La fattispecie dell’usura oggettiva configura un’ipotesi di norma penale in bianco, il cui precetto è destinato ad essere completato da un elemento esterno, che completa la fattispecie incriminatrice giacché rinvia, al fine di adeguare gli obblighi di legge alla determinazione del tasso soglia, ad una fonte diversa da quella penale, con carattere di temporaneità, con la conseguenza che la punibilità della condotta non dipende dalla normativa vigente al momento in cui viene emessa la decisione, ma dal momento in cui avviene l’accertamento.
La fattispecie della cd. usura oggettiva (presunta), o in astratto, è integrata a seguito del mero superamento del tasso-soglia, che a sua volta viene ricavato mediante l’applicazione di uno spread sul TEGM, trimestralmente fissato dal Ministero dell’Economia sulla base delle rilevazioni della Banca d’Italia, a loro volta effettuate sulla scorta delle metodologie indicate nelle Istruzioni.
Il giudizio in punto di usurarietà si basa sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell’ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione), sicchè se il raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato.
In definitiva, può sostenersi che quand’anche le rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia dovessero considerarsi inficiate da un profilo di illegittimità (per contrarietà alle norme primarie regolanti la materia, secondo le argomentazioni della giurisprudenza penalistica), questo non potrebbe in alcun modo tradursi nella possibilità, per l’interprete, di prescindervi dovendosi allora ritenere radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura per difetto dei tassi soglia rilevati dall’amministrazione.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Bologna, Dott.ssa Anna Maria Rossi, con la sentenza n. 92 del 12.01.2017.
Nella fattispecie in analisi, un fideiussore proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bologna, su ricorso della Banca, con cui era stato ingiunto alla società debitrice ed al garante, il pagamento in favore della società ricorrente di una somma ingente, oltre interessi, quale saldo debitore di una serie di rapporti contrattuali intervenuti tra l’Istituto di credito ed una società di capitali.
Il garante eccepiva, tra l’altro, la mancanza di prova scritta del credito azionato in via monitoria, l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi e della commissione di massimo scoperto, l’applicazione di tassi usurai, l’inoperatività della garanzia fideiussoria, chiedendo, previa sospensione della provvisoria esecutività, la revoca e/o dichiarazione di nullità del decreto ingiuntivo opposto con condanna della Banca al pagamento delle spese di lite.
La Banca si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda di parte opponente, con condanna al pagamento delle spese di lite, rilevando che la fideiussione era stata rilasciata a prima richiesta ed escludendo la possibilità, per il fideiussore, di sollevare le eccezioni relative al rapporto principale.
In particolare, in ordine alla dedotta applicazione di interessi usurari da parte della Banca, il Tribunale di Bologna osservava che la fattispecie dell’usura oggettiva configura un’ipotesi di norma penale in bianco il cui precetto è destinato ad essere completato da un elemento esterno, che completa la fattispecie incriminatrice giacché rinvia, al fine di adeguare gli obblighi di legge alla determinazione del tasso soglia, ad una fonte diversa da quella penale, con carattere di temporaneità, con la conseguenza che la punibilità della condotta non dipende dalla normativa vigente al momento in cui viene emessa la decisione, ma dal momento in cui avviene l’accertamento.
In altri termini, l’individuazione del limite, superato il quale, l’interesse può dirsi usurario, avviene attraverso il meccanismo delineato dall’art. 2 della L. 7.3.1996, n. 108, al quale l’art. 644 co.3 fa rinvio, secondo cui il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il cosiddetto tasso effettivo globale medio (TEGM), comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura.
In questo ambito, invero, l’intervento tecnico della Banca di Italia, risulta necessario, atteso che il rilevamento omogeneo dei tassi e delle condizioni praticate dalla banche, richiede che l’Organo di Vigilanza dirami le istruzioni agli operatori bancari, fornendo a questi il contributo interpretativo che consenta di operare una rilevazione omogenea.
Il Tribunale sottolineava, in proposito, che l’esclusione del carattere vincolante delle Istruzioni della Banca di Italia, determinerebbe una interpretazione diversificata dalla estensione del precetto penale, con sostanziale violazione del principio di riserva di legge e tassatività delle fattispecie di rilevanza penale, cristallizzati all’art.25 della Costituzione.
Il giudizio in punto di usurarietà si basa sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell’ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione), sicchè, se il raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato.
In definitiva, proseguiva il Tribunale, quand’anche le rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia dovessero considerarsi inficiate da un profilo di illegittimità (per contrarietà alle norme primarie regolanti la materia, secondo le argomentazioni della giurisprudenza penalistica citata), questo non potrebbe in alcun modo tradursi nella possibilità, per l’interprete, di prescindervi, ove sia in gioco l’applicazione delle sanzioni penali e civili, derivanti dalla fattispecie della cd. usura presunta, dovendosi allora ritenere radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura per difetto dei tassi soglia rilevati dall’amministrazione.
In altri termini il giudice civile riteneva legittimamente di non poter operare una disapplicazione additiva del precetto amministrativo con la conseguenza che venendo meno la norma secondaria, quella primaria sarebbe stata inapplicabile.
Il Giudice adito, rilevato che la consulenza tecnica svolta nel parallelo giudizio non si era attenuta ai criteri specificamente indicati, sommando la Commissione di Massimo Scoperto agli interessi, per determinare il TEG, laddove notoriamente la CMS non veniva mai considerata, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM, esclusa l’applicazione da parte dell’Istituto di credito di interessi usurari, rigettava l’opposizione, condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: LA FORMULA DELLA BANCA D’ITALIA DEVE RITENERSI L’UNICA APPLICABILE
CONTEGGIARE IL TEG IN BASE A CRITERI DIFFORMI CONDURREBBE A RISULTATI DISTORTI E NON OGGETTIVAMENTE COMPARABILI
Sentenza | Tribunale di Ferrara, Dott.ssa Caterina Arcani | 13.12.2016 | n.1123
USURA: GLI INTERESSI MORATORI NON CONCORRONO AL CALCOLO DEL TEG
LA MORA HA NATURA RISARCITORIA E SI CALCOLA ESCLUSIVAMENTE SULLE RATE SCADUTE E NON SUL CAPITALE
Sentenza | Tribunale di Lodi, Dott.ssa Flaviana Boniolo | 11.08.2016 | n.578
USURA: LA VERIFICA DEVE ESSERE CONDOTTA NEL RISPETTO DELLE ISTRUZIONI DELLA BANCA D’ITALIA
LA FORMULA DA UTILIZZARE PER DETERMINARE IL TASSO PRATICATO DEVE COINCIDERE CON QUELLA USATA PER IL TASSO MEDIO
Sentenza | Tribunale di Monza, Dott.ssa Binetti Chiara | 20.07.2016 | n.2205
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