ISSN 2385-1376
Testo massima
Interessi corrispettivi e moratori sono istituti aventi diversa causa e non necessariamente dall’invalidità dell’uno deriva anche quella dell’altro: gli interessi moratori assolvono ad una funzione risarcitoria forfetizzata e preventiva del danno da ritardo nel pagamento di una somma esigibile; quelli corrispettivi implicano la regolare esecuzione del rapporto e rappresentano il corrispettivo del prestito. Non vi è tra i due istituti un rapporto di presupposizione necessaria.
Siccome la nullità parziale ex art.1419 cc non importa di regola la nullità dell’intero contratto, l’invalidità che involga la clausola degli interessi moratori usurari non si estende alla clausola degli interessi corrispettivi, che sono comunque dovuti.
In virtù del principio di tassatività delle nullità ex art. 14 delle Preleggi, mancando un’apposita norma che disponga l’estensione della sanzione della nullità del tasso di mora usurario anche a quello corrispettivo (non usurario per definizione), quest’ultimo si conserva, stante vieppiù il disposto dell’art. 1224, primo comma cc, laddove prevede in particolare che in mancanza di tasso di mora si applica quello corrispettivo o legale.
Così si è espresso il Tribunale di Taranto, in persona del dott. Claudio Casarano, con ordinanza ex art. 702 bis cpc del 17 ottobre 2014, sottolineando interessanti principi in merito alle conseguenze civilistiche dell’usura bancaria, in correlazione alle corrette tecniche di interpretazione del contratto, ed in particolare con riferimento alla nullità parziale del medesimo per effetto dell’usurarietà degli interessi moratori.
La vicenda processuale s’inserisce nel classico contenzioso banca-cliente, per un rapporto di mutuo che si era peraltro fisiologicamente svolto con la corresponsione degli interessi corrispettivi, senza ritardo nel pagamento.
Il cliente aveva comunque richiesto la ripetizione degli interessi corrispettivi, sulla base del rilievo che gli interessi moratori risultavano asseritamente pattuiti oltre soglia.
Vengono in rilievo, in primis, la questione della cumulatività-incumulabilità dei due saggi d’interesse ed, in secundis, il tema degli effetti dell’usurarietà del tasso di mora sulle “sorti” degli interessi corrispettivi.
Sulla prima questione, ampiamente approfondita sulle pagine di questa rivista (cfr. Rassegna Giurisprudenziale “Il punto sull’usura bancaria“) il Giudice tarantino non si è soffermato, sostenendo direttamente che il passaggio rilevante non è quello della sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori, dacché ad essere vietata non è quest’ultima, ma l’automatica applicazione della sanzione prevista per i secondi ai primi.
In altri termini, bisogna analizzare se, una volta stabilito che gli interessi moratori diano luogo all’usura oggettiva, siccome pattuiti oltre-soglia, la sanzione ex art.1815, secondo comma, cc si estenda automaticamente agli interessi corrispettivi, “trasformando” il mutuo da oneroso a gratuito.
Netta la risposta negativa del Tribunale: “deve considerarsi fallace il ragionamento giuridico posto a base della domanda, sotto il profilo della incongruenza logico – giuridica tra premessa e conclusione“.
In particolare, il Giudice ha accolto la premessa dell’attore, dimostrando di aderire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori” (ex multis, Cass.Civ. sent. 09.01.2013 n.350), addivenendo tuttavia a conclusioni assai differenti da quelle prospettate dal mutuatario.
Infatti, è insostenibile logicamente e giuridicamente l’estensione automatica della sanzione applicabile per il tasso moratorio anche al tasso corrispettivo.
Tanto si legge nell’ordinanza in commento – per la semplice ragione che si tratta di istituti aventi diversa causa e che non necessariamente dall’invalidità dell’uno deriva anche quella dell’altro: gli interessi moratori assolvono ad una funzione risarcitoria forfetizzata e preventiva del danno da ritardo nel pagamento di una somma esigibile; quelli corrispettivi implicano la regolare esecuzione del rapporto e rappresentano il corrispettivo del prestito.
Chiarita tale importante differenza ontologica e funzionale, il Tribunale si è spostato sull’analisi dell’interpretazione del contratto e delle conseguenze della c.d. nullità parziale ex art.1419 cc, affermando che tra i due istituti non vi è un rapporto di presupposizione necessaria.
