ISSN 2385-1376
Testo massima
Ai fini dell’accertamento dell’eventuale sforamento del tasso soglia, l’assoggettamento alla disciplina cogente sull’usura del cumulo degli interessi corrispettivi e moratori, in tanto potrebbe essere condiviso, in quanto fosse dimostrata, in coerenza con la ratio legis, l’identità ontologica e funzionale delle due categorie di interessi. Al contrario, gli articoli 644 c.p. e 1815 c.c., insuscettibili di interpretazione analogica, attestano in maniera puntuale una profonda eterogeneità teleologica, operando un chiaro ed esclusivo riferimento, ai fini della verifica dell’usura oggettiva, alle prestazioni di natura corrispettiva, tali intendendosi in dottrina quelle connesse alla fisiologica attuazione del programma negoziale, con esclusione, dunque, delle prestazioni accidentali (e perciò meramente eventuali), sinallagmaticamente riconducibili ad un eventuale inadempimento, aventi funzione esclusivamente punitiva, non già corrispettiva.
In linea generale, sono da ritenersi destituite di fondamento le censure di usura fondate su metodologie di calcolo diverse da quelle adottate dalla Banca d’Italia nelle apposite Istruzioni. Queste ultime, invero, rispondono alla elementare, ma ineludibile esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare ed hanno altresì natura di norme tecniche previste ed autorizzate dalla disciplina regolamentare, necessarie per l’applicazione di tutta la normativa anti-usura.
È inammissibile l’azione di ripetizione di indebito promossa dal correntista in pendenza del rapporto di conto corrente, mentre resta consentito al cliente limitare la propria pretesa all’accertamento dell’asserita illegittimità delle praticate condizioni contrattuali.
Si è così pronunciato il Tribunale di Monza, dott.ssa Gabriella Mariconda, con la sentenza depositata in data 11.11.2015.
Nel caso in esame, una società, sull’assunto d’aver stipulato con la banca un contratto di mutuo e diversi contratti di conto corrente, conveniva in giudizio l’istituto di credito contestando la legittimità delle relative condizioni contrattuali e concludendo per la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dalla convenuta.
In corso di causa ed è questa una delle peculiarità della fattispecie de qua la società istante rinunciava alla domanda di ripetizione dell’asserito indebito, in considerazione dell’attualità dei rapporti di conto corrente, proseguendo dunque il giudizio limitatamente al solo accertamento della legittimità delle relative condizioni. Invero, “parte attrice, rendendosi conto dell’inammissibilità delle domande di condanna proposte nei confronti dell’istituto di credito convenuto con il quale i rapporti non sono stati ancora chiusi, ha dichiarato di rinunciare alla domanda di condanna alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate a titolo di interessi anatocistici, di interessi corrispettivi, di interessi moratori, di commissione di massimo scoperto e così via, insistendo esclusivamente nella richiesta di accertamento dell’illegittimità del comportamento tenuto dalla banca in relazione sempre all’applicazione di interessi debitori, di commissioni massimo scoperto, di spese non pattuite, e modificate unilateralmente”.
Il Tribunale ha radicalmente rigettato ciascuna delle doglianze attoree, con condanna della società istante al pagamento delle spese di lite in favore della banca, fornendo, in particolare, rilevanti chiarimenti in materia di usura oggettiva ex lege n. 108/96.
Con riguardo al contratto di mutuo, l’errore metodologico commesso dalla società attrice, come evidenziato dalla sentenza in commento, consiste anzitutto nell’aver posto a fondamento della censura di usura il metodo della sommatoria di interessi corrispettivi e moratori. Invero, come chiarito dal Giudice adito, “anche per gli interessi moratori è necessaria la verifica del rispetto della disciplina in tema di usura, ma ciò che non si condivide è che la verifica debba essere effettuata anche con riferimento al loro cumulo con quelli corrispettivi e con le altre voci contrattualmente pattuite, quali l’assicurazione, le spese di istruttoria e così via”. Soluzione, questa, in linea con l’indicazione metodologica seguita dalla Banca d’Italia, la quale, pur “non omettendo di considerare, prudenzialmente, gli interessi moratori ai fini della L. 108/96, ne disaggrega opportunamente il dato rispetto a quello derivante dall’ordinaria rilevazione del TEGM”, escludendo dunque dalla rilevazione del TEGM gli interessi di mora, in quanto connessi non già al fisiologico svolgimento del rapporto contrattuale, quanto piuttosto e soltanto all’eventuale fase patologica conseguente all’inadempimento.
Sulla scorta delle illustrate argomentazioni, il Tribunale ha dunque concluso nel senso che il contratto di mutuo dedotto in giudizio dovese ritenersi pienamente valido ed efficace, risultando il relativo tasso di interesse contenuto entro quello soglia.
Alle medesime conclusioni è pervenuto il Giudice adito relativamente ai rapporti di conto corrente, risultando le doglianze della correntista fondate su di una formula di calcolo sommatoria dei tassi diversa da quella contenuta nelle Istruzioni della Banca d’Italia. Proprio sul carattere vincolante di queste ultime e sul corretto inquadramento delle stesse nell’ambito della normativa anti usura, si è diffusamente soffermato il provvedimento in commento.
Premesso che le Istruzioni non trovino alcuna collocazione nell’elenco delle fonti di cui all’art. 1 delle preleggi, il Tribunale ne ha comunque evidenziato la peculiare posizione nell’ambito dell’architettura della normativa anti-usura. Invero, la norma primaria di cui all’art. 2, comma 1. L. 108/96, attribuisce al Ministro del tesoro la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio per ciascuna tipologia di operazione, come classificate annualmente sempre con decreto del Ministro del tesoro, sentita la Banca d’Italia. Tali decreti annuali, fin dal primo emanato in data 23/9/1996, hanno sempre demandato a Bankitalia la rilevazione dei tassi effettivi globali medi. Inoltre, i vari i D.M. trimestrali con i quali sono resi pubblici i dati rilevati, all’art. 3, hanno sempre disposto che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del tasso soglia, si attengano ai criteri di calcolo indicati nelle Istruzioni. “È quindi coerente con l’ordinamento bancario e con l’incarico ricevuto dal Ministro del tesoro, il fatto che la Banca d’Italia abbia emanato Istruzioni per la rilevazione del TEG, attesa l’ineludibile esigenza di raccogliere dagli intermediari dati tra loro coerenti ed omogenei in modo da poterli raffrontare e conglobare al fine di determinarne il valore medio”.
Il Tribunale di Monza, tenuto conto della complessiva struttura della disciplina antiusura e del peculiare ruolo in essa attribuito da dette Istruzioni, ha quindi chiarito che “un eventuale calcolo del TEG applicato ad un determinato rapporto bancario effettuato in modo difforme rispetto alle Istruzioni in parola condurrebbe ad un risultato inattendibile e, dunque, in ultima analisi ingiusto”.
Testo del provvedimento
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