ISSN 2385-1376
Testo massima
La capitalizzazione degli interessi, per i rapporti di conto corrente sorti sotto la vigenza della delibera CICR del 9 febbraio 2000, è lecita e non produce alcun fenomeno anatocistico vietato ai sensi dell’art. 1283 cc, ove avvenga con pari periodicità per gli interessi creditori e debitori. Tale liceità non è esclusa quando, nel caso concreto, si registri una evidente sproporzione tra gli interessi creditori e quelli debitori, con l’effetto che, nella sostanza, la capitalizzazione trimestrale dei primi sia risultata insignificante o, ancora, per il fatto che il rapporto di conto corrente avesse sempre operato in affidamento o in scoperto, con l’effetto che nessun interesse creditore sia mai stato erogato, in quanto trattasi di circostanze che attengono alle contingenze del rapporto.
Le contestazioni di usurarietà del rapporto fondate su formule di calcolo differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi non sono attendibili e, pertanto, rendono inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.
Ai fini della dimostrazione dell’addebito di interessi soggettivamente usurari ex art. 644, terzo comma, cp, il cliente deve fornire la prova della conoscenza dello stato di difficoltà economico-finanziaria e del fatto che la banca abbia inteso speculare su tale situazione, imponendo tassi d’interesse differenti da quelli praticati sul mercato.
In ogni caso, la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente della banca, di per sé considerata, non vale a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento, così come lo stesso non può essere desunto sic et simpliciter dalla misura elevata del tasso di interesse pattuito, tenuto conto che questa oscilla in rapporto inversamente proporzionale rispetto alla solidità economica del cliente, essendo collegato al rischio imprenditoriale corso dal mutuante di nun riuscire ad ottenere la restituzione di quanto erogato.
Le commissioni di massimo scoperto non possono essere considerate sic et simpliciter nulle, considerato come l’istituto risponda alla funzione causale di assicurare all’istituto di credito un corrispettivo per lo sforzo economico organizzativo assunto con la stipula di un’apertura di credito, rappresentato dalla necessità di accantonare e tenere a disposizione l’intera somma oggetto dell’affidamento, in modo da poter adempiere all’obbligazione contratta con il cliente di mettere a disposizione tale importo, in tutto o in parte, per il solo fatto che e nella misura in cui questi decida di farne utilizzo.
Il mutuo con piano di ammortamento c.d. alla francese non produce di per sé alcun fenomeno di illegittimo anatocismo. Tale sistema matematico di formazione delle rate risulta in verità predisposto in modo che in relazione a ciascuna rata la quota di interessi ivi inserita sia calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato.
Né può parlarsi di anatocismo illegittimo con riferimento all’addebito di interessi moratori su rate scadute, ma non tempestivamente pagate, e quindi comprensive anche della quota di interessi corrispettivi, laddove il contratto prescriva che gli interessi moratori gli interessi moratori così calcolati non possano a loro volta produrre nuovamente frutti, in piena conformità con quanto previsto dall’art. 3 della delibera C.I.C.R. del 9.2.2000.
Quelli appena massimati sono i principi espressi dal Tribunale di Milano, G.U. dott. Francesco Ferrari, con sentenza del 22 gennaio 2015, pronuncia nella quale sono sviscerati, quasi a formare un quadro sinottico, i principali e più attuali temi del contenzioso bancario.
La controversia all’esame del Giudice milanese, in effetti, nasce dalla classica domanda proposta dal cliente di un istituto di credito (nel caso di specie anche dal suo fideiussore) di ricalcolo delle somme dovute a quest’ultimo, sul presupposto dell’illegittima applicazione di competenze, interessi, commissioni e spese non pattuite, ovvero pattuite genericamente, ovvero ancora frutto di pattuizioni usurarie e/o anatocistiche.
Per la precisione, ed in sintesi, la società attrice ed il fideiussore deducevano:
– che nel 2006 la società aveva acceso presso la banca convenuta un contratto di conto corrente e aveva altresì stipulato un contratto di mutuo chirografario di euro 200.000,00;
– che la banca condizionava la concessione di affidamenti al rilascio di garanzie fideiussorie;- che il saldo di conto corrente era viziato dall’addebito di interessi anatocistici illegittimi e di interessi usurari;
– che la banca aveva modificato le condizioni contrattuali in senso sfavorevole alla correntista;
– che, parimenti, erano state applicate illegittimamente le commissioni di massimo scoperto;
– che il conteggio degli interessi era stato falsato dal ricorso illegittimo alle cosiddette “valute fittizie”;
– che illegittimo era il recesso senza causa esercitato dalla banca;
– che il contratto di mutuo non prevedeva una pattuizione determinata;
– che era illegittima l’applicazione di interessi anatocistici, così come la struttura stessa del piano di ammortamento c.d. alla francese.
