Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, Pres. Salmè – Rel. Vivaldi, con sentenza n. 2474 del 10.02.2015, provvedimento mediante cui il Giudice di legittimità ha fornito ulteriore conforto ad un orientamento giurisprudenziale ormai ampiamente consolidato. 

La sentenza in esame interviene all’esito di una vicenda giudiziaria che muove dal giudizio di opposizione all’esecuzione attivato dal cliente nei confronti della banca procedente e deciso in senso favorevole a quest’ultima tanto in primo quanto in secondo grado.

Con l’articolato ricorso, il cliente chiedeva dunque cassarsi la sentenza resa dalla Corte d’Appello, mediante cui era stata affermata la natura non usuraria degli interessi applicati ad un contratto di mutuo stipulato nel 1989 e rispetto al quale era stata avviata procedura esecutiva per effetto di atto di precetto notificato nel 1992. 

La sentenza in esame conferma le statuizioni della Corte di merito, che correttamente si era orientata nel senso di ritenere non usurario il tasso di interesse – del 13% – applicato al richiamato contratto di mutuo, rilevando che il relativo rapporto si era già esaurito al momento dell’entrata in vigore della Legge del 1996, e dunque della relativa Legge di interpretazione autentica, discendendo da ciò la non applicabilità del profilo sanzionatorio di cui al secondo comma dell’art. 1815 c.c., consistente nella gratuità del mutuo. 

Ciò, in considerazione del fatto che – come a più riprese ribadito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. N. 11632 del 13.05.2010) – la qualificazione di usura oggettiva introdotta dalla Legge antiusura del 1996 debba essere operata, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Legge di interpretazione autentica, assumendo a parametro di riferimento non già il momento della riscossione degli interessi, quanto piuttosto quello precedente della pattuizione dei medesimi. Principio, questo, sfornito di efficacia retroattiva, non investendo pertanto i rapporti già esauriti al momento dell’entrata in vigore della Legge del 1996, relativamente ai quali risulta dunque irrilevante – ai fini della configurabilità del reato di usura ex art. 644 c.p. e dell’applicabilità della sanzione della gratuità del mutuo ex art. 1815 c.c. – l’eventuale pendenza di controversie fondate sulle pretese creditorie residuate in capo alle parti. 

Una simile impostazione, evidentemente fedele al preminente principio della certezza dei rapporti giuridici, consente dunque la riscossione – in tal caso pienamente legittima – di interessi superiori al tasso soglia, nel caso detta dazione sia da imputare a rapporti già esauriti al momento dell’entrata in vigore della Legge antiusura. 

Per approfondimenti sull’argomento, si rinvia a precedenti approfondimenti trattati sulla presente rivista, ai quali si rinvia.

EVENTUALI SFORAMENTI SOPRAVVENUTI POSSONO ESSERE RICONDOTTI ENTRO LA SOGLIA, SECONDO LA BUONA FEDE EX ART.1375 CC

Sentenza | Tribunale di Firenze Dott.ssa Anna Primavera | 25-09-2014

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Tags : 10.02.2015, 2474, Cassazione Civile, convenzione, dazione, Pres. Salmè - Rel. Vivaldi, retroattività, Sezione Terza, tassi di interesse, usura bancaria