Quando il debitore eccepisce la nullità delle clausole inerenti il computo degli interessi, necessariamente assume l’onere di dimostrare se ed in che misura tali interessi indebiti siano stati computati, mentre nessun valore può avere una contestazione generica e puramente labiale, che non indichi in modo specifico le voci passive ritenute indebite, anche con riferimento analitico ai periodi in cui sono state applicate.
Allo stesso modo la richiesta di consulenza contabile d’ufficio non può limitarsi ad una generica doglianza ma deve indicare, in modo specifico, quali voci passive siano contestate, per quali ragioni e con riferimento a quali periodi, eventualmente anche fornendo un proprio ricalcolo dei rapporti con applicazione degli interessi e delle altre voci ritenute corrette. Infatti l’individuazione di simili criteri è conseguenza di precise scelte giuridiche e dell’applicazione della normativa, per cui è scelta che non può essere demandata al ctu, che fornisce le necessarie cognizioni tecniche per verificare le conseguenze dell’applicazione di determinate condizioni al rapporto, ma che non può decidere la questione, prettamente giuridica, di quali criteri siano applicabili al rapporto, secondo le previsioni dello specifico contratto e la normativa del settore.
La consulenza tecnica d’ufficio, quale mezzo di valutazione degli elementi di prova acquisiti, deve avere ad oggetto accertamenti per quanto possibile specifici, dato che un quesito eccessivamente generico costituirebbe pur sempre un’indagine meramente esplorativa, in questo modo finalizzata a cercare elementi, fatti o circostanze non provati, quindi inammissibile.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott. Marvasi, con la sentenza n. 21490 del 16.11.2016.
Nel caso di specie, una società debitrice ed i fideiussori proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti ed in favore della Banca, con cui era stato ingiunto loro il pagamento di una certa somma a titolo di saldo passivo di un conto sofferenza e di debito residuo per un finanziamento ipotecario, lamentando l’applicazione nel corso del rapporto di interessi anatocistici ed usurari e chiedendo lo svolgimento di una consulenza tecnica contabile d’ufficio volta alla rideterminazione dell’effettivo saldo dei due rapporti bancari.
La Banca si costituiva in giudizio, deducendo l’applicazione nei due rapporti, di interessi e voci conformi alle previsioni di legge ed ai contratti tra le parti.
Il Tribunale adito, con riguardo alle censure mosse in punta di anatocismo, alla luce della relazione elaborata dal consulente tecnico d’ufficio, osservava, da una parte, che l’Istituto di credito aveva correttamente applicato la capitalizzazione trimestrale reciproca sia per gli interessi creditori che debitori, nel pieno rispetto della Delibera CICR del 09.02.2000 e, dall’altra, che la richiesta, relativamente a queste altre voci passive del rapporto di conto corrente, doveva ritenersi del tutto esplorativa, non avendo gli opponenti indicato criteri precisi in forza dei quali individuare l’eventuale non correttezza delle voci contestate, né prodotto alcuna rideterminazione del saldo del rapporto calcolato in base ai criteri indicati.
In ordine alla dedotta usurarietà degli interessi applicati dalla Banca, il Giudice rilevava la totale genericità delle contestazioni di parte opponente, meramente enunciate senza alcuna indicazione specifica riferita allo svolgimento dei rapporti bancari ed in assenza di alcuna produzione di calcolo alternativo contenente i criteri ritenuti corretti.
Il Giudice romano sottolineava, all’uopo, che quando il debitore eccepisce la nullità delle clausole inerenti il computo degli interessi, necessariamente assume l’onere di dimostrare se ed in che misura tali interessi indebiti siano stati computati, mentre nessun valore può avere una contestazione generica e puramente labiale, che non indichi in modo specifico le voci passive ritenute indebite, anche con riferimento analitico ai periodi in cui sono state applicate.
Il Tribunale, inoltre, chiarito che la richiesta di consulenza contabile d’ufficio non può limitarsi ad una generica doglianza ma deve indicare, in modo specifico, quali voci passive siano contestate, per quali ragioni e con riferimento a quali periodi, eventualmente anche fornendo un proprio ricalcolo dei rapporti con applicazione degli interessi e delle altre voci ritenute corrette, rigettava l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo e condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: LA CONTESTAZIONE DEVE INDICARE IN MODO SPECIFICO IN CHE TERMINI È AVVENUTO IL SUPERAMENTO
E’ INAMMISSIBILE LA RICHIESTA DI CTU PER INDIVIDUARE IL PERIODO DI RIFERIMENTO
Sentenza | Tribunale di Napoli, Dott.ssa Francesca Gomez De Ayala | 25.07.2016 | n.9157
USURA: È ONERE DELLA PARTE INDICARE I SINGOLI PERIODI TEMPORALI
INAMMISSIBILE IL RICORSO A CTU TECNICO CONTABILE PER SUPPLIRE A CARENZE PROBATORIE DELL’ISTANTE
Sentenza Tribunale di Taranto, dott. Alberto Munno 21-03-2016
RIPETIZIONE INDEBITO: ASSERZIONI VAGHE E GENERICHE, CTU INAMMISSIBILE
LE CARENZE DI PARTE ATTRICE NON SONO SUPERATE DAL RIFERIMENTO AI DOCUMENTI
Sentenza Tribunale di Lagonegro, Dott. Giovanni Pipola 01-02-2016 n. 53
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