Segnalata dall’Avv. Andrea Fioretti del foro di Roma
Gli interessi moratori non hanno funzione remuneratoria ma risarcitoria, disciplinando il danno da inadempimento, sono riconducibili al “genus” delle clausole penali e non sono soggetti alla disciplina dell’usura bancaria.
L’espressione “convenuti a qualunque titolo” di cui all’art. 1 del d.l. 394/2000, convertito in L n. 24/2001 è circoscritta alla risoluzione del problema della cd “usurarietà sopravvenuta” e risulta analoga a quella che figura nel testo dell’art. 644 c.p. (“sotto qualsiasi forma”) per cui è da ritenere che il legislatore del 2000 si sia riferito agli interessi usurari per come già la norma incriminatrice aveva mostrato di qualificarli, cioè dati o promessi, sotto qualsiasi forma, purché “in corrispettivo”.
L’esclusione degli interessi moratori dall’usura si può desumere implicitamente dall’art. 19, 2° paragrafo, direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, il quale espressamente esclude dal calcolo del TAEG eventuali penali per inadempimento, dall’art.1284 comma IV c.c., che disciplina gli interessi legali di mora, nonché dalla legislazione sulle transazioni commerciali ove sono previsti interessi moratori superiori al tasso d’usura.
Questi i principi sanciti dal Tribunale di Modena, Giudice dott. Paolo Siracusano, con ordinanza del 13/01/2017.
Una società stipulava un contratto di leasing avente per oggetto un immobile.
Dopo aver pagato regolarmente tutti i canoni previsti dal contratto di locazione finanziaria ed aver esercitato il diritto di opzione per l’acquisto dell’immobile, la società si doleva del superamento del tasso soglia che si sarebbe verificato nell’ipotesi di mora, pertanto chiedeva che fosse dichiarata la gratuità del contratto di leasing e che la banca fosse condannata alla restituzione delle somme corrisposte a titolo di interessi.
La banca si difendeva eccependo la prescrizione per le somme pagate prima del 14 aprile 2006 e allegando l’irrilevanza del tasso di mora nel calcolo per la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia.
Il Tribunale ha ritenuto che la valutazione in termini di usurarietà del contratto deve essere effettuata con esclusivo riguardo agli oneri che costituiscono remunerazione della messa a disposizione del capitale, e che, di conseguenza, gli interessi moratori non rappresentano una forma di remunerazione, in quanto la loro funzione è quella di sanzionare l’inadempimento sulla base di una previsione pattizia riconducibile al genus delle clausole penali.
Invero, la previsione del tasso degli interessi moratori deve considerarsi in via di principio totalmente rimessa all’autonomia contrattuale, salva una valutazione, anche d’ufficio, di manifesta eccessività degli effetti economici determinati dalla loro applicazione in capo al mutuatario ai sensi dell’art. 1384 c.c..
Il Giudice ha specificato, in particolare, di volersi discostare dall’orientamento, diffuso nella giurisprudenza di merito, secondo cui anche gli interessi moratori rileverebbero ai fini del superamento del tasso soglia usura, in quanto tale impostazione interpretativa non prende mai le mosse dall’analisi della natura degli interessi moratori, basandosi piuttosto sulla sponda offerta da alcuni incisi, normativi o della giurisprudenza di legittimità, da cui discenderebbe la necessità di trattare gli interessi moratori “come se” fossero omogenei rispetto agli interessi corrispettivi.
Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto di non aderire a quell’orientamento giurisprudenziale sulla base del quale si ritiene che l’art. 1 del D.L. 394/2000 convertito in L. n. 24/2001, che fa riferimento a interessi “convenuti a qualunque titolo”, avrebbe inteso modificare la normativa dell’art. 644 c.p. “equiparando gli oneri da inadempimento (quali gli interessi moratori) a remunerazioni e prestazioni corrispettive all’erogazione del credito”, data la funzione delle norme di interpretazione autentica che è quella di chiarire retroattivamente il significato di norme che si prestino a interpretazioni dubbie o controverse.
Che l’art. 644 c.p. non necessitasse di chiarezza sotto il profilo della natura degli interessi rilevanti ai fini dell’usura si evince, ad avviso del Giudice, da due elementi: l’obiettivo del legislatore era circoscritto alla risoluzione del problema della cd “usurarietà sopravvenuta”; l’espressione “interessi convenuti a qualsiasi titolo” è analoga a quella che già figura nel testo dell’art. 644 c.p. (“sotto qualsiasi forma”) e, dunque, è ben possibile ritenere che il legislatore del 2000 si sia riferito agli interessi usurari per come già la norma incriminatrice aveva mostrato di qualificarli, cioè dati o promessi, sotto qualsiasi forma, purché “in corrispettivo”.
Più in generale, per il Tribunale, l’interpretazione letterale dell’art 644 comma IV c.p. non porta a concludere in maniera univoca che il “collegamento all’erogazione del credito” si riferisca a remunerazioni, commissioni e spese, piuttosto che, come pare più corretto, soltanto alle spese.
In ogni caso, se è quanto meno dubbia la riconduzione degli interessi moratori alle “remunerazioni collegate all’erogazione del credito”, dal momento che essi costituiscono una sanzione collegata al ritardo nella restituzione di un credito erogato, sembra davvero doversi escludere ogni assimilazione tra interessi moratori e le “spese” cui si riferisce l’art. 644 comma IV c.p..
Il Giudice ha ritenuto, di contro, molto più persuasivi, a sostegno della tesi opposta, gli argomenti, ormai noti, tratti dal diritto europeo (art. 19, 2° paragrafo, direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, il quale espressamente esclude dal calcolo del TAEG eventuali penali per inadempimento) e dal diritto interno (art. 1284 comma IV cc, che, “nel commisurare il saggio d’interesse legale a quello previsto dalla normativa sulle transazioni commerciali dal momento della proposizione della domanda giudiziale di pagamento, se le parti non ne hanno determinato convenzionalmente la misura, sembra implicitamente consentire la previsione pattizia di interessi moratori superiori al tasso d’usura, che di regola è ben più basso del saggio d’interessi stabilito dalla citata legislazione sulle transazioni commerciali” cit.) successivi alla legge di interpretazione autentica.
Sulla base dei suddetti principi il Tribunale ha rigettato le domande di parte attrice e ha integralmente compensato le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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