei confronti del noto arresto della Corte di Cassazione (e, segnatamente, la sentenza n. 350/2013 secondo cui “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori“).
Il Giudice ha infatti rilevato circa la “non condivisibilità” dei principi enunziati con la richiamata sentenza avendo la Suprema Corte trascurato la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori, i primi, costituenti il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta (cfr. Cass. 22 dicembre 2011, n. 28204), i secondi, rappresentanti una liquidazione anticipata, presuntiva e forfettaria del danno causato dal ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria.
Infatti, il tasso di mora ha un’autonoma funzione risarcitoria per il fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento e la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza.
In virtù di tale diversa funzione, il Tribunale adito ha osservato che non può ritenersi che l’art. 1282 c.c. sia sovrapponibile all’art. 1224 c.c. e che, dunque, gli interessi corrispettivi e quelli moratori possano porsi sullo stesso piano, in quanto, come evidenziato anche da autorevole dottrina, sono identificabili diverse situazioni in cui si verifica un’esigibilità o un ritardo nel pagamento senza una corrispondente situazione di mora.
Le due tipologie di interessi si distinguono anche sul piano della disciplina applicabile, in quanto gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, ai sensi dell’art. 1224, primo comma, c.c., e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell’inadempimento, anche in un rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva (cfr. Trib. Roma, 16 settembre 2014).
Inoltre, le stesse si pongono in rapporto di alternatività, in quanto la lettura congiunta degli artt. 1182, terzo comma, e 1219, secondo comma, punto terzo, c.c., porta ad affermare che qualora si tratti di obbligazioni pecuniarie portabili e sia scaduto il termine per l’adempimento, l’ambito di applicazione dell’art. 1282 c.c., riconducibile agli interessi corrispettivi, risulta completamente affievolito.
Il Tribunale di Roma ha altresì criticato la richiamata sentenza evidenziando come l’orientamento seguito dalla stessa sembra porsi in contrasto anche con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura, che sanziona, all’art. 644 c.p.c., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, da individuarsi, come desumibile anche dal disposto del comma terzo del medesimo articolo, nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità. Pertanto, assumono rilevanza ai fini dell’integrazione degli estremi dell’usura solo quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l’ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi.
Esaminando la questione anche sotto il profilo economico, il Tribunale romano ha rilevato che i decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui, in attuazione della l. n. 108/96, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell’usura, non tengono in considerazione gli interessi moratori.
La portata della statuizione in commento appare altresì significativa in ragione di quanto affermato dal Giudice (in piena condivisione delle difese della Banca) in ordine alla rilevata circostanza che, successivamente all’emanazione della richiamata pronuncia della Cassazione, la Banca d’Italia ha diffuso un comunicato secondo il quale gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente e ha conseguentemente chiarito che prenderà in considerazione nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, come base il tasso-soglia per gli interessi moratori, il TEGM dei corrispettivi elevato dal 2,1%, ossia la differenza che una rilevazione statistica aveva riscontrato correre tra gli interessi corrispettivi ed i moratori.
Sulla base di tale assunto, il Tribunale di Roma ha concluso che appare del tutto non coerente prendere in considerazione, ai fini dell’accertamento dell’usurarietà dei tassi di interesse laddove si sostenga la rilevanza a tali fini anche di quelli moratori soglie determinate con riferimento ai soli interessi corrispettivi e a tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito.
Quanto precede ha indotto il Giudice a ritenere che anche l’interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce alla conclusione della impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini dell’usura, agli interessi moratori.
Alla luce delle osservazioni esposte, il Tribunale ha rigettato la domanda di parte attrice condannandola alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti, si suggerisce la consultazione di alcuni tra i tanti provvedimenti pubblicati in rivista:
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LA SOMMATORIA DEI TASSI È OPERAZIONE PRIVA DI FONDAMENTO LOGICO, MATEMATICO E GIURIDICO
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USURA: NO AL CUMULO ASTRATTO DI TASSO MORATORIO E TASSO CORRISPETTIVO
LA TESI DELLA “SOMMATORIA” NON SI GIUSTIFICA NEPPURE IN RIFERIMENTO AL METODO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE, PIENAMENTE LECITO
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