Orbene, stabilito che interessi corrispettivi ed interessi di mora fanno capo a due autonome clausole, non può che farsi riferimento alla regola dell’art. 1419, I co., c.c., a mente del quale “La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità“.
Volgendo tale regola “in positivo”, può affermarsi che in linea di principio la nullità di una singola clausola implica la conservazione del contratto (c.d. principio di conservazione degli atti giuridici) e quindi anche di altra clausola che regola un fatto diverso.
Analogamente l’esito del ragionamento è scontato “la nullità della clausola che contempla gli interessi moratori non può implicare la nullità di quell’altra clausola che contempla gli interessi corrispettivi“.
La regola, dunque, è quella della conservazione della clausola che determina gli interessi corrispettivi-leciti, a ciò aggiungendosi, nel caso di specie, la circostanza che la clausola che contemplava il tasso corrispettivo trovava regolare esecuzione cioè il mutuatario pagava per tempo – e quindi al più si sarebbe potuta dare la sola eventualità della nullità (virtuale) della clausola che contemplava l’interesse moratorio.
In generale, tuttavia, valga la precisazione offerta dal Giudice, secondo cui, anche nell’ipotesi in cui vi sia un ritardo nella corresponsione degli interessi corrispettivi e la banca abbia preteso in sua vece quello moratorio, rivelatosi usurario, la sanzione non potrebbe colpire anche il tasso corrispettivo; tanto, oltre che per le ragioni sopra spiegate, perché ai sensi dell’art. 1224, I co., c.c., in caso di mancata espressa pattuizione, come interesse di mora dovrebbe applicarsi quello corrispettivo lecito.
In altri termini mancando un’apposita norma che disponga l’estensione della sanzione della nullità del tasso di mora usurario anche a quello corrispettivo (non usurario per definizione), quest’ultimo si conserva.
Il Tribunale non ha omesso di considerare che tale conclusione è coerente con il principio di tassatività delle nullità, vigente il quale, per giungere alle conclusioni prospettate dal mutuatario, il legislatore avrebbe dovuto sanzionare espressamente gli interessi corrispettivi con la nullità ex art.1815, secondo comma cc, anche in caso di usurarietà dei soli moratori (ipotesi che nell’ordinanza in commento viene peraltro criticata, perché non sarebbe stata “spiegabile razionalmente”).
Per tutte le argomentazioni esposte, la domanda del mutuatario non ha potuto trovare accoglimento.
IL COMMENTO
Si consolida la giurisprudenza di merito secondo la quale la validità degli interessi corrispettivi non viene inficiata dall’eventuale usurarietà degli interessi moratori.
La difficoltà nel riportare ad unità gli orientamenti sul punto è data, principalmente, dalla considerazione che la Corte di Cassazione, nel pronunciarsi più recentemente con la nota sentenza “350”, ma già in passato espressasi conformemente ha sì sancito la rilevanza degli interessi moratori ai fini della valutazione di usurarietà del mutuo, ma non ha chiarito le “ricadute applicative” di tale regula iuris.
Da tempo, tuttavia, si è affermato l’orientamento per cui interessi corrispettivi ed interessi moratori costituiscono autonome pattuizioni, in virtù delle profonde differenze ontologiche e funzionali e, come tali, vanno autonomamente valutati ai fini del raffronto al tasso soglia e della conseguente applicazione ex art.1815, secondo comma cc.
In tal senso si era pronunciato, ad esempio e da ultimo il Tribunale di Venezia (dott.ssa Gabriella Zanon, sentenza del 15-10-2014 n.2163).
L’ordinanza del Tribunale di Taranto qui in commento, tuttavia, è degna di nota per il peculiare ragionamento attraverso il quale giunge alle medesime condizioni.
La motivazione è infatti costruita intorno al rinvio ai generali principi che reggono, da un lato, l’interpretazione del contratto e, dall’altro, le conseguenze della c.d. nullità parziale, sicché la validità degli interessi corrispettivi è correttamente ricondotta al principio di conservazione del negozio giuridico.
Interessante è il rinvio, poi, all’inciso dell’art.1224, primo comma cc, a mente del quale “se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura“, che dimostra come la normativa antiusura non possa essere interpretata isolatamente considerandola avulsa dal contesto normativo e dalla disciplina generale dettata dal codice a meno di non voler operare “salti logici” o giungere a conclusioni non adeguatamente sorrette da argomentazioni giuridiche, pur partendo da premesse acquisite dalla giurisprudenza di legittimità.
Testo del provvedimento
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