La commissione rimborso anticipato non remunera la Banca dalla messa a disposizione di una somma di denaro, perché è logicamente alternativa alla presenza stessa del mutuo, piuttosto compensa il creditore del minor guadagno rispetto all’originario programma contrattuale derivante dall’opzione del mutuatario di uscire dal mutuo e dunque di non corrispondere più gli interessi secondo l’originario piano di ammortamento;
Inoltre, anche a ritenere l’esistenza di un collegamento, comunque mediato, con l’erogazione del credito, tale onere economico è logicamente alternativo al pagamento degli interessi corrispettivi per il periodo successivo all’esercizio della facoltà di rimborso, dunque non rientra nella determinazione del TEG contrattuale, ai fini del suo raffronto con il tasso soglia applicabile;
Sono irrilevanti le voci di costo, che seppure collegate all’erogazione del credito, sono del tutto irreali, perché non dovute per effetto della mera conclusione del contratto e subordinate al verificarsi di eventi che non si sono verificati, né potranno in seguito verificarsi;
La previsione del tasso degli interessi moratori (così come l’opzione relativa alla loro base di calcolo) deve considerarsi in via di principio rimessa all’autonomia contrattuale, salva una valutazione, anche d’ufficio, di manifesta eccessività degli effetti economici determinati dalla loro applicazione in capo al mutuatario ai sensi dell’art. 1384 cc (che darebbe luogo, soltanto, a una riduzione equitativa di tali effetti);
La valutazione del superamento del tasso soglia con riguardo agli interessi di mora non pare possibile sino a quando il legislatore non determini uno specifico tasso da cui si possa far discendere la nullità dell’addebito illegittimo;
La sanzione dell’art. 1815, comma 2, c.c., dunque, non può che colpire la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all’interno della medesima clausola, prevedano l’applicazione di interessi che usurari non siano;
L’ISC non è un prezzo o una condizione contrattuale né tanto meno un tasso, ma è un valore che assolve a una funzione informativa volta a indicare il costo totale dell’operazione, peraltro ricavabile alla luce delle condizioni, prezzi e tassi stabiliti nel contratto, pertanto l’eventuale divergenza, al di fuori dell’ambito di applicazione della normativa sul credito al consumo, non comporta l’applicazione della sanzione di cui all’ art. 117 comma VII TUB.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Paolo Siracusano con la sentenza n.698 del 18.04.2018.
Nella fattispecie processuale esaminata, una Società agiva in giudizio contro una Banca con la quale aveva stipulato un mutuo denunciando l’applicazione di interessi usurari, sia di carattere corrispettivo che moratorio, pertanto chiedeva la restituzione di quanto indebitamente riscosso dall’Istituto di Credito.
Resisteva in giudizio la Banca che eccepiva l’infondatezza della domanda.
Per quanto riguarda il superamento del tasso soglia nella fase fisiologica, il Tribunale ha rilevato che la tesi attorea che considerava anche la commissione di rimborso anticipato risultava erronea, in quanto la clausola de qua non remunerava la Banca dalla messa a disposizione di una somma di denaro, in quanto logicamente alternativa alla presenza stessa del mutuo, piuttosto compensava la Banca del minor guadagno rispetto all’originario programma contrattuale derivante dall’opzione del mutuatario di estinguere il finanziamento in via anticipata.
Nondimeno, la stessa parte attrice riteneva il tasso della commissione scollegato, per effetto dell’avvenuto rimborso dell’intero capitale, da una dazione finanziaria, in altri termini trattandosi di un compenso eventuale ed accessorio non poteva in alcun modo concorrere alla determinazione del TEG contrattuale.
In ogni caso, il Giudice richiamando la giurisprudenza di merito secondo cui le clausole di estinzione anticipata rilevano ai fini dell’usura ha sottolineato che risultano irrilevanti le voci di costo, che seppure collegate all’erogazione del credito, sono tutto irreali, giacché non dovute per effetto della mera conclusione del contratto e subordinate al verificarsi di eventi che non si sono verificati, né potranno in seguito verificarsi.
Nel caso di specie, la voce di costo risultava senza revoche in dubbio irreale, perché la commissione non poteva più essere applicata a partire dal 19 dicembre 2017.
