La sospensione dei procedimenti pendenti, in favore del soggetto vittima di richieste estorsive o di usura, prevista dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, comma 4 (a tenore del quale “Sono sospesi per la medesima durata di cui al comma 1 – id est per trecento giorni, l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate”), può riguardare i singoli crediti oggetto degli specifici provvedimenti amministrativi previsti dal comma 7 della norma in esame, senza tuttavia pregiudicare la potestà del giudice, una volta riscontrata l’insolvenza dell’imprenditore ai sensi della L. Fall., art. 5, di dichiararne il fallimento.
Poiché la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l’esecuzione collettiva (così come, prima del pignoramento, non può dirsi iniziata l’esecuzione individuale), ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non resta soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. n. 44 del 1999,art. 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. prima, Pres. rel. Nappi, con la sentenza n. 2541 del 09.02.2016.
Nella fattispecie in esame, una società debitrice ed il suo amministratore unico impugnavano per Cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che aveva respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della debitrice, pronunciata dal Tribunale di Padova a seguito di separati ricorsi promossi da una serie di creditori, tra cui 28 lavoratori dipendenti della fallita.
La Corte d’appello aveva ritenuto dimostrato lo stato di insolvenza della società fallita alla luce dello stato di illiquidità non transitoria della debitrice e dell’ammontare delle attività comunque significativamente inferiori alle passività e, comunque, non applicabile al procedimento prefallimentare la disciplina della sospensione dei termini prevista dalla L. 20 febbraio 1999, n. 44, art. 20, prevista per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, rilevante solo ai fini dell’accertamento della concreta esigibilità dei singoli crediti.
In sede di legittimità, i ricorrenti lamentavano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere il giudice di seconde cure malamente applicato al caso di specie la L. 44/1999, art. 20.
La Suprema Corte rilevava, innanzitutto, che i ricorrenti avevano colpevolmente omesso di indicare le norme in tesi violate dalla sentenza impugnata e di illustrare le parti della sentenza asseritamente in contrasto con disposizioni di legge.
In secondo luogo, osservava, da una parte, che la sospensione dei procedimenti pendenti in favore dei soggetti vittime di richieste estorsive o di usura, di cui all’art. 20, comma 4, L. 44 del 1999, può riguardare i singoli crediti oggetto degli specifici provvedimenti amministrativi di cui al comma 7, attesa la facoltà del giudice, riscontrata l’insolvenza dell’imprenditore, ex art. 5, L. Fall., di dichiararne il fallimento; dall’altro enunciava il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva ma cognitiva, il procedimento per la dichiarazione di fallimento non resta assoggettato alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. n. 44 del 1999,art. 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura.
La Corte, in considerazione dell’ingente posizione debitoria della società debitrice, del mancato pagamento delle retribuzioni spettanti ai dipendenti, dell’entità dei protesti elevati ed, in ogni caso, della mancata allegazione e prova in ordine alla sussistenza dei presupposti, compresi gli atti amministrativi necessari per godere della moratoria invocata, rigettava il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
FALLIMENTO: ESCLUSA LA SOSPENSIONE DELLA FASE PRE-FALLIMENTARE PER LE VITTIME DEL REATO DI USURA
L’ACCERTAMENTO DELL’INSOLVENZA NON PUÒ ESSERE ASSIMILATO AD UN PROCEDIMENTO ESECUTIVO
Sentenza Cassazione Civile, Sezione sesta 01-10-2014 n.20746
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