Il giudizio in punto di usurarietà si basa sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell’ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione), sicché se detto raffronto non viene effettuato adoperando la stessa metodologia di calcolo il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato.
I tassi di mora, anche di per sé soli considerati, non sono sottoposti al vaglio di usurarietà oggettiva. Invero, l’art. 1284 c.c. prevede che il tasso di mora, in difetto di accordi inter partes, sia pari a quello previsto dalla normativa speciale sui ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, determinato operando una maggiorazione di otto punti percentuali rispetto ad una base di riferimento della BCE, dunque, potenzialmente superiore, almeno in alcuni periodi, alle soglie di usura determinate per alcune tipologie di finanziamento. Appare, dunque, inverosimile che se lo stesso legislatore, come strumento di deflazione del contenzioso, “impone” interessi legali di mora superiori alle soglie di usura, l’applicazione di interessi moratori eccedenti il parametro fissato dalla legge n. 108/1996, possa integrare un reato punito dal codice penale. Con l’espressione letterale “a qualunque titolo” contenuta nella L. n. 24/2001, il legislatore non ha inteso estendere la disciplina antiusura anche agli interessi convenuti a titolo di mora, in quanto la legge di interpretazione autentica non avrebbe potuto ampliare portata e significato della L. n. 108/1996 che continua a richiamare testualmente il concetto di interessi “corrispettivi”, finendo per darne un interpretatio abrogans.
Siccome la nullità parziale ex art.1419 cc non importa – di regola – la nullità dell’intero contratto, l’invalidità che involga la clausola degli interessi moratori usurari non si estende alla clausola degli interessi corrispettivi, che sono comunque dovuti. In virtù del principio di tassatività delle nullità ex art. 14 delle Preleggi, mancando un’apposita norma che disponga l’estensione della sanzione della nullità del tasso di mora usurario anche a quello corrispettivo (non usurario per definizione), quest’ultimo si conserva, stante vieppiù il disposto dell’art. 1224, primo comma cc, laddove prevede in particolare che in mancanza di tasso di mora si applica quello corrispettivo o legale.
Questi i principi ribaditi dal Tribunale di Roma, Giudice Caterina Silvana Cerenzia, con la sentenza n. 16095 del 05.08.2019.
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