ISSN 2385-1376
Testo massima
Procedimento patrocinato dall’Avv. Beatrice Ducci Donati del Foro di Firenze
In materia di usura, se il superamento del tasso soglia riguarda solo gli interessi moratori, la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c. colpisce soltanto la clausola concernente detti interessi, senza intaccare l’obbligo di corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di sotto della soglia.
Il metodo di ammortamento c.d. alla francese non produce alcun fenomeno di indebita capitalizzazione di interessi, poiché questi vengono comunque calcolati sulla quota di capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata, e non anche sugli interessi pregressi. Ed invero, visto che ad ogni rata corrisponde il pagamento, oltre che degli interessi sul capitale a scadere, anche della quota di debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò consegue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo X+1, ossia si verifica un fenomeno esattamente inverso rispetto a quello sulla capitalizzazione.
Così si è pronunciato il Tribunale di Bologna, G.U. Dott.ssa Manuela Velotti, con sentenza del 24 febbraio 2016 n. 516.
Nel caso di specie, un mutuatario conveniva in giudizio il proprio istituto di credito lamentando l’usurarietà sia del tasso pattuito per gli interessi moratori, sia del tasso ottenuto dal cumulo tra interessi corrispettivi e interessi di mora oltre che l’applicazione di interessi anatocistici per effetto del piano di ammortamento “alla francese”.
Si costituiva ritualmente la Banca convenuta la quale eccepiva la genericità e infondatezza nel merito di tutte le domande avversarie asserendo di non avere mai applicato in concreto gli interessi moratori pattuiti. Tale affermazione non è stata oggetto di contestazione da parte dell’attore.
Per consolidata giurisprudenza premette il Giudice bolognese esistono due diversi orientamenti in ordine all’affermata applicabilità agli interessi moratori della normativa antiusura; secondo una prima interpretazione, il fenomeno usurario deve essere circoscritto ai soli interessi corrispettivi, atteso che la figura tipica dell’usura disegnata dall’art. 644 c.p. fa esclusivo riferimento a ciò che viene dato o promesso “in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità“. Al contrario, secondo un diverso orientamento, avallato dalla giurisprudenza di legittimità (cif., ex multis Cass., n. 9532/2010; Cass., n. 11632/2010; Cass., n. 350/2013) e dalla Corte Costituzionale – la normativa antiusura troverebbe applicazione anche con riferimento agli interessi moratori, posto che “il ritardo colpevole non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione cosi onerosa e contraria al principio generale posto dalle legge” (Cass., n. 5286/2000).
Gli interessi corrispettivi e gli interessi moratori si caratterizzano, comunque, per la loro diversità ontologica e funzionale: il tasso di mora ha un’autonoma funzione quale penalità del fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità dell’inadempienza; per contro, gli interessi corrispettivi hanno una funzione di remunerazione del prestito erogato.
Da ciò consegue, in ogni caso, che anche laddove si concluda per la rilevanza degli interessi di mora ai fini del raffronto alle soglie di usura, la valutazione riguarderà autonomamente la sola clausola che li prevede, dovendosi procedere a diverso raffronto per quanto concerne il tasso corrispettivo.
In altri termini prosegue il Tribunale, rifacendosi ad un consolidato orientamento di merito “dalla distinzione ontologica e funzionale tra gli istituti, discende la necessità di isolare le singole clausole dal corpo del regolamento contrattuale ai fini della declaratoria di nullità, o meglio, di riconoscere che l’unico contratto di finanziamento contiene due distinti ed autonomi paradigmi negoziali destinanti ad applicarsi in alternativa tra loro in presenza di differenti condizioni: l’uno fisiologico e finalizzato alla regolamentazione della restituzione rateale delle somme mutuate; l’altro solo eventuale ed in ipotesi di patologia del rapporto, nel caso di inadempimento del mutuatario, evenienza al verificarsi della quale è ragionevole ritenere che diversamente si atteggi la volontà delle parti. Da ciò discende che l’eventuale nullità della seconda pattuizione, relativa al caso di inadempimento ed alla patologia del rapporto, non pregiudica la validità della prima pattuizione, relativa alla fisiologia del rapporto” (Trib. Reggio Emilia 24 febbraio 2015, cit.).
Ma vi è di più.
Non solo la verifica del superamento del tasso soglia deve essere eseguita autonomamente con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi (con esclusione peraltro di qualsivoglia sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso moratorio), ma anche il parametro di raffronto dovrà essere diverso ed autonomo.
Infatti, avuto riguardo alla mora, il tasso soglia non può che essere calcolato secondo i criteri dettati dai decreti trimestrali con la maggiorazione pari a 2,1 punti percentuali, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.
In ogni caso, la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c. colpirebbe eventualmente soltanto la clausola concernente gli interessi moratori, senza intaccare l’obbligo di corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di sotto della soglia.
Nel caso di specie, rilevato che la Banca non aveva applicato alcun onere di mora e che le deduzioni di parte mutuataria erano comunque generiche e confuse, è risultato chiaramente infondato ogni addebito di usura oggettiva.
Con riguardo poi all’affermata usura soggettiva ex art. 644, comma 3 c.p., il Tribunale ha osservato che per l’integrazione della c.d. usura in concreto o soggettiva sono richiesti due requisiti: 1) un rilevante squilibrio, valutato in relazione alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, fra la prestazione erogata dall’agente e la controprestazione promessa o pagata quale corrispettivo dal soggetto passivo; 2) le condizioni di difficoltà economica o finanziaria del soggetto che dà o promette il corrispettivo usurario.
Si tratta, cioè, di una seconda valutazione di “usurarietà” degli interessi, vantaggi o compensi, questa volta rimessa alla valutazione giudiziale.
Nel caso in disamina, la contestazione è stata formulata in maniera del tutto generica, priva di concreti riferimenti alla specifica situazione dell’attore e, pertanto, ritenuta insussistente dal giudicante.
A margine si segnala un importante arresto in tema di liceità del piano di ammortamento c.d. alla francese, oggetto di “classiche” contestazioni dai mutuatari in relazione alla disciplina dell’anatocismo.
Sul punto, il Tribunale emiliano ben chiarisce che tale sistema prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una rata (tendenzialmente) fissa, in cui la quota interessi risulta decrescente nel tempo mentre, con un meccanismo inverso, cresce la quota capitale. Il meccanismo non produce tuttavia una capitalizzazione di interessi, poiché questi vengono comunque calcolati sulla quota di capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata, e non anche sugli interessi pregressi.
Anzi, con una chiara espressione aritmetica il Giudice ha ricostruito il congegno nel modo che segue: “visto che ad ogni rata corrisponde il pagamento, oltre che degli interessi sul capitale a scadere, anche della quota di debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò consegue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo X+1″.
La notazione non è di scarsa importanza, considerato che, contrariamente alla tesi sovente sostenuta in giudizio dai mutuatari, il Tribunale afferma nettamente che il metodo di ammortamento “alla francese” produce “un fenomeno esattamente inverso rispetto a quello sulla capitalizzazione”.
Alla luce di quanto esposto, in conformità alla costante giurisprudenza, il Giudice ha affermato la piena legittimità del sistema di ammortamento alla francese rispetto al divieto di cui all’art. 1283 c.c. (ex multis Trib. Treviso 12 gennaio 2015; Trib. Modena 11.11.2014; Trib. Venezia 27.11.2014; Trib. Siena 17.7.2014; Trib. Milano 5.5.2014).
In conclusione, il Tribunale di Bologna ha rigettato integralmente la domanda attorea, con condanna del mutuatario alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla Banca convenuta.
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Testo del provvedimento
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 107/2016
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