L’azione promossa dal cliente con censure del tutto generiche ed indeterminate prive di un adeguato riscontro probatorio integra una doglianza meramente esplorativa non suscettibile in alcun modo di accoglimento.
Le istruzioni della Banca d’Italia in materia di rilevazione del Tasso Effettivo Globale, oltre a rispondere alla elementare esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate, pertanto Il mancato utilizzo della formula della Banca d’Italia nella perizia econometrica di parte comporta che non sia stata fornita al Giudice alcuna prova, o allegazione fondata, circa l’effettivo superamento del tasso soglia.
Nel caso di usura soggettiva il soggetto che assume di essere leso non può limitarsi a sostenere che la conoscenza dello stato di bisogno è presunto in virtù dei canali informativi privilegiati di cui dispone la BANCA, né che il mero stato di difficoltà economica integra una sproporzione in re ipsa, dovendosi dimostrare il vantaggio unilaterale conseguito dall’intermediario, diversamente opinando si stravolgerebbe il riparto dell’onere probatorio.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Bologna, Giudice Maria Laura Benini con la sentenza n.21091 del 06.12.2017.
Nella fattispecie processuale esaminata un CLIENTE, titolare di una ditta individuale e il FIDEIUSSORE agivano in giudizio contro una BANCA con la quale il primo stipulava un contratto di conto corrente con apertura di credito e un contratto di finanziamento chirografario deducendo l’integrazione delle fattispecie di usura oggettiva e soggettiva oltre all’applicazione di interessi anatocistici e CMS illegittima.
Resisteva in giudizio la BANCA contestando il carattere temerario delle pretese attoree di cui chiedeva il rigetto.
Nel merito il Giudice ha provveduto ad analizzare analiticamente ogni censura sostenuta dalla parte attrice a partire dalla contestazione relativa al preteso addebito di interessi anatocistici rilevando sul punto che il regolamento contrattuale in lite prevedeva una capitalizzazione di interessi con identica periodicità trimestrale, conosciuta ed accettata dal CLIENTE con la relativa sottoscrizione, pertanto doveva configurarsi come ipotesi di anatocismo legittima considerato che il contratto era stato concluso dopo la nota delibera CICR del 9 febbraio del 2000.
La parte attrice affermava genericamente che la BANCA avesse tacitamente modificato gli originari accordi contrattuali in senso peggiorativo ed in maniera illegittima, ma non forniva alcuna prova al riguardo.
Il Giudice ha premesso che la prova dell’avvenuta modifica unilaterale alle condizioni contrattuali doveva essere fornita da chi la invoca, nel caso di specie il CLIENTE, peraltro ha evidenziato che una doglianza di tal genere non poteva trovare accoglimento considerando che nel momento in cui veniva esercitata l’azione civile il contratto in questione era ancora in essere, pertanto medio tempore, nessuna doglianza era stata mossa dal CLIENTE, relativamente alle condizioni applicate dalla BANCA.
Quanto alla censura relativa all’asserita applicazione di tassi di interesse aventi natura usuraria, il Giudice ha richiamato la disciplina in materia di usura e in particolar modo la rilevanza delle istruzioni della Banca d’Italia sottolineando che le stesse rispondono all’esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare e pur non costituendo fonte di rango primario sono vincolanti, pertanto la perizia econometrica di parte che non utilizzava la formula ivi prescritta comportava la mancata produzione probatoria in ordine all’effettivo superamento del tasso soglia.
In ordine alla contestazione sull’usura soggettiva, il CLIENTE sosteneva che la BANCA fosse a conoscenza delle difficoltà economiche della parte contraente dovute anche alla revoca degli affidamenti, in quanto il mutuo era garantito dal fideiussore proprio per cercare di ripianare una preesistente situazione di sofferenza economica.
Sul punto, il Magistrato ha affermato che se si accogliesse la tesi attorea ogni volta in cui un istituto di credito concede un mutuo o altro finanziamento ad un cliente, si verificherebbe un’ipotesi di usura soggettiva, senza considerare che è ovvio che se un soggetto ha disponibilità economica, non necessita di ottenere alcun finanziamento, pertanto il CLIENTE non poteva limitarsi a sostenere che la conoscenza dello stato di bisogno era presunta in virtù dei canali informativi privilegiati di cui disponeva la BANCA, perché se fosse vero si stravolgerebbe il riparto dell’onere probatorio.
Sul punto, il Giudice ha ritenuto di chiarire che ai fini dell’usura soggettiva devono sussistere due requisiti: il rilevante squilibrio economico, valutato in relazione alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, fra la prestazione erogata all’agente e la controprestazione promessa o pagata quale corrispettivo dal soggetto passivo e le condizioni di difficoltà economica o finanziaria del soggetto che dà o promette il corrispettivo usurario.
In particolare, la prova di entrambi i presupposti grava su colui che afferma la natura usuraria degli interessi, nel caso di specie il CLIENTE che doveva dimostrare il vantaggio unilaterale conseguito dalla BANCA non potendo limitarsi a sostenere la presunzione di usura soggettiva, pertanto la relativa doglianza non poteva trovare accoglimento.
In ultimo, il CLIENTE affermava, nel proprio atto introduttivo, che BANCA avrebbe illegittimamente percepito un totale di Euro 19.419,95 a titolo di Commissione di Massimo Scoperto, sul punto il Giudice ha rilevato che la CMS è assolutamente legittima, purché sia esplicitamente pattuita e sottoscritta, sia applicata nella misura convenuta e nei soli periodi in cui risulta pattuita, inoltre, a partire dal 2009 la legittimità è subordinata alla presenza dei requisiti di cui all’art. 2 Bis, L. 28 gennaio 2009, n. 2, che nella fattispecie non erano richiesti essendo il contratto de quo stipulato precedentemente.
Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale ha ritenuto che le domande attoree non potevano trovare accoglimento e liquidava al pagamento delle spese secondo il principio di soccombenza.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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E’ NECESSARIO OPERARE UN CONFRONTO TRA DATI OMOGENEI
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