Le domande proposte dagli attori, al di là della genericità di talune, sono state tutte nel merito rigettate dal Tribunale meneghino, sulla scorta degli epigrafati principi di diritto.
Particolare interesse destano le argomentazioni con le quali è stata smentita la dedotta usurarietà dei rapporti bancari oggetto del giudizio.
Sotto il profilo dell’usura oggettiva, infatti, il Tribunale ha ribadito un principio già ampiamente fatto proprio dalla recente giurisprudenza di merito: nelle verifiche relative al rispetto dei tassi soglia ex L.108/1996 non può tenersi conto ex post di criteri di calcolo diversi da quelli adottati ex ante da Bankitalia nelle rilevazioni trimestrali del Tassi Effettivi Globali Medi (dai quali, si ricorda, viene ricavato il valore del Tasso Soglia). Criteri di calcolo differenti, addirittura, sono considerati “non attendibili”, così da rendere meramente esplorativa (e quindi inammissibile) una consulenza tecnica tesa a verificare eventuali sforamenti delle soglie.
Trattasi di principio per molti versi “decisivo” nel contenzioso sull’usura, che si fonda (e conseguentemente conferma) sulla vincolatività delle istruzioni della Banca d’Italia ai fini dell’interpretazione della normativa risultante dalla l.108/96 (sul punto cfr. la rassegna giurisprudenziale realizzata da Ex Parte Creditoris).
Ribadendo quanto già affermato in analoga pronuncia (Sentenza del 23.12.2014 – già oggetto di approfondimento su questa rivista) il Tribunale lombardo è poi tornato ad argomentare sulla necessità che le doglianze relative all’usura soggettiva (fattispecie residuale prevista dall’art.644, terzo comma cpv. cp: “sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria“) siano accompagnate dalla prova positiva e concreta della conoscenza, da parte della Banca, dello stato di difficoltà economica o finanziaria del cliente.
In tale ottica, non vale la semplice allegazione dell’imposizione di un tasso eccessivo, se solo si tenga conto del fatto che il livello del tasso d’interesse praticato dalla Banca è inversamente proporzionale alla solidità economica del cliente (in tal modo l’istituto di credito considerata anche la natura di soggetto che opera sul “mercato” del credito “copre” , in un certo senso, il maggior rischio imprenditoriale).
Altrettanto chiare e rilevanti sono le argomentazioni del Giudice meneghino in punto di liceità del mutuo con piano di ammortamento c.d. alla francese, spesso “accusato”, per la sua peculiare struttura, di generare un indebito effetto anatocistico.
Trattasi, invero, di un peculiare meccanismo di ammortamento, in estrema sintesi, in cui le rate (di importo costante o variabile) sono composte di una parte di capitale e di una parte di interessi, questi ultimi calcolati sulla quota capitale via via decrescente.
A tal riguardo il Tribunale afferma come, in relazione a ciascuna rata, la quota di interessi ivi inserita è calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato.
Nessun “effetto anatocistico”, dunque.
Neppure di anatocismo può parlarsi con riferimento alla applicazione di interessi moratori sull’intera rata (dunque comprensiva anche della quota di interessi corrispettivi).
Al di là della notazione, infatti, propria della matematica finanziaria, secondo la quale, nel caso di inadempimento ci si trova al cospetto di un’unica obbligazione (l’importo delle rate scadute ed inadempiute), nella quale non è dato più distinguere tra capitale ed interessi, il Giudice ha notato come sia la stessa normativa di riferimento a consentire l’applicazione di interessi di mora sull’intera rata (precisamente, art. 3 della delibera C.I.C.R. del 9.2.2000), purché su tali interessi come nel caso di specie era previsto non producano poi ulteriori interessi.
Detto delle argomentazioni maggiormente degne di nota, nel complesso la pronuncia in esame è stata totalmente negativa per il cliente e per il fideiussore, le cui doglianze sono state interamente respinte dal Giudice milanese, per la verità in senso conforme alla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità. D’altronde, che le questioni trattate siano ormai incontroverse è dimostrato dalla ingente condanna alle spese seguita alla soccombenza degli attori.
Testo del provvedimento
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 65/2015
Tags : 22 gennaio 2015, Anatocismo, capitalizzazione, Delibera CICR 9.2.2000, formule di calcolo, G.U. dott. Francesco Ferrari, interessi di mora, istruzioni Banca d’Italia, lecito, Piano di ammortamento alla francese, sentenza n. 875, tassi soglia, Tribunale di Milano, Usura, usura oggettiva, usura soggettiva, vincolatività