Per quanto riguarda il superamento del tasso soglia nell’eventuale fase patologica, il Tribunale ha richiamato la recente giurisprudenza di legittimità secondo cui la disciplina antiusura riguarderebbe anche gli interessi moratori, ma ha sostenuto nello specifico che la valutazione in termini di usurarietà del contratto debba essere effettuata con esclusivo riguardo agli oneri che costituiscono remunerazione della messa a disposizione del capitale, tra cui non sono enucleabili gli interessi moratori, in quanto la loro funzione è quella di sanzionare l’inadempimento del mutuatario sulla base di una previsione pattizia riconducibile al genus delle clausole penali.
In particolare, il giudicante ha affermato che la previsione del tasso degli interessi moratori – così come l’opzione relativa alla loro base di calcolo- deve considerarsi in via di principio rimessa all’autonomia contrattuale, salva una valutazione, anche d’ufficio, di manifesta eccessività degli effetti economici determinati dalla loro applicazione in capo al mutuatario ai sensi dell’art. 1384 cc, che darebbe luogo, soltanto, a una riduzione equitativa di tali effetti.
Sul punto, il Magistrato ha specificato che la ratio giustificatrice della disciplina antiusura è quella di evitare una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore, che deve essere valutata al momento della pattuizione tra i soli elementi attuali, tra cui non rientra l’interesse di mora, in quanto costituisce un dato sopravvenuto, eventuale, dipendente sia nell’an sia nel quantum dal comportamento contra ius del mutuatario.
A tal riguardo secondo il Giudicante pur volendo accogliere quell’orientamento secondo cui anche gli interessi di mora sono suscettibili di usura l’accertamento del superamento del tasso soglia non pare possibile sino a quando il legislatore non determini uno specifico tasso da cui si possa far discendere la nullità dell’addebito illegittimo.
Peraltro, il Tribunale ha richiamato il principio affermato dal diritto vivente secondo cui la sanzione dell’art.1815, comma 2, c.c., colpisce la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all’interno della medesima clausola, prevedano l’applicazione di interessi legittimi.
Inoltre, almeno ai fini della condanna alla restituzione dei soli interessi moratori, occorrerebbe che sia allegato e provato il loro effettivo pagamento, ciò che nel caso di specie non era avvenuto non risultando che siano mai stati addebitati interessi di mora, e ciò rendeva evidente già in astratto l’assenza di qualsivoglia ragione di tutela.
Per quanto riguarda la mancata indicazione del TAEG/ISC, il Tribunale ha ritenuto che la sanzione ex art. 117 comma VII TUB non sia applicabile, in quanto il caso di specie esulava dalla normativa sul credito al consumo, nonché l’ISC non è un prezzo o una condizione contrattuale né tanto meno un tasso, ma è un valore che assolve a una funzione informativa volta a indicare il costo totale dell’operazione, peraltro ricavabile alla luce delle condizioni, prezzi e tassi stabiliti nel contratto.
Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale ha rigettato la domanda attorea con condanna alle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
USURA – MUTUO: SE PATTUITO E NON APPLICATO LA MORA NON PRODUCE EFFETTI SUL TEG
LA POSSIBILE INVALIDITÀ DEGLI INTERESSI MORATORI NON DETERMINA LA GRATUITÀ DEL CONTRATTO
Sentenza | Tribunale di Campobasso, Giudice Michele Dentale | 04.09.2018 | n.508
USURA: IMPOSSIBILE LA VALUTAZIONE DEL CARATTERE USURARIO DEGLI INTERESSI DI MORA IN MANCANZA DI UN TERMINE DI RAFFRONTO
ERRATO IN RADICE IL CALCOLO EFFETTUATO PER LA DETERMINAZIONE DEL TASSO EFFETTIVO DI MORA CD. “T.E.MO.”
Sentenza | Tribunale di Lanciano, Giudice Giovanni Nappi | 20.03.2018 | n.111
USURA: GLI INTERESSI DI MORA NON DEVONO ESSERE COMPUTATI CON RIFERIMENTO AI TASSI-SOGLIA
IL TASSO EFFETTIVO DI MORA C.D. T.E.M.O È INESISTENTE, ARBITRARIO E PRIVO DI RISCONTRO NORMATIVO
Sentenza | Tribunale di Bologna, Giudice Daniela Grossi | 05.03.2018 | n.20214
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